Ai mafiosi non faceva visita solo nelle strutture carcerarie. E le sue amicizie non si limitavano soltanto a Santo Sacco (ne abbiamo parlato qui).
Antonino Nicosia (detto Antonello), il collaboratore dell’onorevole Occhionero, con all’attivo 10 anni di galera per traffico di droga ed un curriculum fasullo, i mafiosi li incontrava anche fuori.
Come lo scorso 14 febbraio a Porto Empedocle, quando si vide con Giuseppe Fontana (detto Rocky), storico favoreggiatore di Matteo Messina Denaro, e Fabrizio Messina, fratello del noto Gerlandino, ex capomafia di Agrigento.
Un incontro urgente, non certo per dibattere delle condizioni di vita nelle carceri, al quale Fabrizio Messina partecipa violando perfino gli obblighi della sorveglianza speciale a cui era sottoposto.
Secondo gli investigatori, il tema dell’incontro sarebbe stato la difficile riscossione di una somma. Fontana si sarebbe recato a Porto Empedocle per avere delle assicurazioni da parte del Messina, visto che una parte di quel denaro avrebbe dovuto essere consegnata ad un mafioso di Castelvetrano. Mai nominato.
Gli inquirenti però non hanno subbi sulla sua identità: Matteo Messina Denaro. E sul fatto che quelli sono i soldi di un’estorsione, una “messa a posto”.
Anche questo emerge dall’inchiesta Passepartout di cui abbiamo già parlato ampiamente, che si inquadra nel contesto della caccia al boss castelvetranese, latitante ormai da ben 27 anni. Ed evidentemente con interessi recenti anche in quel di Porto Empedocle.
Le indagini hanno accertato che Nicosia e Fontana si recavano presso il bar dove lavorava l’uomo d’onore Fabrizio Messina.
I tre venivano fotografati dai carabinieri del Ros, in servizio di osservazione.
Dall’ambientale installata sulla macchina di Nicosia, veniva fuori che “la vittima dell’estorsione manifestava delle resistenze”.
FONTANA Giuseppe: …Che ti volevo dire, ma ancora non hanno fatto niente lì...
MESSINA Fabrizio: Non vuole pagare
FONTANA Giuseppe: …Niente, ma come minchia è? No, no…
MESSINA Fabrizio: Proprio questo gli ho detto io, e lui mi ha detto… no, per adesso mi dispiace, ma non ti preoccupare… dice… che ora … e mi impegno io… dice… spero a maggio di essere pronto… siccome lavora…
Fontana non ci crede. Ma a dare man forte al Messina, è lo stesso Nicosia.
FONTANA Giuseppe: …Non ci credo…
MESSINA Fabrizio: …No, no accussì è, come ti dico io
NICOSIA Antonino: Vero è…
FONTANA Giuseppe: …Se mi dimostra di prendermi per il culo…
Poi, Fabrizio Messina si preoccupava che della circostanza venisse informato “Iddu” (lui), cioè Matteo Messina Denaro: “…Ma l’amico vostro a Castelvetrano è? …A iddu non gli si deve dire? … A lui si deve dare il giusto…”
E Nicosia: “Gli si deve dare quello che… che… il giusto… quello che, quello che…”
Secondo gli investigatori, il riferimento all’“amico vostro di Castelvetrano” era molto delicato. E avrebbe indotto Fontana a liberarsi del proprio cellullare, lasciandolo in macchina, per evitare che quel dialogo avrebbe potuto essere intercettato.
Il servizio di osservazione, riprendeva infatti lo stesso “Fontana allontanarsi rapidamente e lasciare all’interno dell’autovettura il proprio telefono cellulare”
NICOSIA Antonino: Che devi fare Pe?
FONTANA Giuseppe: Devo posare sto, sto …(inc.)…(si sente aprire e chiudere lo sportello del veicolo).
Sulla vicenda, non sarebbero stati acquisiti ulteriori elementi ma, come si legge nel provvedimento, sarebbe “assolutamente indicativa della caratura mafiosa del Nicosia, che ha partecipato a una riunione con due associati mafiosi di due diverse province”.
Infatti, Giuseppe Rocky Fontana, uscito dal carcere dopo quasi vent’anni nel 2013, è considerato l’armiere della famiglia mafiosa di Castelvetrano nonché intimo amico di vecchia data del boss latitante.
Condannato per mafia in via definitiva e ritenuto responsabile di aver “organizzato e gestito un traffico internazionale di sostanze stupefacenti per conto di Matteo Messina Denaro – si legge ancora nel provvedimento - fatti per i quali è stato pure condannato a oltre diciassette anni di reclusione dalla Corte d’appello di Reggio Calabria il 30 giugno 1999, e organizzato estorsioni e atti intimidatori contro imprenditori operativi sul territorio di Castelvetrano”.
Un processo in cui fu accertato che, nei primi anni ’90, aveva ceduto alcune armi direttamente a Matteo Messina Denaro. Armi che importava dall’estero, fra cui mitragliatori “Kalashnikov” e “Uzi”, che appunto venivano poi messe a disposizione della famiglia.
Fabrizio Messina invece, è stato condannato con sentenza irrevocabile come capo della famiglia mafiosa di Porto Empedocle a partire dal 2003, avendo eseguito una serie di estorsioni mafiose sul territorio. Detenuto al carcere duro fino all’ottobre del 2016, quando fu sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno (misura ancora in esecuzione).
Il fratello Gerlandino era succeduto nel 2010 a Giuseppe Falsone, nella guida della provincia di Agrigento e carceriere del piccolo Giuseppe Di Matteo per un periodo nella fase agrigentina del sequestro.
Egidio Morici