Nel nuovo piano fino al 2023 Unicredit prevede di risparmiare 1,2 miliardi, pari al 12% dei costi dello scorso anno. Risparmi che saranno ottenuti nell’arco di tre anni con il taglio di ottomila lavoratori full time e la chiusura di cinquecento filiali in tutta Europa.
Di questi 8.000 tagli, 5.500 sono previsti in Italia. Saranno 450 le filiali che spariranno nel nostro Paese. L’amministratore delegato Jean Pierre Mustier non è voluto entrare nei dettagli: «Stiamo iniziando ora le trattative con i sindacati. Sono ottomila tagli, non diamo dettagli su dove verranno fatti, ma posso dire che nel piano precedente abbiamo agito in modo socialmente responsabile e continueremo a farlo».
I soldi risparmiati, un miliardo circa, serviranno per accelerare il passaggio al digitale, una trasformazione che promette di creare 16 miliardi di valore per gli azionisti, con picco di utile netto a 5 miliardi nel 2023.
Dal 2007 gli accordi sindacali siglati da UniCredit e dai sindacati hanno consentito di gestire oltre 22 mila esuberi e 2.921 esternalizzazioni. Le uscite sono state sempre volontarie e incentivate e hanno portato a equilibri geografici diversi rispetto a quelli della fusione di Capitalia in UniCredit, avvenuta nel 2007. Allora, ricorda Mauro Morelli, sindacalista della Fabi, "i lavoratori erano circa 77 mila e di quel nucleo originario ne sono rimasti meno di un terzo. Nel computo non sono trascurabili anche i deceduti in servizio, coloro che sono andati in pensione per anzianità e non sono stati sostituiti, i licenziati e i dimissionari che solo negli ultimi 5 anni sono stati circa 2.500. Dei 39mila bancari italiani solo 25mila fanno così parte del nucleo storico, gli altri sono entrati in seguito ai piani di assunzioni che accordo dopo accordo abbiamo negoziato".