Nulla di fatto per il porto di Marinella di Selinunte, i pescherecci rimangono ancora intrappolati.
Nessun intervento emergenziale di rimozione della barriera di posidonia, che si era formata proprio prima dell’imboccatura.
Non ci sono soldi, perché la Regione Siciliana è in esercizio provvisorio.
Durante l’ennesimo incontro con i pescatori, quello della scorsa vigilia di Natale, emerge come tutto sia stato rimandato alla prossima primavera, “quando – dice l’onorevole Toni Scilla, commissario provinciale di Forza Italia – potrebbero partire i lavori per una prima tranche rispetto al completamento dell’opera che avverrà successivamente, perché per completare il porto servono una serie di autorizzazioni che devono arrivare dal ministero”.
Ad essere ottimisti, ad aprile comincerebbero a ricostruire la banchina crollata a causa di lavori effettuati male una decina d’anni fa da parte del comune di Castelvetrano. E contestualmente verrebbe effettuato il dragaggio per liberare i fondali, la sistemazione dell’illuminazione e della parte dove avviene l’incanto del pesce.
E l’allungamento dei moli?
Sembrerebbe forse l’unica soluzione definitiva per impedire alla posidonia l’ingresso nelle acque del porto durante lo scirocco.
Questo però è un particolare che appartiene alla seconda tranche del progetto, quella che deve ancora ottenere le autorizzazioni del ministero.
Ma il problema i pescatori ce l’hanno adesso.
Ed in tanti, in questo delicato periodo di campagna elettorale che sembra non finire mai, cercano di risolverlo.
Oltre a Toni Scilla, durante l’incontro con i pescatori del 24 dicembre, c’era anche Carmelo Ricciardo, responsabile regionale della portualità siciliana venuto apposta da Messina, nonostante le ferie.
E poi il sindaco Enzo Alfano, l’assessore Filippo Foscari, il deputato regionale dei 5 Stelle Sergio Tancredi, i consiglieri di opposizione Calogero Martire, Enza Viola, Rosy Milazzo…
I pescatori avevano avanzato l’ipotesi che con 5 mila euro si sarebbe potuto aprire un varco per far uscire le barche. Una somma relativamente esigua, ma proibitiva per un comune in dissesto come quello di Castelvetrano.
“E’ una spesa che tra l’altro costituirebbe un danno erariale, dal momento che la competenza è della Regione siciliana – ha sottolineato il sindaco Alfano – Ho chiesto però al movimento se, con le risorse che mettono da parte i deputati regionali, si sarebbe potuto intervenire. Mi hanno risposto che avrebbero valutato questa possibilità”.
E proprio durante l’incontro di martedì scorso, l’onorevole 5 Stelle Sergio Tancredi ha chiamato il presidente Musumeci davanti ai pescatori, chiedendo se si potesse fare qualcosa. Lui avrebbe risposto che forse si sarebbe potuto fare un intervento da 50 mila euro con i fondi di riserva, in modo da liberare il porto nell’immediatezza. Al momento in cui scriviamo però non è arrivata nessuna conferma.
C’è anche un’altra possibilità: accedere ai fondi comunitari disponibili per le calamità naturali.
Per Toni Scilla sarebbe “l’unica speranza concreta” e starebbe lavorando per questo obiettivo.
Il primo cittadino Enzo Alfano, ha sollecitato la Protezione Civile nazionale per poter accedere ai fondi nazionali, ma gli hanno risposto che le somme non possono essere utilizzate.
Ma quello della calamità naturale è un percorso in salita, dal momento che le condizioni disastrose in cui si trova il porto hanno piuttosto a che fare con una calamità di tipo politico, reiterata nel corso degli anni. Uno scempio fatto di inutili dragaggi da centomila euro alla volta, con cui si sarebbe potuto rifare il porticciolo quasi ex novo.
Nessuna istituzione seria concederebbe mai dei fondi ad un porticciolo con un’imboccatura esposta alle mareggiate di scirocco che si è sempre intasato quasi una volta all’anno.
E’ molto difficile che possa bastare una relazione della Capitaneria di porto che certifichi dei danni alla banchina a causa delle mareggiate durante il maltempo del 24 ottobre.
Né che possa influire più di tanto il relativo divieto al transito di mezzi e pedoni.
Divieto derogabile in caso di operazioni indispensabili all’attività di pesca e soprattutto in caso di incontri più o meno istituzionali con i pescatori, da Di Maio a Scilla.
Oggi scopriamo che avevano ragione loro, i pescatori, quando suggerivano che la soluzione poteva arrivare soltanto con l’allungamento del molo di ponente.
Insomma i tecnici (non quelli locali del tunnel e della paratìa), dopo più di un decennio, ne sembrano convinti.
E se a primavera potrebbero cominciare i primi lavori da 700 mila euro per tirare su la banchina crollata, l’illuminazione, lo scalo d’alaggio e qualche altra cosetta, per l’allungamento dei moli occorreranno le autorizzazioni.
Forse, solo allora il porticciolo turistico smetterà di essere abusivo.
Le dita sono incrociate.
Da troppi anni.
Egidio Morici