Inizialmente si pensava ad una intimidazione della criminalità organizzata. La chiavtta usb esplosa in Tribunale a Trapani, sede di una procura in prima linea nella lotta alla mafia, in una terra rimasta “zoccolo duro” di cosa nostra.
Una chiavetta esplosiva preparata in casa, in modo artigianale, ma perfettamente funzionante. Tant’è che quando l’agente della sezione Pg della Procura di Trapani, Gianni Aceto, la introdusse nel Pc esplose ferendolo in maniera importante. Questo succedeva nell’ottobre 2018. E a inviare, due anni prima, la chiavetta esplosiva in un plico non era stata la mafia, non era stato un attentato, un’intimidazione, ai danni della procura di Trapani. L’autore, l’UnaBomber è Roberto Sparacio, 51 anni, ingegnere informatico, di Pantelleria. Arrestato a Maggio per Sparacio adesso si apre il processo, il 18 ottobre, al Tribunale di Trapani.
La storia è quella di un UnaBomber in salsa nostrana, che cerca nel deep web materiali illegali per costruire piccoli aggeggi esplosivi e “vendicarsi”.
La vittima del suo gesto non era l’agente Aceto, ma un’avvocatessa. Sparacio, infatti, aveva indirizzato, nel settembre 2016, la Usb esplosiva ad una avvocatessa trapanese, Monica Maragno, che si stava occupando, nell’ambito di una procedura dinanzi al Tribunale civile di Marsala, della vendita all’asta di alcuni suoi beni. Insospettitasi per il fatto che il mittente non presentava la comune grafica, consegnò la busta al presidente l’Ordine. Il Consiglio degli avvocati consegnò tutto alla Procura.
A circa due anni da quella denuncia (tempi davvero anomali...) a ottobre 2018 il pm incarico’ la pg di accertare il contenuto della pen drive. Ad occuparsene fu l’agente Gianni Aceto che non appena inserì la Usb nel suo pc fu colpito dall’esplosione.
Un soggetto pericoloso, determinato, preparato. Sparacio è ingegnere informatico, e collaborava stabilmente con l'Università di Palermo.
Tutto nasce da una causa civile per un debito dell'arrestato: il padre, morendo, aveva lasciato diversi creditori, tra cui un cliente dell'avvocato Maragno. Sparacio, in maniera spregiudicata, cerca di fare desistere tutti gli avvocati coinvolti nelle diverse azioni civili.
Il pen drive esploso conteneva 5 grammi di polvere pirica. Un lavoro artigianale, fatto in modo da causare un'esplosione comunque violenta. La stessa dinamica accade a Palermo nel mese di Luglio del 2018, quando Sparacio confeziona un altro pen drive, questa volta con obiettivo una persona che aveva comprato all'asta un appartamento della sua famiglia.
Anche qui Sparacio invia una busta anonima con una pen drive al pub dove lavorava l'acquirente. Un ragazzo trova la busta, attacca la pen drive al pc e ci rimette due dita. Da questo episodio i poliziotti capiscono che la tecnica è la stessa, e collegano gli episodi di Palermo e Trapani e capiscono il movente.
Stessa cosa accade per alcuni operai che lavoravano per Sparacio e che volevano fare causa per alcuni stipendi non pagati. Dopo qualche giorno dalla comunicazione a Sparacio di voler fare vertenza, rimangono gravemente ustionati.
Per arrivare a Sparacio è stato utilizzato anche un agente sotto copertura del Servizio Centrale Operativo. Sparacio, infatti, aveva messo in vendita su Subito.it due manuali di chimica e un manuale per la realizzazione di materiale esplosivo (in inglese). L'agente acquista i libri, e nel pacco Sparacio manda pure il materiale necessario per creare esplosivi. Costo: 250 euro. Tra l'altro Sparacio voleva inviare le fotocopie, anzichè gli originali e l'agente ha dovuto insistere nella trattativa...
Tra gli altri particolari emersi: Sparacio aveva picchiato nel suo studio un avvocato palermitano, reo, secondo lui, di non averlo rappresentato bene.
Non solo: Sparacio non escludeva di reclutare nel deep web dei killer per fare fuori i suoi creditori. Questo emerge da un'intercettazione. In un'altra intercettazione, Sparacio, parlando da solo a voce alta, ammette di aver confezionato le pen drive, anche se la cosa, dice, "mi è sfuggita di mano".