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12/11/2019 06:00:00

Il ruolo di Salvatore Crimi nell'ambito di cosa nostra trapanese

 E' ritenuto il capo mafia di Vita. Salvatore Crimi è una delle figure che emergono nell'inchiesta “Scrigno”, che in questi giorni stiamo raccontando passo dopo passo, su Tp24. Un'inchiesta che vede indagate 28 persone, molte delle quali arrestate, e tra queste l'ex deputato regionale Paolo Ruggirello.

La figura di Crimi emerge proprio per i suoi rapporti con l'ex deputato regionale di Pd e Articolo 4, e di come abbia avuto un ruolo nelle elezioni nazionali del marzo 2018, che però non portarono all'elezione di Ruggirello.

Crimi ha un curriculum criminale abbastanza corposo alle spalle. La sua appartenenza a cosa nostra è stata dimostrata processualmente con una condanna a 12 anni, poi patteggiata in appello a 8 anni e sei mesi. Salvatore Crimi faceva parte di un gruppo criminale formato da organizzazioni legate alla 'ndrangheta calabrese e ai mandamenti mafiosi di Mazara del Vallo e di Brancaccio che hanno operato nel traffico internazionale di stupefacenti, e importazione e distribuzione di cocaina dai paesi produttori, il tutto con epicentro a Salemi.


Prima di “Scrigno”, Crimi è stato arrestato nel marzo 2018 nell'ambito dell'operazione antimafia Operazione Pionica, per associazione a delinquere di stampo mafiosa e intestazione fittizia di beni.


Salvatore Crimi è inoltre figlio di Leonardo, detto Nanà, defunto capo della famiglia mafiosa di Vita.
Anche questo elemento fa dedurre il suo ruolo di vertice della famiglia mafiosa di Vita. Ma anche per le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nicolò Nicolosi. Ci sono poi diverse conversazioni ambientali registrate nel corso delle inchieste di questi anni in cui si ascoltano personaggi legati alla mafia parlare di Crimi come referente a Vita dell'organizzazione criminale. Salvatore Crimi, emerge dalle indagini, in concorso con altre persone legate a cosa nostra, avrebbe messo in campo anche tentativi di estorsione ai danni di un imprenditore di Salemi, socio della società che gestisce il ristorante La Giummara. Gli avrebbe chiesto 500 euro al mese e l'assunzione della moglie di Giovanni Pipitone, persona legata a cosa nostra, per consentirgli di esercitare l'attività di alloggio e somministrazione di pasti a cittadini extracomunitari. L'imprenditore però non ha denunciato, ha invece detto “tutto ciò che dobbiamo fare a Vita lo facciamo con noi”.


Altra vicenda riguarda l'interessamento di Crimi a mediare per il recupero di una cifra di denaro raggirata ad un altro imprenditore di Salemi.
Anche Crimi da il ristoratore. Apre nel 2013 un ristorante, chiamato La Pergola, a Ummari, nel territorio di Trapani. E come vuole la prassi mafiosa non si può aprire un'attività senza il consenso del boss del luogo. Le microspie intercettano le conversazioni di Crimi e della moglie dalle quali si capisce che prima dell'inaugurazione bisogna andare da “chiddro du bar la a Trapani” a dirgli che sta aprendo il ristorante. “Quello del bar” è Franco Orlando, ritenuto a capo della famiglia mafiosa di Trapani in quel momento. Crimi conosce bene Orlando, è il suo tramite per comunicare con la famiglia mafiosa di Salemi, con il capo Michele Gucciardi che tra le tante cose è stato individuato come uno della rete di postini di Matteo Messina Denaro.


Ma la figura del boss di Vita, Salvatore Crimi, viene tirata in ballo anche per le consultazioni elettorali per il rinnovo del Parlamento nazionale del 2018.
Vengono annotati dagli inquirenti, infatti, alcuni incontri con Paolo Ruggirello, candidato al senato in quell'occasione, e con i suoi più fidati collaboratori. Incontri organizzati con l'apporto “indispensabile” di Francesco Todaro, spalla di Ruggirello, anche lui coinvolto nell'inchiesta Scrigno. Incontri intercettati nonostante i “maniacali accorgimenti adottati dai protagonisti”. Ruggirello il 17 febbraio 2018 si trova dalle parti di Ummari, e gli viene fame. Chiama Todaro e chiede se il ristorante La Pergola sia sempre di “quel picciotto”. Il “picciotto”, anche se è più grande dell'ex deputato regionale, è Salvatore Crimi. Todaro chiama Crimi, e gli dice “stiamo arrivando”. Ruggirello, Todaro e altri due trovano il posto, e si siedono a mangiare. Sembra essere un normale pranzo.


Qualche giorno dopo è Crimi a contattare Todaro, per dirgli di mangiare “mezza graffa”
(un dolce tipico). E' la scusa per incontrarsi. Todaro e Ruggirello conoscono lo spesso criminale di Salvatore Crimi, e infatti evitano ogni volta che si sentono di fare il suo nome. Succede ad esempio che c'è da organizzare una manifestazione elettorale a Vita, città di Crimi, per sostenere la candidatura di Ruggirello. Sono Todaro e Crimi a sentirsi per telefono e a fissare l'incontro. Il giorno dell'appuntamento Todaro, Ruggirello e Crimi rischiano di fare un tragitto in auto insieme. Una circostanza che Crimi avrebbe evitato, conscio degli effetti collaterali che avrebbe portato se fossero stati notati da occhi indiscreti. Gli incontri non finiscono qui, non sono occasionali. Todaro e Crimi fissano altri appuntamenti, sempre con la scusa della “graffa”.

Incontri che secondo gli inquirenti sarebbero serviti per sostenere alle elezioni Paolo Ruggirello.
Crimi, prima del suo arresto nell'operazione Pionica, incontrava tanta gente nel suo ristorante, la Pergola, poi finito sotto sequestro. Incontrava anche tanti mafiosi. Tra questi ci sono soprattutto i fratelli Francesco e Pietro Virga, figli del boss di Trapani Vincenzo. E uno di questi incontri, organizzati da Domenico La Russa, avrebbe riguardato la possibilità che uno dei sodali si fosse “pentito”, che avesse cominciato a parlare con gli inquirenti. Si tratta di Nicolò Scandariato, noto come “Cola u porco”, scarcerato nel 2005 dopo una detenzione di circa 20 anni.

I Virga temevano che “u porco” avesse iniziato a rivelare fatti e circostanze agli inquirenti anche se a loro già note. Per capire cosa fosse successo i Virga si sarebbero rivolti a Salvatore Crimi.
Il suo ristorante era un via vai di persone, di mafiosi e politici. Per organizzare affari e gestire voti.