E’ iniziato, in Tribunale, a Marsala, un processo che per intestazione fittizia di beni vede imputato, ancora una volta, il 51enne Gaspare Como, cognato del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro.
Con Gaspare Como, sempre per intestazione fittizia, sono imputati altri due castelvetranesi: Giuseppe a Anna Maria Orlando, fratello e sorella, rispettivamente di 51 e 40 anni.
Secondo l’accusa, Como avrebbe fittiziamente attribuito alla “Lega Costruzioni srl”, formalmente amministrata da Anna Maria Orlando e di fatto gestita da Giuseppe Orlando, la proprietà della sua villa nella frazione balneare di Triscina, che sarebbe stata acquistata “occultamente” dal cognato di Messina Denaro per 160 mila euro in contanti. Gli Orlando, poi, avrebbero ceduto la disponibilità della villa a Como con “fittizio contratto di locazione”. Tutto ciò, per gli inquirenti, allo scopo di evitare l’eventuale confisca da parte dello Stato. Il processo è una costola dell’indagine “Annozero” (blitz del 19 aprile 2018) che sempre davanti il Tribunale di Marsala vede Gaspare Como imputato, con altri, per associazione mafiosa. Secondo la Dda, infatti, Matteo Messina Denaro avrebbe attribuito a Como il ruolo di “reggente” della famiglia mafiosa. E per questo è stato arrestato nell’operazione del 19 aprile 2018. Sposato con Bice Maria Messina Denaro, Gaspare Como, commerciante nel settore abbigliamento, è finito in carcere insieme ad un altro cognato del boss: Rosario Allegra (marito di Giovanna Messina Denaro), deceduto lo scorso 13 giugno, a seguito di un aneurisma cerebrale, nell’ospedale di Terni. Aveva 65 anni. Entrambi erano già stati arrestati vent’anni fa nell’operazione “Terra bruciata” (23 aprile 1998), con successiva condanna a dieci anni di reclusione. Como (all’epoca difeso dall’avvocato Celestino Cardinale) fu, poi, arrestato anche nel 2015 per trasferimento fraudolento di beni, anche se poi (novembre 2016) da questa accusa, tramutata poi in intestazione fittizia, venne assolto dal Tribunale di Marsala con la formula “perché il fatto non sussiste”. Sempre il Tribunale di Marsala, però, nel novembre 2015, lo aveva condannato, per intestazione fittizia, a 3 anni e mezzo di reclusione. Tra il 2012 e il 2015, inoltre, gli sono stati sequestrati beni per circa 700 mila euro. Sigilli anche al negozio di abbigliamento “Il Mercatone” (dove lavorava anche Rosario Allegra), che Como aveva riaperto, vedendosi però revocare dopo un po’ la licenza da parte del Comune di Castelvetrano.