Siate curiosi, andate in profondità, fatevi le domande.
E’ la preghiera che don Luigi Ciotti rivolge da anni ai ragazzi.
Ed eccola la domanda:
“Il nostro comune è uscito da poco da un commissariamento per mafia – dice uno studente – Anche nella nostra città esiste un presidio di Libera. Quali attività e progetti ha svolto per il contrasto alle mafie proprio qui, dove c’è più bisogno?”.
Nessuna risposta.
Don Ciotti, dall’aula magna del liceo scientifico di Castelvetrano, in uno dei suoi tanti incontri prima della Giornata della Memoria e dell’Impegno del prossimo 21 marzo a Palermo, non risponde.
Raccoglie le altre cinque domande che i ragazzi gli rivolgono dalla sala e poi parla per quasi due ore di seguito, senza nemmeno sfiorare la questione posta dallo studente.
Una svista?
No, in questi ultimi anni sono diverse le cose accadute a Castelvetrano, di cui Libera non ha parlato.
Dagli arresti dell’operazione Ebano, allo scioglimento del comune per mafia, fino agli arresti dell’ex sindaco Errante e dell’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto, nell’operazione Artemisia dell’anno scorso in cui, un presunto difetto di competenza territoriale ha prodotto il “liberi tutti” delle 27 persone arrestate.
Persone che erano state arrestate, ironia della sorte, proprio il 21 marzo, lo stesso giorno della Memoria e dell’Impegno.
Certo, qui la mafia non c’entra nulla. Ma Libera non è soltanto “contro le mafie”, è anche contro la corruzione. E su Artemisia non ha mai detto niente di Lo Sciuto, accusato dalla Procura della Repubblica di Trapani di ottenere “consensi elettorali attraverso concessioni di false pensioni di invalidità”.
Si dirà che al momento non c’è nemmeno una condanna in primo grado e che la giustizia deve ancora fare il suo corso. Vero.
L’antimafia sociale però dovrebbe essere diversa da quella giudiziaria. Non dovrebbe aspettare le sentenze per prendere una posizione e condannare i comportamenti, a prescindere dalle rilevanze penali.
Ma niente, su Castelvetrano nessun accenno. Né da parte di don Ciotti, né da parte del referente locale.
A proposito, chi è? Nessuno lo sa.
In aula non c’era. E almeno fino ad oggi, non è presente nemmeno nel sito di Libera, dove troviamo i diversi presìdi: di Agrigento, di Marsala, di Alcamo... Ma non quello di Castelvetrano.
Però un referente locale c’è, si chiama Filippo Cirabisi.
Qualche traccia della sua presenza la si può trovare nelle carte per la concessione di un locale comunale da parte dell’allora sindaco Felice Errante, in occasione della presentazione di un libro, nel febbraio del 2017.
Oppure in un comunicato stampa del comune di Partanna del 26 luglio scorso, in occasione della commemorazione della morte di Rita Atria.
Insomma, se si fa fatica trovare il nome del referente, figuriamoci “le attività e i progetti svolti da Libera a Castelvetrano per il contrasto alle mafie”.
Un po’ di anni fa invece, la referente del presidio di Libera Castelvetrano era la dottoressa Maria Teresa Nardozza Buccino, una molto attiva.
Insieme ad un gruppo impegnato, tra le altre cose, inviavano comunicati stampa sulle operazioni antimafia che avvenivano nel territorio, parlavano di ambiente, di salute pubblica, erano critici nei confronti del potere locale.
Un bel giorno, nel 2014, la referente viene cacciata con una mail del dirigente regionale, proprio come farà Don Ciotti con Franco La Torre nel 2015 (Anzi, il figlio di Pio La Torre, che dal 2002 faceva parte della presidenza nazionale di Libera, è stato cacciato con un sms).
E agli altri attivisti di Castelvetrano viene imposto di non fare più comunicazioni a nome del presidio locale.
Un azzeramento seguito da un silenzio che dura fino ad oggi, nonostante le richieste di confronto che il gruppo aveva indirizzato allo stesso don Ciotti. Al quale è giunta perfino una lettera firmata da una ventina di persone, tra le quali anche Don Meli, prete di frontiera e punto di riferimento del difficile quartiere Belvedere, nella periferia sud della città.
Ma niente da fare, don Ciotti non risponde.
E dopo un periodo di guida provinciale ad interim, la nuova riorganizzazione di Libera, indotta dall’alto, “produce” un nuovo responsabile: Leo Narciso.
Che però sarà costretto a dimettersi, dopo aver fatto inopportunamente da mediatore tra un ladruncolo ed uno dei fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro. La vicenda, (qui i dettagli) è descritta dagli inquirenti nelle carte dell’operazione Eden2 del 2014, quando Leo Narciso (che, precisiamo, non ha avuto alcun ruolo di rilevanza penale nell’inchiesta) fece incontrare il presunto ladruncolo col pluripregiudicato Giuseppe Fontana, i cui genitori avevano subito un furto di soldi e gioielli. Il presunto ladro era già stato punito con un pestaggio da parte di alcuni uomini della famiglia mafiosa arrivati da Palermo, che lo avevano abbandonato pieno di sangue al ciglio della strada. Ma la refurtiva non era saltata fuori.
Libera rispose con un laconico comunicato stampa, in cui “in attesa di ulteriori chiarimenti” avevano accolto la lettera in cui Leo Narciso si sospendeva da socio e da responsabile di Libera Castelvetrano.
Era il periodo delle domande:
Perché il gruppo dirigente è stato azzerato? Perché lo si è fatto d’imperio, imponendo il silenzio? E soprattutto perché nessuna risposta agli inviti ad incontrarsi e alle continue richieste scritte di chiarimento?
Se si vuole davvero che i beni confiscati alla mafia ritornino alla collettività, perché si vuole fare a meno di chi, nel presidio locale, conosce bene il territorio?
Non sarebbe bene che chi di competenza, desse delle spiegazioni all’opinione pubblica?
Le spiegazioni (diffuse in privato) furono quelle più comode e prevedibili: macchina del fango.
Una macchina, evidentemente super coordinata.
Don Ciotti, infatti, non risponde nemmeno a Sigfrido Ranucci di Report, che gli aveva chiesto un’intervista per offrirgli la possibilità di spiegare i silenzi su Antonello Montante ed Ivan Lo Bello, paladini della finta rivoluzione di Confindustria siciliana contro la mafia.
Nel 2016, invece, i giornalisti di Meridionews gli avevano chiesto quale fosse la posizione di libera dopo le accuse a Montante e lui si era augurato che “Antonello” potesse “dimostrare la verità”. E che bisognava essere molto attenti “perché… un pochettino… lo vedo anche nei riguardi di Libera che ci sono delle semplificazioni, dei giudizi, del fango che arriva… una manipolazione della verità…”
Al riguardo, Attilio Bolzoni, che si occupa di mafia dagli inizi degli anni Settanta, scrive nel suo libro “Il padrino dell’antimafia”:
“Possibile? Ma che c’entra uno come don Luigi con uno come Montante? E’ davvero con quel modello di antimafia, dopo tanti e tanti anni di grandi battaglie civili, che Libera può dialogare? Che c’entra la nobile storia di Libera con quegli incroci e quei kit con le Camere di Commercio di Lo Bello?”.
E ancora:
“Perché quell’antimafia grida nelle piazze e poi si struscia nei palazzi? Perché non accetta mai la seppur minima critica, trasformandola odiosamente in macchina del fango? Perché negli ultimi anni ha perso il suo ruolo di avanguardia?”.
Da anni, don Ciotti invoca “un’informazione che scavi dentro”. A patto che però non scavi dentro Libera.
Se no è fango.
Egidio Morici