Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
29/07/2019 09:10:00

Mafia, inflitti più di tre secoli di carcere a 35 boss dell'Agrigentino

Di padre in figlio: la mafia agrigentina, ancora una volta, si era riorganizzata affidando le redini a un boss di seconda generazione. Il trentanovenne Francesco Fragapane, di Santa Elisabetta, ambiva all'incarico di capo provinciale, esattamente come il padre Salvatore, noto come il «Riina di Agrigento» per la sua completa adesione alla linea stragista di quell'epoca.

Non riuscì del tutto a raggiungere l'obiettivo, anche per via dei vecchi boss, da lui consultati per «sostegno elettorale», che lo consideravano un «caruso», ma riuscì ugualmente a mettere in piedi un mandamento, quello della montagna che ha dato il nome all'operazione. È toccata a lui la condanna più pesante: 20 anni di reclusione, che sarebbero stati 30 se la pena non fosse stata ridotta di un terzo. Il gup di Palermo, Marco Gaeta, ha deciso, in tutto, 35 condanne e 19 assoluzioni, per un totale di oltre tre secoli di carcere, per gli imputati dello stralcio abbreviato dell'inchiesta «Montagna», che il 22 gennaio del 2018 ha sgominato le nuove famiglie mafiose della provincia di Agrigento che avevano dato vita a nuovo mandamento, chiamato appunto «Montagna».

A dare un contributo decisivo, dopo gli arresti, fu la collaborazione con la giustizia dell'ex capomafia di Favara, Giuseppe Quaranta, a sua volta condannato a otto anni di reclusione con il riconoscimento delle attenuanti speciali previste dalla legge sui pentiti. I pm della Dda Geri Ferrara, Claudio Camilleri e Alessia Sinatra avevano chiesto 54 condanne per oltre seicento anni di carcere.

Nell'ambito della stessa inchiesta era stato arrestato e in seguito rinviato a giudizio il sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Sabella, avrebbe stretto un patto elettorale con il boss del paese Giuseppe Nugara, che prevedeva uno scambio di favori. Il sindaco del Comune degli Archi di pane, che in seguito a questi fatti è stato sciolto dal Consiglio dei ministri, avrebbe garantito appalti e posti di lavoro per uomini vicini al boss che in cambio gli avrebbe dato sostegno elettorale per le amministrative del 2014 dove fu eletto. L'ex sindaco sarà processato con rito ordinario insieme ad altri cinque.

Nugara, in questo stralcio, è stato condannato a 19 anni e quattro mesi di reclusione. Diciassette anni, invece, sono stati inflitti al presunto boss di Sciacca Salvatore Di Ganci. Pena molto elevata anche per Giuseppe Luciano Spoto, 79 anni, di Bivona, riconosciuto colpevole di essere il capo della famiglia mafiosa del paese nonché, per un periodo, il rappresentante dello stesso mandamento. Sedici anni, inoltre, sono stati inflitti a Vincenzo Mangiapane, 64 anni, ritenuto un esponente di vertice della famiglia mafiosa di Cammarata e San Giovanni Gemini.

Dieci anni e otto mesi per il favarese Luigi Pullara, 55 anni, ritenuto un «esponente di vertice» della famiglia mafiosa del paese. Fra le assoluzioni, c'è quella di Pasquale Fanara, scagionato dall'accusa di essere il rappresentante della famiglia mafiosa di Favara. Per il sessantenne, che in passato è stato già condannato per mafia ma anche assolto per un tentato omicidio, sempre maturato in un contesto di lotte fra clan, si sono aperte le porte del carcere ed è tornato libero.

Stesso verdetto per Giovanni Gattuso, 63 anni, accusato di essere il capo della famiglia di Castronovo di Sicilia, con cui sarebbero stati legati i boss agrigentini, oltre che di due ipotesi di estorsione. Pure Gattuso (difeso dagli avvocati Giovanni Rizzuti, Massimo Solaro e Ninni Contorno) è tornato libero. Per entrambi i pm avevano chiesto la condanna a 20 anni. Il terzo imputato che torna libero per effetto dell'assoluzione è Angelo Giambrone, 35 anni, accusato di essere stato affiliato alla famiglia mafiosa di Cammarata e San Giovanni che, secondo i pm, sarebbe stata diretta dal padre Calogerino, morto improvvisamente lo scorso 20 novembre in carcere, dove era detenuto al 41 bis. Per Angelo Giambrone (difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo e Maria Teresa Nascè) i pm avevano chiesto la condanna a 12 anni. 

 

Da GDS