La condanna a complessivi 72 anni di carcere è stata chiesta dai pm della Dda di Palermo Pierangelo Padova e Gianluca De Leo per quattro dei 14 presunti mafiosi affiliati alla “famiglia” di Marsala arrestati dai carabinieri il 10 maggio 2017 nell’operazione “Visir”.
La pena più severa (24 anni di carcere) è stata invocata per Michele Giacalone, imprenditore edile, di 50 anni, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di tentata estorsione in danno di un’altra impresa che si era aggiudicata un appalto pubblico.
Diciotto anni sono stati chiesti, invece, Alessandro D’Aguanno, di 28 anni, e quindici anni ciascuno per Andrea Antonino Alagna, di 40, e Fabrizio Vinci, di 49, entrambi di Mazara. Alle richieste dei pm Padova e De Leo si sono associati anche i legali delle parti civili ammesse dal Tribunale di Marsala (presidente Vito Marcello Saladino, a latere Maniscalchi e Agate) nel processo ordinario “Visir”: Sicindustria e Associazione antiracket e antiusura Trapani, rappresentate dall’avvocato Giuseppe Novara, l’Associazione antimafie e antiracket “La Verità Vive” di Marsala, con l’avvocato Giuseppe Gandolfo, la LiberoFuturo di Palermo e i fratelli Francesco e Salvatore Billeci, con gli avvocati Francesca Tolomeo e Giuseppe Accardo.
Le arringhe difensive inizieranno il 28 gennaio. Il primo a parlare sarà l’avvocato Luigi Pipitone, che assiste (con la collega Chiara Bonafede) Giacalone, D’Aguanno e Alagna. Legale di Vinci, invece, è l’avvocato Vincenzo Catanzaro. Gli altri dieci coinvolti nell’operazione “Visir” hanno scelto il rito abbreviato e l’11 luglio 2018 sono stati condannati, in primo grado, dal gup di Palermo Nicola Aiello ad oltre 114 anni di carcere. La pena più severa (16 anni) è stata per il presunto “reggente” della cosca di Marsala: Vito Vincenzo Rallo, 60 anni, pastore, con già tre condanne definitive per mafia sulle spalle. Tra gli altri condannati, Nicolò Sfraga (14 anni), Vincenzo D’Aguanno (12 anni e 8 mesi), Michele Lombardo, Simone Licari e Ignazio Lombardo (12 anni). Nella requisitoria, i pm Padova e De Leo hanno sottolineato la rilevanza della famiglia mafiosa marsalese, tanto che “il capo del mandamento di San Giuseppe Jato è venuto più volte a Marsala, che da periferia si fa centro, per discutere con Vito Vincenzo Rallo”. De Leo ha, poi, affermato che le prove raccolte contro i personaggi alla sbarra sono “numerosissime”. Evidenziate anche le “tensioni interne”, che sarebbero state sedate solo grazie al pesante intervento del latitante Matteo Messina Denaro.