13,20 - Il giornalista Nino Amadore, del Sole 24 Ore, esperto di criminalità organizzata e profondo conoscitore dei Nebrodi e del messinese, sintetizza così l'operazione di oggi: "La mafia dei pascoli ha fatto affari per anni grazie alla collusione di colletti bianchi, politici, rappresentanti del mondo sindacale o parasindacale. Una mafia vecchia ma sempre nuova, in grado di reinventarsi e reinventare il business. Collusioni che hanno consentito ai mafiosi dei Nebrodi di estendere il loro controllo su mezza Sicilia. Una mafia dei pascoli spesso sottovalutata ma protagonista e centrale nelle reti sociali, politiche ed economiche in un’area della Sicilia, quella dei Nebrodi, spesso dimenticata. Una mafia in condizione di espandere il proprio dominio su altre aree: dall’Ennese al Catanese. Al centro di tutto l’affare dei terreni, dei pascoli e soprattutto le truffe all’Unione europea. Possiamo sintetizzare così il senso della maxi operazione portata a segno da carabinieri e Guardia di finanza con il coordinamento della Procura antimafia di Messina guidata da Maurizio De Lucia".
10,50 - C'è anche il sindaco di Tortorici, piccolo comune del messinese, tra i 94 arrestati nella più grande operazione contro la mafia dei Nebrodi. La Guardia di Finanza di Messina ha arrestato Emanuele Galati Sardo, 39 anni, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo l’accusa, Galati Sardo era considerato a «disposizione dell’organizzazione mafiosa per la commissione di una serie di truffe» e «aveva rapporti diretti con il boss Aurelio Faranda», dicono gli investigatori delle Fiamme gialle.
Il trentanovenne Emanuele Galati Sardo era stato eletto lo scorso giugno supportato dalla lista “Uniti per cambiare Tortorici” che ha totalizzato 1460 voti.
Secondo quanto emerge dalle indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, Emanuele Galati Sardo «inseriva, a favore dei beneficiari stessi, false attestazioni di conduzione dei terreni all’insaputa dei proprietari, procurando agli indagati e alle società loro riferibili illeciti profitti a danno dell’Agea e dell’Unione Europea".
07,00 - E’ in corso dall’alba di oggi una maxioperazione dei carabinieri del Ros e della Guardia di Finanza di Messina che stanno eseguendo 94 arresti nel messinese.
Tra le persone colpite dal provvedimento del Gip, oltre a vertici e affiliati del sodalizio mafioso, anche imprenditori e pubblici amministratori.
Si tratta della più importante operazione contro i clan mafiosi messinesi dei Nebrodi. Sono oltre 600 i militari coinvolti nell’operazione chiamata ‘Nebrodi’ e che è stata coordinata dalla Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia. Oltre 150 le imprese sequestrate. I particolari dell’operazione saranno resi noti alle 11 nel corso di una conferenza stampa a cui parteciperà anche il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho.
Puntavano sui soldi dell’Unione europea i clan, che avrebbero intascato indebitamente fondi per oltre 5,5 milioni di euro mettendo a segno centinaia di truffe all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), l’ente che eroga i finanziamenti stanziati dall’Ue ai produttori agricoli. A fiutare l’affare milionario sono stati i clan storici di Tortorici, paese dei Nebrodi, i Batanesi e i Bontempo Scavo, che, anche grazie all’aiuto di un notaio compiacente e di funzionari dei Centri Commerciali Agricoli (Cca) che istruiscono le pratiche per l’accesso ai contributi europei per l’agricoltura, hanno incassato fiumi di denaro. I due clan, invece di farsi la guerra, si sono alleati, spartendosi virtualmente gli appezzamenti di terreno, in larghissime aree della Sicilia ed anche al di fuori dalla regione, necessari per le richieste di sovvenzioni.
Gli indagati sono in tutto 194. Delle 94 misure emesse 48 sono provvedimenti di custodia cautelare in carcere, le altre di arresti domiciliari. In cella sono finiti i vertici delle famiglie mafiose dei Batanesi e dei Bontempo Scavo, gregari, estortori e «colonnelli» dei due clan storici dei Nebrodi. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, truffa aggravata, intestazione fittizia di beni, estorsione, traffico di droga. L’indagine coinvolge anche imprenditori e professionisti insospettabili come un notaio accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il gip di Messina che ha emesso l’ordinanza, Sergio Mastroeni, ha analizzato oltre 30mila pagine di atti giudiziari. L’indagine è stata condotta dai carabinieri del Ros, del comando provinciale di Messina e del Comando Tutela Agroalimentare e dai Finanzieri del Comando provinciale di Messina.
La truffa si basava sulla individuazione di terreni «liberi» (quelli, cioè, per i quali non erano state presentate domande di contributi). A segnalare gli appezzamenti utili spesso erano i dipendenti dei Cca che avevano accesso alle banche dati. La disponibilità dei terreni da indicare era ottenuta o imponendo ai proprietari reali di stipulare falsi contratti di affitto con prestanomi dei mafiosi o attraverso atti notarili falsi. Sulla base della finta disponibilità delle particelle, veniva istruita da funzionari complici la pratica per richiedere le somme che poi venivano accreditate al richiedente prestanome dei boss spesso su conti esteri. «La percezione fraudolenta delle somme — scrive il gip Mastroeni — era possibile grazie all’apporto compiacente di colletti bianchi, collaboratori dell’Agea, un notaio, responsabili dei centri Cca, che avevano il know-how necessario per procurare l’infiltrazione della criminalità mafiosa nei gangli vitali di tali meccanismi di erogazione di spesa pubblica e che conoscevano i limiti del sistema dei controlli».