di Katia Regina. Ho visto la Madonna di Giacomo Pilati. Aveva il volto livido e il ventre gonfio di dolore. Qualcuno dice che si è gettata nel fiume, disperata, dopo la morte di suo figlio. Inveiva contro il cielo e un uomo, nei pressi, raccoglieva le sue parole:
Io non lo voglio un figlio Dio, non mi importa nulla se è Spirito, Padre e Figlio. Io voglio un figlio. E basta. E non voglio vederlo morire così, mio figlio. La mia carne, e tu Signore me lo hai rubato. Me lo hai messo nel ventre e ora te lo riprendi. Senza chiedermi niente. Avrei dovuto negartelo. La fede non mi ripaga da questo strazio. Lui è il mio amore. L’unico vero amore.
La Madonna di Giacomo Pilati l’ho vista nel dipinto di Michelangelo Merisi “Morte della Vergine”: è lei, ma questo lo poteva sapere solo un artista capace di sfidare il suo tempo.
Se portate oro e gioielli alla Madonna per ingraziarvela, state lontani da questo libro. Non è questa la vostra Vergine.
Se volete una madre di Gesù mesta nel suo dolore, leggete altro, tanto ne trovate di Madonne così.
Se pensate che una madre possa barattare il Cielo con suo figlio, cercate altrove. Tenete pure il suo mantello durante le processioni del Venerdì Santo, mentre la Madonna di Giacomo Pilati squarcerà il buio con le sue grida chiedendo al Padre di suo Figlio di farlo scendere dalla croce, di salvarlo.
Mi piace la Madonna di Giacomo Pilati, mi piace oltre ogni dire, mi commuove più di ogni altra già incontrata. È madre prima di ogni altra cosa, come dovrebbe essere ogni donna quando diventa madre e la sola eresia che conosco è l’esatto contrario.
L’ha fatta grossa stavolta Giacomo Pilati, ha fatto parlare chi poco ha potuto dire nei testi sacri. L’ha fatta grossa da scrittore e ancor prima da uomo. Forse neppure una donna sarebbe stata in grado di farlo in maniera così convincente, tant’è che nessuna lo ha fatto finora. “Dell’inutile amore”, poco più di cinquanta pagine, un compendio di coraggio.