Lo Stato italiano spende, ogni anno, circa 900 miliardi di euro e ne incassa circa 850 con tasse e contributi. Il deficit continuo tra uscite ed entrate fa esplodere il debito pubblico che, infatti, è lievitato a livelli preoccupanti; la Banca d'Italia informa che a settembre scorso era pari a 2.439 miliardi di euro.
Per quanto riguarda la Sicilia i redditi ufficialmente dichiarati assommano a 46 miliardi euro, quando invece i Siciliani spendono per i consumi 65 miliardi di euro (dati del Servizio Statistica, Assessorato Economia della Regione Siciliana). In media, i consumi in Sicilia superano i redditi dichiarati del 40%; nel resto del Paese esiste lo stesso fenomeno, ma si «ferma» al 20%. Ora, è del tutto evidente che le spese per consumi non possono essere stabilmente più alte rispetto alle entrate. La mancata dichiarazione di redditi per quasi 20 miliardi, infatti, fa venire meno, ogni anno in Sicilia, oltre tre miliardi di euro solo per l'Irpef e chissà poi quali importi per l'Iva e i contibuti previdenziali.
In Italia solo per pagare gli interessi servono tra 60 e 70 miliardi l'anno, a seconda dei «capricci» del temuto spread. Eppure la questione non sembra turbare i sonni degli italiani che convivono con un debito di 40 mila euro a testa (=160 mila euro per una famiglia di quattro persone) con incomprensibile indifferenza.
E Confindustria boccia il decreto fiscale che accompagna la legge di Bilancio 2020 e che include misure di contrasto all'evasione. «È un approccio iper repressivo» sostiene il comunicato dell'Associazione degli industriali che «riafferma la profonda preoccupazione per il continuo ampliamento della sfera penale ai fatti economici».
È sempre arduo affrontare il tema dell'evasione e tuttavia è difficile ignorare che sfuggono all'occhio del fisco italiano quasi 210 miliardi di euro, portandosi dietro il mancato introito di 109 miliardi tra Irpef, Iva e contributi previdenziali.
L'incongruenza del prelievo fiscale in Italia, risalta in tutta evidenza quando si considera che solo i lavoratori dipendenti e i pensionati s‘intestano oltre l'80% del gettito fiscale, mentre le altre due «grandi» categorie di contribuenti (lavoratori autonomi e imprese) assicurano, ciascuna, meno del 5%. Le soluzioni sono note. O si tagliano le uscite, o si aumentano le entrate, o si punta a un mix di entrambe le misure. Facile dirlo, difficile farlo. In un Paese che ha bisogno di tante risorse per le infrastrutture, per la sanità, l'istruzione, la giustizia, la sicurezza, le pensioni… tagliare le uscite è quanto mai arduo, come del resto appare improponibile l'idea di aumentare le entrate con tasse che già viaggiano a livelli esorbitanti. Non resta che il contrasto dell'evasione.
Nella manovra di bilancio all'esame del Parlamento, la lotta all'evasione fiscale prevede una serie di misure. Per il grande pubblico la misura più visibile sarà quella che punta a scoraggiare l'uso del denaro contante. In sostanza, gli Italiani saranno indotti a pagare le spese, piccole e grandi, con moneta elettronica (carte di credito, carte di debito/Bancomat, carte prepagate) per consentirne la tracciabilità. Potremo valutare solo nei prossimi mesi l'efficacia di tali misure.