La mafia in Sicilia investe in droga e scommesse. E' questa la sintesi sullo stato della lotta alla criminalità organizzata in Italia, nella relazione semestrale della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia.
Nel documento si analizza l'attività dei gruppi storici della criminalità italiana, le novità e anche i reati ambientali "in preoccupante estensione" poiché coinvolgono "trasversalmente, interessi diversificati" e va ad "interferire sull'ambiente e sull'integrità fisica e psichica delle persone, ledendone la qualità della vita".
I crimini ambientali ad esempio sono “in preoccupante estensione” poiché coinvolgono “trasversalmente, interessi diversificati” e va ad “interferire sull’ambiente e sull’integrità fisica e psichica delle persone, ledendone la qualità della vita”. La gestione illegale dei rifiuti, dicono gli analisti della Direzione investigativa antimafia, “è purtroppo in costante espansione ed oggi appare ancor più superfluo affermare quanto essa rappresenti uno dei settori di maggiore interessi per le organizzazioni criminali, attratte da profitti esponenziali e di difficile misurazioni”. Ma se questo è possibile non è solo colpa dei mafiosi: “Nei reati connessi al traffico illecito dei rifiuti si intrecciano condotte illecite di tutti i soggetti che intervengono nel ciclo, dalla raccolta allo smaltimento: non solo elementi criminali, ma anche imprenditori ed amministratori pubblici privi di scrupoli“.
In sostanza, l’illegalità ambientale è un fenomeno che “si alimenta costantemente grazie all’azione famelica di imprenditori spregiudicati, amministratori pubblici privi di scrupoli e soggetti politici in cerca di consenso, nonché di broker, anche a vocazione internazionale, in grado di interloquire ad ogni livello”. Quanto ai tentativi delle cosche di mettere le mani sugli appalti per la raccolta dei rifiuti, “particolarmente aggressivi – dice la Dia – si sono rivelati i tentativi di condizionamento delle procedure di appalto attraverso le intimidazioni in danno di imprese concorrenti, ma anche attraverso accordi e relazioni con esponenti delle istituzioni locali e del mondo imprenditoriale”. Quando, invece, i tentativi si sono realizzati nella fase di esecuzione dei contratti, i clan “hanno imposto alle imprese aggiudicatarie del servizio di raccolta e smaltimento l’assunzione di manodopera, l’affidamento di attività connesse al ciclo dei rifiuti ad imprese riconducibili alle organizzazioni criminali o il versamento di quote estorsive per evitare il danneggiamento ritorsivo dei mezzi d’opera”.
Sul fronte della criminalità organizzata siciliana, la Relazione segnala un rafforzamento dei rapporti tra esponenti di alcune famiglie storiche di Cosa nostra palermitana, i cosiddetti “scappati”, con la Cosa nostra americana. Le indagini hanno, infatti, dato conferma dell’evoluzione dei rapporti tra Cosa nostra e gli “americani”, ovvero i perdenti della guerra di mafia contro i corleonesi. Molti di loro, tornati a Palermo, hanno recuperato l’antico potere mafioso, forti anche degli storici rapporti con i boss d’Oltreoceano, stringendo addirittura accordi con l’ala corleonese. Sul fronte interno, si registra uno scenario mafioso caratterizzato da un impellente bisogno di un nuovo assetto e di risolvere l’annosa questione della leadership. La solidità, l’influenza criminale, la capacità militare ed il peso “politico” delle singole famiglie, dei mandamenti e delle rispettive strutture di vertice ricoprono un ruolo fondamentale per la definizione dei rapporti di forza e, di conseguenza, per l’individuazione delle nuove strategie e dei nuovi equilibri.
Il traffico di stupefacenti resta per la Mafia siciliana “una delle più remunerative fonti di ricchezze contanti”. Un settore criminale “nel quale consolidare alleanze e, quindi, consolidare il proprio ruolo negli assetti criminali; una possibilità di riaccreditarsi nella filiera al fine di costituire propri canali di approvvigionamento sicuri e continuativi, fornendo, peraltro, occupazione nelle diverse attività. In un quadro come quello descritto le città di Palermo e Catania continuano a ricoprire un ruolo di centralità nei flussi di hashish dalla Campania e di cocaina dalla Calabria, per la redistribuzione sui mercati isolani (ed anche maltesi, come sembrano suggerire i ripetuti sequestri di stupefacenti avvenuti nel porto di Pozzallo e in quello Stato)”. In una regione in “stagnazione economico produttiva, che mortifica le aspettative soprattutto della popolazione giovanile – si sottolinea nella relazione – trova terreno fertile la spregiudicata aggressività delle consorterie criminali che si nutrono delle risorse della Regione, ove invece esse potrebbero prosperare in un ambito di sana incentivazione all’imprenditoria e di leale concorrenza“.