Dall’inizio del Duemila hanno lasciato il Mezzogiorno 2 milioni e 15 mila persone. La metà sono giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto sono laureati. Più di duecento mila (16%) si sono trasferiti all’estero. E di questi, oltre 850 mila non torneranno indietro. Un’alternativa all’emigrazione è il pendolarismo di lungo periodo, che nel 2018 dal Mezzogiorno ha interessato circa 236 mila persone. Di questi 57 mila si muovono tra le regioni del Sud. Questo è accaduto fino ieri. Nei prossimi 50 anni, è la previsione del rapporto Svimez 2019 presentato ieri alla Camera, le regioni meridionali perderanno altri cinque milioni di persone, con una perdita del 40 per cento del prodotto interno lordo. A questo risultato collaborerà anche il calo delle nascite e delle migrazioni. Nel 2018 sono nati seimila bambini in meno a Sud, mentre la natalità delle donne straniere non è più sufficiente a compensare la bassa propensione delle italiane a fare figli. Tra quelli che restano, anche gli stranieri residenti si spostano verso Nord.
MUSUMECI. I dati del rapporto Svimez evidenziano, ancora una volta, quello che ripeto da anni: per tornare a far crescere il Sud servono investimenti produttivi, non misure come il reddito di cittadinanza che, come sottolinea lo studio dell’Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, sta allontanando dal mercato del lavoro anziché richiamare persone in cerca di occupazione. Se in Italia ci sono ormai solo quattro Regioni dove il tasso di natalità è positivo, e si trovano tutte al Nord, significa che le politiche messe in campo dal governo nazionale sono sbagliate”. Lo ha detto il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci. “Le persone – aggiunge – fuggono da un territorio quando non vedono prospettive e il rapporto Svimez sottolinea come, rispetto alla media europea, a 15 paesi (posta uguale a 100), la dotazione di autostrade del Mezzogiorno è passata dal 1990 al 2015 da 105,2 a 80,7. Le infrastrutture servono per lo sviluppo ma questi numeri evidenziano come il Sud sia uscito dalle priorità degli esecutivi nazionali”.
“Il mio governo – prosegue il governatore della Sicilia – sta facendo l’impossibile e i risultati si cominciano a vedere, a partire dal Pil che lo scorso anno ha ricominciato a crescere mettendo a segno un incremento dello 0,5%, dopo il -0,3% del 2017. Così come ci conforta il dato che rileva la riduzione del tasso di emigrazione ospedaliera dalla Sicilia. Ma le risposte che Roma deve dare a questi problemi tardano ad arrivare, visto che la legge di bilancio appena approvata, che ha al suo interno un intero pacchetto di misure destinate al Sud, in pratica destinerà alla Sicilia nel 2020 risorse aggiuntive per poco più di 35 milioni, mentre per la proroga del credito d’imposta per gli investimenti delle imprese che operano in tutto il Mezzogiorno, e sottolineo in tutto il Mezzogiorno, si mettono a disposizione soli 674 milioni”. E aggiunge: “E’ arrivato il momento che il presidente del Consiglio convochi un tavolo per il Sud, dove tutte le Regioni siano chiamate a confrontarsi con il governo nazionale per analizzare la situazione e mettere in campo politiche adeguate alle necessità del Meridione, comprese procedure celeri per velocizzare la spesa pubblica. Ormai è chiaro: quella che stiamo vivendo è una vera e propria emergenza nazionale che se non verrà affrontata con la dovuta serietà rischia di travolgere l’intera nazione“.