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23/12/2019 07:00:00

Accuse troppo vaghe, il Tar sospende l'interdittiva antimafia

Non basta avere parenti con precedenti penali e neppure aver operato con ditte sospette ma ormai fallite da 15 anni o inattive addirittura da 13: l'interdittiva antimafia - che impedisce alle aziende di contrattare con la pubblica amministrazione - deve basarsi su elementi attuali e pregnanti «che facciano ritenere “in concreto” forte il pericolo di permeabilità dell'impresa». A stabilirlo è stata la prima sezione del Tar, che ha accolto il ricorso di P. G., piccolo imprenditore agricolo di Campobello di Mazara, difeso dagli avvocati Lucia Alfieri e Girolamo Rubino.

Il Tar ha dato torto alla prefettura di Trapani che aveva emesso il provvedimento ed anche all'Anac: in via cautelare, l'interdittiva è stata sospesa e il giudizio di merito è stato fissato per febbraio 2021.

P. G. è titolare di un'attività non organizzata in forma d'impresa e nel 2012 aveva ottenuto dall'assessorato regionale all'Agricoltura un contributo di 40 mila euro. Finanziamento che era stato poi bloccato proprio dall'interdittiva della prefettura di Trapani per una presunta permeabilità mafiosa della ditta. Un provvedimento che allora era stato impugnato e che ad oggi - dopo 6 anni - è ancora pendente nel merito. Vista la durata del giudizio, P. G. più recentemente ha chiesto un aggiornamento del provvedimento, ma all'esito delle procedure, l'interdittiva è stata confermata e, per la difesa, sulla scorta degli stessi elementi forniti nel 2013. Da qui il nuovo ricorso.

«Ad un primo sommario esame proprio della fase cautelare - scrivono i giudici - i motivi di censura dedotti non appaiono allo stato implausibili». Anche perché la ditta ha ottenuto un contributo molto ridotto rispetto alla soglia dei 150 mila euro fissata perché venga richiesta la documentazione antimafia. «Le partecipazioni societarie evidenziate nel provvedimento interdittivo - dice il Tar - appaiono sostanzialmente inidonee a delineare un quadro di cointeressenze con soggetti controindicati che abbia il carattere dell'attualità, trattandosi o di società inattive, ovvero inattiva da epoca risalente (dal 2006, ndr) ovvero fallite da 15 anni o addirittura società non più partecipate dal ricorrente (con quote cedute nel 2008, ndr)»