Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
21/10/2019 06:00:00

Il crollo demografico in Sicilia: scomparse nel nulla tre intere città

Negli ultimi settanta anni in Sicilia sono sparite tre intere città. E' come se fossero scomparsi nel nulla tutti gli abitanti di Agrigento, Caltanissetta ed Enna.

È questo ciò che viene fuori dal rapporto “La demografia delle aree interne della Sicilia” realizzato dal Servizio statistica e analisi economica della Regione siciliana.

Dal rapporto emerge che dal 1951 a oggi in alcune zone dell’isola – per un totale di 65 comuni – la popolazione si è ridotta di 147.479 unità e la diminuzione è stata costante nel tempo. Solo negli ultimi anni, dal 2011 al 2019, si contano ben 14000 persone in meno. Il calo del numero di residenti riguarda cinque aree interne della regione: Sicani, Madonie, Nebrodi, Calatino e Simeto-Etna. Ma se da un lato la gente nativa se ne va da questi luoghi, dal rapporto viene fuori che si registra un aumento degli stranieri che hanno scelto negli ultimi anni le aree interne della Sicilia per vivere.

Cresce il numero degli stranieri in Sicilia – Agli inizi del Duemila gli stranieri erano circa 1500, quest'anno sono 9851 con una crescita media annua dell'11 percento e una dinamica maggiore di quella regionale con un incremento medio annuo dell'8,1 percento. Gli stranieri in Sicilia sono passati da 49000 a 200.000. Secondo il rapporto, il picco è stato registrato nel 2007. Nello studio si legge che la presenza di stranieri nelle aree interne era sottostimata da una quota non indifferente di  romeni che grazie all’adesione all’Ue del Paese di origine poterono chiedere quell'anno l’iscrizione all’anagrafe: così i 245 romeni residenti del 2006 diventarono, alla fine dell’anno successivo, 1538.

Immigrati risorsa per il Paese - Il Crollo demografico in Sicilia e in generale in Italia comporta la non sostenibilità del nostro alto debito e impossibilità a tenere la finanza pubblica in equilibrio. Oltre alle tante altre buone ragioni, basterebbe questo dato fondamentale a fare riflettere su quanto sia miope oggi la non regolarizzazione degli immigrati che vivono e lavorano in Italia. 

Secondo il rapporto, “gli incrementi, originati dall’emersione di irregolari già presenti sul territorio ma non registrati nonché dalla domanda di lavoro in particolari settori evidenzia il fabbisogno di una forza lavoro attiva principalmente in alcuni comparti dell’agricoltura ma anche della cura delle persone (badanti) che conferma la vulnerabile struttura anziana della popolazione delle aree interne”.

Numeri dei cittadini stranieri in Italia -  Se in Sicilia come nel resto d'Italia si parla di città e paesi che si svuotano per il problema del lavoro e per le poche nascite di oggi, dall'altro lato c'è una compensazione con la crescita degli stranieri in Italia. Sono 5.255.503 sono i cittadini stranieri regolarmente residenti (8,7% della popolazione totale residente in Italia) si colloca al terzo posto nell’Unione Europea. Diminuiscono gli ingressi per motivi di lavoro, mentre aumentano quelli per motivi di asilo e protezione umanitaria. Dal 2014 la perdita di cittadini italiani risulta l’equivalente di una grande città come Palermo (677 mila persone): una perdita compensata, nello stesso periodo, dai nuovi cittadini per acquisizione di cittadinanza (oltre 638 mila) e dal contemporaneo aumento di oltre 241 mila unità di cittadini stranieri residenti. Pur tenendo conto della diminuzione della natalità straniera (-3,7% nel 2018), sempre più simile a quella della popolazione autoctona, perdura il contributo degli immigrati alla riproduzione demografica dell’Italia. Al 1° gennaio 2019 le comunità straniere più consistenti sono quella romena (1.206.938 persone, pari al 23% degli immigrati totali), quella albanese (441.027, 8,4% del totale) e quella marocchina (422.980, 8%). La popolazione straniera sul territorio italiano risiede prevalentemente nelle regioni più sviluppate del Nord (57,5%) e in quelle del Centro (25,4%), mentre nel Mezzogiorno (12,2%) e nelle Isole (4,9%) appare decisamente più contenuta, sebbene in crescita. Le regioni nelle quali risiede il maggior numero di cittadini stranieri sono la Lombardia (1.181.772 cittadini stranieri residenti, pari all’11,7% della popolazione totale residente), il Lazio (683.409, 11,6%), l’Emilia-Romagna (547.537, 12,3 %), il Veneto (501.085, 10,2 %) e il Piemonte (427.911, 9,8%). Le province nelle quali risiede il maggior numero di cittadini stranierisono Roma (556.826, 12,8%), Milano (470.273, 14,5%), Torino (221.842, 9,8%), Brescia (157.463, 12,4%) e Napoli (134.338, 4,4%)

Lavoro della popolazione straniera - Dai microdati RCFL-ISTAT al primo semestre 2018 la popolazione immigrata in età da lavoro è di 4.102.645 persone con 15 anni di età ed oltre. Risulta occupato il 64,3% dei cittadini stranieri comunitari e il 58,7% dei cittadini extra-UE. Gli occupati stranieri sono cresciuti rispetto al primo semestre 2017 (+2,5%), dato superiore a quello degli occupati italiani (+1,6%). La distribuzione degli occupati stranieri nelle diverse attività economiche conferma la segregazione occupazionale degli immigrati. I lavoratori stranieri si concentrano, in particolare, nel settore dei servizi collettivi e personali (stranieri: 26,1%; italiani: 5,6%), nell’industria in senso stretto (stranieri: 18,1%; italiani: 20,2%), nel settore alberghiero e della ristorazione (stranieri: 10,6%; italiani: 5,9%) e nelle costruzioni (stranieri: 9,6%; italiani: 5,5%). Parallelamente, persiste negli stranieri il fenomeno dell’over-education, con lavoratori che svolgono attività non adeguate alla propria formazione. Gli infortuni sul lavoro in Italia registrano un lieve calo, ma aumentano per gli stranieri, a dimostrazione della loro maggiore vulnerabilità. Secondo i dati Unioncamere, le imprese di cittadini non comunitari al 31 dicembre 2017 sono 374.062, in aumento rispetto al 2016 (+2,1%). La regione con il maggior numero di questo tipo di imprese è la Lombardia (71.478, pari al 19,1% del totale nazionale), seguita da Lazio (43.264, 11,6%) e Toscana (36.578, 9,8%). È però la Campania la regione nella quale si registra l’aumento più cospicuo (+6,2%). Nel 2018 il volume delle rimesse monetarie inviate dall’Italia ammonta a 6,2 miliardi di euro. Nella classifica regionale degli invii delle rimesse dall’Italia, nel 2018 si colloca al primo posto la Lombardia, con 1,4 miliardi di euro (23,5% del totale nazionale delle rimesse inviate), seguita dal Lazio (953 milioni di euro, 15,4% del totale nazionale). Nel 2018, per la prima volta, il Bangladesh assume il primato tra i Paesi di destinazione (11,8% del totale delle rimesse inviate dall’Italia), seguito dalla Romania (11,6%).

Immigrati nelle scuole italiane - Nell’anno scolastico 2017/2018 gli alunni stranieri nelle scuole italiane sono 841.719 (9,7% della popolazione scolastica totale), in aumento di 16 mila unità rispetto all’anno scolastico 2017/2018. I dati attestano, inoltre, che ben il 63,1% degli alunni con cittadinanza non italiana è nato in Italia. Il settore della scuola primaria è ancora quello che registra il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana. L’incidenza degli alunni stranieri sul totale della popolazione scolastica varia in modo significativo in ragione della maggiore capacità attrattiva nei confronti delle famiglie straniere di alcune regioni e province. È ancora la Lombardia a registrare il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana (213.153). Seguono Emilia-Romagna, Veneto, Lazio, Piemonte e Toscana. Sebbene l’aumento degli alunni stranieri rimanga un trend costante, procede a ritmo rallentato da oltre seianni, anche a causa della crisi economica, che ha portato molte famiglie immigrate in Italia a spostarsi verso i Paesi del Nord Europa o a fare ritorno al Paese d’origine, mentre la crescita, seppure limitata, è sostenuta dai minori stranieri non accompagnati, di cui non si conoscono i dati esatti nelle iscrizioni scolastiche.