“Voglio parlare”. Il 60enne agronomo vitese Melchiorre Leone, condannato, lo scorso 1 ottobre, dal gup di Palermo Filippo Lo Presti a 9 anni e 4 mesi di carcere per associazione mafiosa nell’ambito dell’indagine della Dda “Pionica”, davanti il Tribunale di Marsala, nel processo agli otto imputati che nell’ambito dello stesso procedimento hanno scelto il rito ordinario, non ha inteso avvalersi della facoltà di non rispondere, come nella stessa udienza hanno fatto i salemitani Girolamo Scandariato e Giuseppe Bellitti, anche loro giudicati in abbreviato dal gup Lo Presti, che ha condannato il primo a 6 anni e 8 mesi per favoreggiamento ed estorsione, assolvendo il secondo dall’accusa di associazione mafiosa.
Leone ha cercato di difendersi, difendendo anche uno dei principali imputati alla sbarra a Marsala: il presunto capomafia di Salemi, Michele Gucciardi, che secondo l’accusa, insieme allo stesso agronomo, avrebbe prima scoraggiato i possibili acquirenti dell’azienda agricola (60 ettari) che la salemitana Giuseppa Salvo aveva in contrada Pionica (Santa Ninfa) e poi, dopo che l’alcamese Roberto Nicastri, fratello del “re dell’eolico”, dopo averla comprata all’asta per 130 mila euro per poi rivenderla per ben 530 mila euro alla società agricola “Vieffe”, preteso i diritti di reimpianto dei vigneti.
Costituitasi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Valentina Favata, Giuseppa Salvo, ex moglie (divorziata) di Antonio Maria Salvo, nipote di uno dei due cugini Salvo (Ignazio), ha puntato l’indice contro Gucciardi e Leone.
E lo scorso 16 maggio, in aula, ha ribadito le accuse. Adesso, però, Leone ha cercato di difendersi raccontando la sua versione dei fatti. E negando ogni possibile pressione sulla Salvo. Rispondendo alle domande del pm della Dda Gianluca De Leo, l’agronomo ha detto: “Su incarico di Antonio Salvo, Michele Gucciardi, che era un mio cliente e che del marito di Giuseppa Salvo era amico e compare, mi chiese se conoscevo Vito e Roberto Nicastri, perché Antonio Salvo voleva parlare con loro dopo che Roberto aveva comprato la tenuta di Pionica all’asta. Io risposi che non li conoscevo personalmente, ma che tramite un’altra persona potevo contattarli. E così i due Nicastri incontrarono Antonio Salvo nel mio studio. Ci fu un battibecco e Salvo chiese un ‘ristoro’ (somma di denaro, ndr), ma Roberto Nicastri rispose negativamente. Disse che la signora Salvo avrebbe avuto del denaro se andava in porto il progetto di un impianto eolico o se il terrendo sarebbe stato venduto. E infatti, quando fu venduto, per 750 mila euro, anche se nell’atto fu scritto 530 mila euro, alla Vieffe di Vivirito e Ficarotta, alla Salvo andarono 130 mila euro”. Sui diritti di reimpianto dei vigneti, che secondo l’accusa Giuseppa Salvo sarebbe stata costretta a cedere, Leone ha detto che questi, di fatto, erano compresi nei 750 mila euro. “Sono stato io – ha detto l’agronomo – a stimare il valore della tenuta, che solo in parte era a vigneto, mentre altre parti erano molto mal messe. Nei 750 mila euro era compreso tutto, il valore dei vigneti e i diritti di reimpianto. L’atto di vendita alla Vieffe fu fatto nel 2014 dal notaio Galfano”. La testimonianza è stata scandita da schermaglie e momenti di polemica tra il pm De Leo e gli avvocati Vito Graziano, legale di Leone (che ha dato l’impressione di non gradire troppo la grande loquacità del suo cliente), e Giuseppe De Luca. Scontri accusa-difesa che il presidente del collegio giudicante, Alessandra Camassa (a latere Francesco Paolo Pizzo e Iole Moricca), ha cercato di tenere a bada. A scegliere il rito ordinario sono stati il presunto capomafia di Salemi, Michele Gucciardi, il presunto capomafia di Vita, Salvatore Crimi, entrambi in carcere, la moglie Anna Maria Crocetta Asaro, e il figlio Leonardo “Nanà” Crimi, entrambi a piede libero e accusati di intestazione fittizia di beni, Gaspare Salvatore Gucciardi, anche lui di Vita, Ciro Gino Ficarotta, il figlio Leonardo Ficarotta, e Paolo Vivirito, tutti di San Giuseppe Jato.