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23/10/2019 06:00:00

L'accusa a Ruggirello: i voti della mafia da Trapani a Castelvetrano

 E’ a Paolo Ruggirello che arrivavano i voti della mafia, grazie alla sua posizione di deputato all’Assemblea Regionale Siciliana.

Campagne elettorali un cui l’abilità oratoria dei comizi passava in secondo piano rispetto agli accordi con i mafiosi dell’intera provincia di Trapani, in un do ut des fatto non soltanto di favori.

Nell’avviso di conclusione delle indagini, notificato qualche giorno fa all’ex deputato e alle altre 28 persone coinvolte nell’operazione Scrigno,  la procura di Palermo gli contesta una vera e propria compravendita di voti.

Ruggirello avrebbe infatti sborsato 20 mila euro per i figli del capomafia trapanese Vincenzo Virga (Francesco e Pietro).

 

Pietro Cusenza, arrestato nella stessa operazione nel marzo scorso, rispondendo da dichiarante alle domande dei pm, ha parlato di un incontro tra Ruggirello, Pietro Virga e Carmelo Salerno (presunto capomafia di Paceco, anche lui arrestato), avvenuto circa tre settimane prima delle elezioni regionali del 5 novembre 2017.

Incontro che sarebbe avvenuto in un villino di una delle figlie di Carmelo Salerno  che, secondo quanto riferisce Cusenza, sarebbe durato un’ora, chiudendo “un accordo elettorale per 50 mila euro”.

E’ Virga che avrebbe raccontato al Cusenza, che lo aveva accompagnato rimanendo però fuori dalla stanza dove si sono riuniti, i termini dell’accordo raggiunto con Ruggirello: 20 mila euro subito e due quote da 15 mila euro poi. Salerno avrebbe fatto da intermediario.

 

Qualcosa però andò storto. Di quei 20 mila versati da Ruggirello, ai Virga ne arrivarono 15 mila, perché Salerno aveva trattenuto per sé 5 mila euro per l’intermediazione. Pietro Virga non la prese bene.

E quando l’ex deputato ritardò nella consegna della seconda tranche, l’accordo saltò e i Virga cambiarono candidato supportando Ivana Inferrera, moglie di Ninni D’Aguanno che gli avrebbe potuto garantire posti di lavoro e appalti.

Alla fine le cose andarono ancora più storte, perché non fu eletto né Ruggirello, né la Inferrera.

 

Ma nel provvedimento, che precede la richiesta di rinvio a giudizio, gli accordi di Ruggirello vanno da Mazara a Campobello, da Marsala a Castelvetrano.

Il politico avrebbe fornito la sua piena disponibilità per tutelare anche gli interessi della famiglia mafiosa di Mazara, attraverso finanziamenti pubblici in accordo col mafioso Michele Accomando.

A Campobello invece prometteva di interessarsi per far assumere a tempo indeterminato presso l’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani, la figlia di Giovanni Buracci, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di Campobello. Oltre ad accettare come referente provinciale del movimento politico “Articolo 4” l’inserimento in lista di Daria Razziano, indicata da Filippo Sammartano, altro esponente della mafia campobellese.

 

Cusenza racconta di candidati che cercavano le persone “giuste” per raccogliere voti anche per le comunali.

Nelle amministrative 2017 di Trapani, lui stesso li raccolse per la candidata Simona Mannina.

Mentre per quelle di Erice, avvenute nella stessa data, li procurò al padre Vito. Quest’ultimo gli avrebbe chiesto se poteva rivolgersi a Pietro Virga. “Gli sconsigliai di farlo – dice Cusenza ai pm – Non ho mai preso soldi da loro”.

Ma secondo l’avviso di conclusione delle indagini, Vito Mannina avrebbe invece corrisposto al Cusenza 5 mila euro per il procacciamento di voti in favore della figlia (comunque estranea a questo procedimento) ed ulteriori somme di denaro per i propri.  

Alla fine in un’intercettazione, dopo le elezioni, a giochi fatti dice: “Quando ho fatto salire la figlia di Vito Mannina a me, sua figlia mi ha abbracciato e si è messa a piangere, e mi ha detto ‘Se non era per te io non avevo dove andare, dico sono belle soddisfazioni’”.

 

Per le Comunali di Erice, sempre del 2017, Cusenza ha spiegato “che Maltese Giovanni, anch’egli candidato, si rivolse a Virga per avere voti a suo favore”.

Ma nel provvedimento, il nome di Giovanni Maltese non c’è. “Una circostanza – sottolineano i suoi difensori Umberto Coppola e Alberto Mazzeo - che ci fa ritenere che la posizione del nostro assistito sia stata stralciata in vista di un’archiviazione che potrebbe essere basata sulle stesse argomentazioni riguardo alla insussistenza di elementi a suo carico che sono state accolte dal Tribunale del riesame quando gli ha consentito di tornare libero”.

 

E poi c’è Castelvetrano.

C’è Lillo Giambalvo, ex consigliere comunale di Castelvetrano e nipote di Vincenzo La Cascia, della famiglia mafiosa di Campobello.

Il suo sponsor politico fu proprio Ruggirello.

Giambalvo fu arrestato nell’operazione Eden del 2014, poi scarcerato e assolto dall’accusa di mafia, anche se attualmente a processo per estorsione.

Al di là delle rilevanze penali, le intercettazioni in cui esprimeva la sua ammirazione per il boss Matteo Messina Denaro ed auspicava l’uccisione del figlio del pentito Lorenzo Cimarosa, sconcertarono l’opinione pubblica, contribuendo (in seguito alle sue mancate dimissioni) allo scioglimento per mafia del comune di Castelvetrano.

Paolo Ruggirello avrebbe esercitato le sue pressioni politiche per far sì che Giambalvo, subentrasse come consigliere comunale a Castelvetrano, quale primo dei non eletti, cosa che in effetti avvenne attraverso l’impegno dell’allora sindaco Felice Errante (ne abbiamo parlato qui), che non risulta indagato in questo procedimento.

 

L’ex onorevole  aveva ricevuto i “pacchetti di voti” da Giambalvo e da Franco Martino, il consigliere che accoglieva le confidenze  dell’amico Lillo sulla sua devozione ai Messina Denaro, per le elezioni regionali del 2012 e per le politiche del 2013. In quelle occasioni Ruggirello era candidato alla Camera e la sorella Bice al Senato, entrambi col partito dei Moderati in Rivoluzione.

Dal canto suo, Errante avrebbe avuto dalla sua parte il sostegno non da poco di una macchina di voti come l’ex deputato.

 

Inoltre, sempre Ruggirello avrebbe promesso allo stesso Giambalvo l’opportunità di lavoro all’interno del Parco archeologico di Selinunte.

Gli inquirenti scrivono che Giambalvo era intenzionato a gestire un lucroso business all’interno del parco e “per fare ciò poteva contare sulla connivenza dei suoi referenti politici Paolo Ruggirello a livello regionale ed Errante Felice a livello comunale”.

Sia Ruggirello che Errante – secondo Giambalvo, intercettato - non soltanto si sarebbero occupati di indirizzare l’iter autorizzativo, ognuno per la parte di rispettiva competenza, ma ne avrebbero ottenuto anche un tornaconto economico, figurando come soci “occulti”.

 

Da ciò che emerge dalle indagini dell’operazione Scrigno, al momento sembra difficile stabilire se alla base di tutto ci sia l’obiettivo dell’organizzazione mafiosa di interferire nei risultati elettorali. Oppure se alcuni politici locali, per riuscire ad essere eletti, scelgano di offrirsi a chiunque sia in grado di veicolare pacchetti di voti. In primo luogo la mafia.  

 

Egidio Morici