Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
18/12/2019 06:00:00

Corruzione e energie rinnovabili: inizia il processo ad Arata, Nicastri e i loro complici

 Inizierà questa mattina davanti alla seconda sezione del Tribunale di Palermo il processo scaturito dall’inchiesta sulle energie rinnovabili in Sicilia che vede imputati l'ex consulente per l'Energia della Lega di Salvini, Paolo Arata, suo figlio Francesco Paolo, i loro soci alcamesi, il «re dell'eolico» Vito Nicastri, suo figlio Manlio, e un loro presunto prestanome, Antonello Barbieri. Imputati nello stesso processo sono Alberto Tinnirello e Giacomo Causarano, rispettivamente dirigente e funzionario dell'assessorato regionale all'Energia. Le accuse sono a vario titolo di intestazione fittizia di beni, corruzione e autoriciclaggio.

Per quel che riguarda i Nicastri, hanno deciso di collaborare subito dopo l’arresto del 12 giugno e così si sono trasformati da soci degli Arata in loro grandi accusatori.  Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia poi passato alla Lega è indagato per corruzione anche a Roma perché avrebbe promesso una mazzetta da trentamila euro all'ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, che fu poi «dimissionato» da Salvini.
L'inchiesta dall'aggiunto della dda Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo riguarda un giro di mazzette alla Regione, pagate per facilitare il rilascio di autorizzazioni per la realizzazione di impianti di energie rinnovabili e un mega affare di oltre 15 milioni con al centro l'imprenditore mafioso Vito Nicastri e il faccendiere Paolo Arata.

Sono diversi i passaggi societari scoperti. I Nicastri avrebbero intestato fittiziamente agli Arata (e ad altri prestanome) quote delle società «Alqantara srl», «Solcara srl», «Solgesta srl», «Bion srl» ed «Ambra Energia srl». All’altro prestanome Barbieri, invece, sarebbe stata intestata la «Etnea srl», poi ceduta per trecentomila euro alla «Alqantara srl». Secondo i pm «Arata ha portato in dote alle iniziative imprenditoriali con Nicastri gli attuali influenti contatti con esponenti del partito della Lega, effettivamente riscontrati e spesso sbandierati dall'Arata medesimo e di cui informava puntualmente Nicastri».

Proprio Arata, in un'intercettazione, spiegava la sua filosofia: «Un po' i politici li conosciamo, ma i politici sono come le banche, li devi usare. E ogni volta che li usi, paghi, basta. Non è che c'è l'amico politico, non c'è l'amicizia in politica». Arata e Nicastri avrebbero poi pagato anche il dirigente regionale Tinnirello, attraverso il funzionario Causarano: in cambio di informazioni sullo stato delle pratiche per la richiesta di autorizzazione integrata ambientale, legata alla costruzione di impianti bio-metano delle società «Solgesta srl» e «Solcara srl» gli sarebbe stato promesso mezzo milione ed avrebbe ricevuto circa centomila euro in contanti.

Ad inizio di Dicembre, tra gli altri, è stato sentito dai pm, come persona informata sui fatti l’assessore regionale alle Attività Produttive Mimmo Turano che ha riferito su due incontri avuti - uno dei quali in presenza del presidente dell'Ars Miccichè - con i due Arata. Miccichè aveva raccontato ai pm di essere stato messo in guardia da Turano dal proseguire i rapporti con Arata in quanto l'assessore sapeva che Nicastri, già allora sospettato di legami mafiosi, era socio occulto dell'imprenditore. Circostanza indirettamente confermata ai pm dal figlio del faccendiere, Francesco Arata. Turano, invece, ha negato il fatto dicendo di non ricordare che all'incontro fosse presente il figlio del faccendiere, e poi ricollegando la sua diffidenza verso gli affari dell'imprenditore a motivi politici.

In ballo c'era la realizzazione di un impianto di biogas a Calatafimi. «Sono sempre stato contrario a quell'impianto per motivi politici», ha detto ai pm Turano di fatto negando di avere messo in guardia Micciché per la presenza dietro le quinte di Nicastri. Oltre al presidente dell'Ars i pm hanno sentito, anche l'assessore al Territorio Totò Cordaro e l'assessore all'energia Alberto Pierobon.