L'Unabomber di Pantelleria Roberto Sparacio, l'ingegnere informatico palermitano di 51 anni, è capace di intendere e volere e lo era al momento degli attentati. Si trova in condizioni patologiche che non hanno subito modificazioni sostanziali e dunque ha la possibilità di partecipare coscientemente al processo ed è compatibile con il carcere. Lo ha stabilito la perizia psichiatrica e psicologica sull'uomo e i periti non escludono che possa ripetere i fatti di cui è accusato.
I dottori Gurgone e Cutini hanno confermato in udienza gli esiti dei loro accertamenti peritali, affermando che “… Roberto Sparacio al momento della commissione dei reati aveva capacità di intendere e di volere integre …. le condizioni patologiche di Roberto Sparacio, sussistenti all’epoca dei fatti persistono ad oggi e non hanno subito sostanziali modificazioni …. Roberto Sparacio è in grado di partecipare coscientemente al processo sotto il profilo della comprensione dell’oggetto processuale e sotto il profilo della capacità di controllo della realtà …. Le sue attuali condizioni di mente sono perfettamente compatibili con lo stato detentivo in strutture carcerarie …”.
Le parti civili del processo sono l’ispettore Gian Camillo Aceto, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Trapani, ed il pantesco Andrea Policardo. All’udienza di ieri sono stati ascoltati i consulenti tecnici nominati dall’imputato, dott. Maurizio Marguglio (psichiatra) e dott. Alessandro Meli (psicologo).
L’esplosione in Procura a Trapani - L’8 ottobre del 2018 Sparacio ferì l’ispettore di polizia Gianni Aceto in Procura a Trapani, mentre stava indagando sul mittente che aveva inviato, nel 2016, una busta all’avvocato Monica Maragno, che insospettitasi del fatto che il mittente indicato non avesse confermato l’invio, la consegnò all'Ordine degli Avvocati. Dall'ordine partì l'esposto, ma solo dopo due anni furono fatte le indagini che portarono alla verifica della penna Usb e al grave ferimento di Aceto, non appena collegò la pen drive al pc.
Gli altri episodi criminali - Nell’estate del 2016, Roberto Sparacio, a Palermo, prese a pugni uno dei suoi difensori, responsabile, secondo lui, di non aver agito al meglio per evitare la vendita all’asta di un suo appartamento. Oltre alla pen drive scoppiata in Procura a Trapani, Sparacio confeziona un altro ordigno pen drive, questa volta con obiettivo una persona che aveva comprato all'asta un appartamento della famiglia. La stessa dinamica accade a Palermo nel mese di Luglio del 2016. Sparacio invia una busta anonima al pub dove lavorava l'acquirente. Un ragazzo trova la busta, attacca la pen drive al pc e ci rimette due dita. Da questo episodio i poliziotti capiscono che la tecnica è la stessa, e collegano gli episodi di Palermo e Trapani e intuiscono il movente.
Le lesioni al dipenente - Stessa cosa accade per Andrea Policardo un suo dipendente che voleva fare causa per alcuni stipendi non pagati. Sparacio gli avrebbe provocato lesioni personali gravissime, (ustioni chimiche di secondo grado). Ha cosparso il sedile del mezzo meccanico sul quale lavorava il Policardo di una sostanza chimica altamente tossica e nociva (iprite) provocandogli così immediati effetti fisici devastanti.
Attentato al capo dell’ufficio tecnico - Roberto Sparacio, nel corso del primo interrogatorio svolto dal giudice di Trapani Caterina Brignone, vuotò il sacco confessando anche, fatto gravissimo, di essere stato lui ad inviare la cassetta esplosiva nel 2001 al geometra del Comune di Pantelleria Giuseppe Gabriele. Non fu la mafia ma Sparacio ad inviare la cassetta esplosiva all’ufficio tecnico. A diciotto anni di distanza si scoprì che non furono Antonino (detto Nenè, nel frattempo deceduto) e Antonio Messina, padre e figlio, a confezionare la video cassetta esplosiva che fece saltare tre dita all’allora capo dell’ufficio tecnico del Comune di Pantelleria Giuseppe Gabriele, (40 anni allora) ma Roberto Sparacio. Una vicenda, quella della video cassetta, che nel 2001 portò ad altre indagini sui Messina, che poi alla fine furono condannati a 11 anni, Nené, e a 4 anni e mezzo Antonio, mentre il Comune di Pantelleria venne sciolto per infiltrazioni mafiose e per tre anni venne governato da una Commissione straordinaria. La video cassetta esplosa fu ritenuta un avvertimento mafioso. Ma di mafia non c’era nulla e quell’errore errore costò a Pantelleria la macchia di Comune mafioso e un costo enorme sia per la sua immagine che per la spesa di tre anni di amministrazione commissariale. Lo stesso sindaco Alberto Di Marzo, arrestato allora con accuse gravissime fu poi assolto e risarcito.
Come si è arrivati a catturarlo - Per arrivare a Sparacio è stato utilizzato anche un agente sotto copertura del Servizio Centrale Operativo. Aveva messo in vendita su Subito.it due manuali di chimica e un manuale per la realizzazione di materiale esplosivo (in inglese). L'agente acquista i libri, e nel pacco Sparacio manda pure il materiale necessario per creare esplosivi. Costo: 250 euro. Tra l'altro Sparacio voleva inviare le fotocopie, anzichè gli originali e l'agente ha dovuto insistere nella trattativa.