Avviso di garanzia per la deputata Giuseppina Occhionero che, dopo aver ignorato le domande dei giornalisti, adesso dovrà rispondere da indagata a quelle dei pm.
L’accusa della Procura di Palermo per l’onorevole passata da Leu a Italia Viva è quella di falso.
Secondo il procuratore aggiunto Paolo Guido ed i sostituti Francesca Dessì e Gery Ferrara, la Occhionero avrebbe attestato lo status di suo collaboratore ad Antonello Nicosia (poi arrestato per associazione mafiosa) senza alcun contratto.
E senza alcun contratto Nicosia, che dovrà rispondere di falso aggravato, avrebbe avuto accesso alle carceri, veicolando all’esterno – secondo l’accusa - i messaggi dei mafiosi detenuti.
La vicenda si inscrive nell’indagine del Ros dei carabinieri e del Gico della guardia di finanza che nello scorso novembre, oltre a Nicosia, aveva portato agli arresti anche il mafioso di Sciacca, Accursio Dimino e altri tre per favoreggiamento.
Secondo l’accusa, approfittando del suo ruolo di collaboratore della deputata, il Nicosia sarebbe potuto entrare negli istituti penitenziari anche senza preavviso.
E di questo si vantava con Dimino: “...Con un deputato ci vado all'improvviso, capito? Entro di notte pure… ad Agrigento ci sono andato di notte... con il deputato ci devo andare, per forza”.
Insomma, con un tesserino da deputato (nel suo caso quello della Occhionero), le porte del carcere si aprivano con più facilità. Anche se al momento si sono richiuse con lui dentro.
Certo, in tanti si sono chiesti come mai la parlamentare non si sia accorta di chi fosse in realtà Antonello Nicosia. E perché, una volta letto il suo curriculum, non le sia venuto in mente di fare qualche verifica, prima di stipulare un contratto da 50 euro al mese (nonostante avesse a disposizione una somma di circa 3 mila euro, stanziata per la remunerazione dei portaborse).
Come mai così poco?
Per l’accusa lo scopo del Nicosia era quello di venire in contatto con i boss detenuti e quindi l’avrebbe fatto anche gratis. Anzi, avrebbe continuato a farlo gratis, visto che già lo faceva senza alcun contratto (e da qui il reato di falso aggravato).
Ovvio che invece, a suo favore, si potrebbe pure dire che la difesa dei diritti dei carcerati era talmente sentita, che l’avrebbe fatto come fosse una missione.
Magari la deputata avrebbe potuto soprassedere sulla condanna (già scontata) a 10 anni e sei mesi per traffico di droga, ma due domande su uno che si presenta come “docente a contratto nella scuola pubblica come esperto nei corsi Pon”, o addirittura che “insegna lo sbarco anglo americano e la storia della mafia presso l’UCSB”, avrebbe dovuto farsele.
Se la Occhionero avesse fatto una semplice ricerca, avrebbe visto che l’UCSB sta per University of California, Santa Barbara e nel relativo sito non esiste alcun Nicosia.
Ma anche senza nessuna ricerca, ci si chiede come sia stato possibile credere che uno possa “insegnare lo sbarco”.
La Occhionero sapeva oppure no?
Il Gip ha parlato della possibilità di “un grave difetto di consapevolezza nell’ambito istituzionale”, oppure in alternativa, “di una connivenza che vedeva taluno favorire contatti impropri tra mafiosi per ragioni non dichiarate…”.
Adesso sarà la magistratura ad accertarlo.
Eppure, al di là delle responsabilità penali e di opportunità, sembra difficile escludere che la deputata possa essere stata in qualche modo vittima della manipolazione di Nicosia.
D’altra parte, qualcosa di simile era già accaduto qualche anno fa ad un’altra donna: la preside Maria Laura Lombardo che, precisiamo, non è indagata né in questo né in altri procedimenti.
Anche qui una collaborazione molto anomala che, come abbiamo scritto in precedenza, è durata dal 2013 al 2015 e si è conclusa con una serie di denunce nei confronti della donna da parte di alcuni insegnanti, vittime di ingiuste e sommarie sospensioni, perché rei di aver sottolineato delle illegittimità riguardo proprio lo strano ruolo del Nicosia, soprattutto in una scuola di Ribera.
Denunce che si sono poi trasformate in condanne e risarcimenti (a carico delle istituzioni scolastiche).
Il suo avvocato, Salvatore Pennica, lo definisce un “uomo che devi assolutamente pesare, perché se no rischi di esserne travolto, un simpatico, un generoso, un buono”.
Mentre uno dei figli dell’imprenditore Paolo Cavataio, che Nicosia secondo l’accusa avrebbe voluto eliminare fisicamente, intervistato con telecamera nascosta da “Le Iene”, si chiede “come cazzo gli hanno dato la tessera parlamentare. Perché, credimi, con la chiacchiera che ha, te la rigira in mille modi e ti compra”. E sull’onorevole Occhionero dice che “però in un certo senso la posso pure capire…”.
Qualche giorno fa la deputata di Italia Viva è stata sentita dalla commissione parlamentare Antimafia, ma il suo intervento è stato secretato su sua richiesta, viste le indagini in corso.
Ad ogni modo, il fatto che Nicosia entrasse nelle carceri ancor prima della formalizzazione del relativo contratto di collaborazione con la Occhionero, la dice lunga sul suo interesse ad interloquire con i detenuti. A suo dire, per la difesa dei loro diritti, ma secondo la procura e le intercettazioni, per veicolare all’esterno i messaggi dei boss.
Nello stesso tempo, la leggerezza della parlamentare rimane comunque grave.
Al di là delle implicazioni penali, chi riveste un ruolo politico non dovrebbe avere ombre.
E poco importa se connivente o inconsapevole.
Egidio Morici