Vince l’astensionismo, è questo il dato su cui riflettere e partire, non da chi andrà al Parlamento europeo. Cresce la disaffezione, la voglia di non partecipare alla democrazia diretta seppure non votare sia un diritto. Le urne restano vuote, non ci si sente coinvolti e non ci si attrezza per convincere l’elettorato disilluso.
La politica, lo abbiamo ripetuto troppe volte, deve tornare in strada, tra la gente, non chiusa nelle hall di un hotel. Manca il dibattito, il contraddittorio, manca la capacità di farsi sintesi e di rendere apprezzabile una competizione elettorale, ed è proprio quella per le europee che è stata una campagna poco incisiva e persuasiva. Percorrere tutta la Sicilia non è semplice ma ad accogliere i candidati non ci sono più le folle di un tempo, la classe dirigente che vive nelle varie province barcolla nella proposta e nella credibilità.
L’astensionismo non è menefreghismo, è rassegnazione e punizione allo stesso tempo. I partiti si sono lanciati nelle loro analisi, hanno vinto tutti. Sappiamo che non è così.
Il Pd di Nicola Zingaretti va oltre il 20% ma nel 2014 era al 40, il neo segretario con tutti i dem mettono etichette alla destra e non confezionano una alternativa valida. La vendono come propaganda elettorale, nei fatti non c’è. Se si analizzano i dati si comprende che questo Pd, da solo, non potrà mai essere alternativa di niente, bisognerà scalfire l’asse di ferro tra Lega e Cinque Stelle per poter tentar di fare un accordo con i pentastellati, raggiungendo discrete percentuali. Questo porterebbe una parte dei dem ad allontanarsi, i renziani puri non accetterebbero tale alleanza.
I risultati elettorali di domenica non consegnano alcuna certezza politica se non un percorso insidioso, a destra come a sinistra. E in Sicilia in ballo c’è la segreteria regionale del PD, i notabili del partito, con Antonello Cracolici in testa, chiedono che venga aperto il dossier Sicilia e che l’attuale segretario, Davide Faraone, venga commissariato. E’ esilarante come si chieda un commissariamento quando la competitor, Teresa Piccione, abbia deciso di ritirarsi, insomma se non si gioca si rompe il pallone. Le voci romane indicano la figura di Peppe Provenzano come prossimo commissario. Gli scenari potrebbero variare in queste settimane.
Non gode di buona salute Forza Italia, sono lontani i tempi dei grandi e massicci risultati, a livello nazionale il partito di Silvio Berlusconi boccheggia, non si è rinnovato e presto andrà verso la liquidazione.
Si è chiusa un’epoca, piaccia o meno, racconteranno il contrario ma i numeri sono impetuosi. I siciliani si riscoprono salviniani, un plebiscito, scelgono chi manifesta senza giri di parole un programma chiaro.
Altrettanto chiari sono i numeri dei socialisti, inseriti nella lista di +Europa che non arriva alla soglia di sbarramento. Bisognerà trovare il modo di tornare a parlare ai territori, senza falsa apparenza in campagna elettorale. L’elettore non ha tempo e voglia di leggere tra le righe ma intuisce percorsi e obiettivi.
Non viene scalfito il Movimento Cinque Stelle che in Sicilia è ancora il primo partito, alla metodica classica dei partiti i cittadini preferiscono il populismo, che non è nemmeno più tale ma voto strutturato. Accade quando un movimento da rivoluzionario diventa di governo, e si inchina alla casta perché esso stesso ne è espressione.