L’11 dicembre scorso la Giunta delle elezioni della Camera ha convalidato l’elezione di Piera Aiello. Nel verbale si legge: “considerato che la denuncia per falso ideologico in atto pubblico in concorso è stata archiviata e che non si ravvisano ulteriori esigenze istruttorie propone pertanto alla Giunta di archiviare il ricorso presentato dalla candidata Tiziana Pugliesi avverso la proclamazione dell’onorevole Aiello e di convalidare l’elezione di quest’ultima”.
Una cosa va detta: il fatto è provato. Il certificato elettorale non poteva essere rilasciato con quella documentazione. I giudici hanno archiviato la posizione dell’Aiello perché non sapeva che non poteva candidarsi, hanno ritenuto che abbia agito in buona fede e con la convinzione di risultare ancora residente a Partanna.
La storia dell’Aiello fu scoperta e sollevata dalla redazione di tp24 e in breve tempo ha fatto il giro delle più importanti testate nazionali. L’esponente grillina è stata eletta alla Camera dei Deputati nelle elezioni politiche del 2018 con un certificato elettorale non valido, perché, essendo testimone di giustizia, e avendo un altro nome e un'altra residenza, non poteva candidarsi con il nome, Piera Aiello.
La vicenda del certificato elettorale - Il 25 gennaio Piera Aiello si iscrive nelle liste elettorali del Comune di Partanna, ma era già iscritta in un altro Comune con l’altro nome. A iscriverla è proprio Rosario Sanfilippo, il funzionario del Comune di Partanna, che lavorava all'Ufficio Elettorale, e che è finito indagato con la deputata del Movimento Cinque Stelle con l'accusa di falso in atto pubblico, per aver prodotto il certificato elettorale che le ha consentito la candidatura alla Camera, pur non avendo il diritto all'iscrizione nelle liste elettorali. Lo stesso Sanfilippo, che ha ricevuto dal legale rappresentante della Aiello, l’avvocato Giuseppe Gandolfo, il certificato di residenza nel Comune di Partanna, ha detto alla redazione di Tp24 che "La signora Piera Aiello non si sarebbe potuta candidare".
L’8 Febbraio la Prefettura si accorge che c’è qualcosa che non va. Il giorno dopo, il 9 febbraio, la Aiello viene cancellata dalle liste elettorali del Comune di Partanna. La frittata a quel punto è fatta. Non c’è il tempo per la revisione delle liste elettorali. La Aiello si presenta alle elezioni e vince. Sentita dai pm ha sostenuto di voler tornare alla vecchia identità: “Mi sento Piera Aiello, con la mia storia e il mio vissuto”.
La storia di Piera Aiello - Per la deputata eletta in Sicilia, in provincia di Trapani ottenendo quasi 80 mila preferenze, c’è dunque la conferma in parlamento. Nata a Partanna il 2 luglio 1967, la sua storia inizia quando all’età di 14 anni conobbe Nicolò Atria (detto Nicola) e divenne cognata di Rita, la giovane che si suicidò dopo l’attentato a Paolo Borsellino. «Io fui scelta da mio suocero, non da mio marito», raccontò la parlamentare. I coniugi provenivano da mondi diversi. La famiglia di Nicola Atria era mafiosa e queste origini provocavano grandi tensioni fra i due. La situazione crollò definitivamente quando il 18 novembre del 1985, a pochi giorni dal loro matrimonio, il suocero, don Vito Atria, venne ucciso. «Cercai in ogni modo di convincere mio marito ad evitare il tentativo di vendicare la morte di suo padre, ma non ci fu nulla da fare», continuò Piera Aiello. E poi: «Nicola girava armato e si occupava dello spaccio di droga. Quando provavo a dirgli di smettere con questa vita lui mi picchiava». Nicolò Atria venne ucciso il 24 giugno 1991, proprio sotto gli occhi di Piera.
Persa la causa per diffamazione - E l’onorevole Piera Aiello nei giorni scorsi ha perso la causa per diffamazione intentata nei confronti di un insegnante marsalese, Vito Ferracane, docente all’Istituto superiore “Abele Damiani”.
La Aiello aveva querelato l’insegnante perché si era sentita diffamata da un commento espresso su Facebook nel corso della campagna elettorale dello scorso anno. Va detto che in quell'occasione Aiello, adeguandosi al concetto di "libertà di opinione" caro ai Cinque Stelle, aveva querelato tutti quelli che la criticavano.
In particolare, l'on.le Aiello non aveva gradito la definizione “collaboratore di giustizia”, evidenziando che lei è “testimone di giustizia”. Per lo stesso motivo, la Aiello aveva querelato anche il giornalista scrittore Giacomo Di Girolamo, direttore di Tp24, e anche lui fu prosciolto.