“Noi non siamo al potere per il potere ma per servire l’Italia. Ci serve un partito plurale, ricco di aree di pensiero, solidale, che dia valore e dignità agli iscritti, che li renda protagonisti dei processi decisionali”.
Egregio Segretario,
le sue parole sono pienamente condivisibili. Peccato, però, che le sue azioni si discostano da esse. Allo stato attuale, così come in passato, gli iscritti non sono affatto protagonisti dei processi decisionali. Le scelte vengono imposte dall’alto e le assemblee, a qualsiasi livello, quando si svolgono, finiscono per essere solo strumenti per ratificare decisioni già assunte.
Nel suo intervento parla di “dieci mila assemblee, almeno una per ogni comune”.
Ma è a conoscenza che in tanti comuni della Sicilia, forse anche dell’intera Italia, manca da anni il Coordinatore comunale? Così come manca quello provinciale e in Sicilia anche quello regionale, considerato che il Commissario, nominato in sostituzione del Segretario autoproclamato, esiste solo di nome.
Prendere consapevolezza delle proprie debolezze è fondamentale per poterle superare.
È velleitario considerarsi grandi, quando grandi non si è. E non può considerarsi un successo, su cui adagiarsi, la vittoria in Emilia-Romagna. La strada da percorrere è molto lunga, nonché irta, ma va percorsa perché, citando Maurizio Macaluso, “il PD ha una grande responsabilità dinanzi al Paese”. La invito, pertanto, a dare sostanza alle sue parole.
Che cosa significa “dare dignità e valore agli iscritti”?
Se poi, quando un’iscritta le scrive, Lei non risponde.
Se poi, arbitrariamente, si decide di non effettuare le sostituzioni dei membri dimissionari in seno agli organi statutari.
Se poi un’iscritta che si rivolge alla Commissione nazionale di Garanzia non riceve risposta.
È così che si intende dare dignità agli iscritti? Ignorandoli?
Allego, alla presente, la nota che Le ho inviato nel mese di dicembre 2019 alla quale ha scelto di non rispondere e, per completezza, anche quella che avevo inviato alla Commissione nazionale di Garanzia. Immagino, avrà pensato che non fosse importante rispondere ad una ignota signora … oppure … avrà calcolato che era preferibile non rispondere. Medesima valutazione avranno fatto i membri della Commissione nazionale di Garanzia, che leggono per conoscenza.
Talvolta, infatti, quando mancano gli elementi per controbattere, rimanere in silenzio diventa l’unica scelta possibile.
Se le dà fastidio sentire parlare del PD come “vecchio arnese”, provi a cambiarlo, provi a farlo diventare uno strumento nuovo, capace di coinvolgere coloro che, non avendo più fiducia, hanno deciso di rinunciare ad un diritto faticosamente conquistato: il diritto di votare.
Faccia … facciamo in modo che il PD possa crescere, non per soddisfare la velleità di avere un partito al 42%, ma per il bene dell’Italia, perché è più che mai necessaria una forza democratica. E siccome la crescita di un partito è imprescindibile dal funzionamento dei circoli locali, il Congresso che ha annunciato deve essere un “vero Congresso”, non una farsa per ratificare la scelta dell’alleanza con il M5S, voluta da qualche suo amico parlamentare, né la scusa per epurare dalla Segreteria Nazionale qualche membro poco gradito.
Il Congresso deve portare al rinnovamento degli organi statutari comunali, provinciali, regionali, oltre che nazionali, ed il tutto si deve svolgere nel rispetto delle regole, perché se un partito non è in grado di rispettare le regole che esso stesso si è dato non può proporsi al Paese per governarlo. E se si appiattisce sulle idee degli altri, rinnegando la propria identità non cresce, scompare.
Un partito che ha come vocazione la difesa del lavoro e della dignità che da esso deriva, non può allearsi con chi, per conquistare consenso, ha sfruttato il disagio delle persone ed ha promosso la diseducativa misura del reddito di cittadinanza.
Un partito che ha come obiettivo la promozione di uno sviluppo ecosostenibile, non può allearsi con chi pensa che si debba vietare qualsiasi attività e si mostra ostile alle infrastrutture, sognando la cosiddetta “decrescita felice”, che di fatto porterebbe solo ulteriore povertà.
Questi sono solo due esempi, potrei continuare ma rischierei di diventare noiosa. Sintetizzando mi preme ribadire che bisogna non perdere di vista le proprie idee. Anche e soprattutto quando è più difficile difenderle.
Se il partito democratico deve essere “ricco di aree di pensiero”, la voce dei gruppi minoritari deve essere ascoltata e valutata, non dogmaticamente ignorata.
È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per sé stessi. (Tahar Ben Jelloun).
*****
Ci sono cose che si fanno perché si vogliono,
altre che si vogliono perché si arriva alla consapevolezza
che, inevitabilmente, si debbono fare.
Far parte di una comunità implica l’obbligo morale di collaborare per la tutela e la crescita di quella comunità, che può essere la propria famiglia, la propria classe, la propria squadra, la propria città, la propria nazione o il proprio partito.
Per questo motivo non è mai mancato il mio impegno civico, pur rimanendo, fino a dicembre dello scorso anno, scevra da vincoli di partito. Non per caso, non per apatia ma per scelta. Perché volevo rimanere lontana da strutture bigotte, interessate solo a sviluppare logiche di potere, piuttosto che a trovare soluzioni per assicurare condizioni di vita migliori per i cittadini.
Dicembre 2018 è il momento in cui arriva la consapevolezza che, inevitabilmente, si deve fare un nuovo percorso. La gravità della situazione in cui si trova l’Italia con un governo ove regnano incompetenza da una parte e becera intelligenza dall’altra, l’intelligenza di chi fomenta odio e investe nella paura, impone di cambiare passo. Non si tratta di scelte politico-amministrative poco condivisibili, da criticare e modificare nel momento in cui si avrà la possibilità di farlo, in una naturale alternanza dialettica delle parti politiche. Si tratta di un’azione destabilizzante che ha risvolti sulla tenuta democratica del Paese e sulla capacità di rimanere umani.
In questo contesto non è più possibile fare ciò che si vuole, ossia “rimanere fuori” e guardare, dall’esterno, la lenta fine di un partito. Quel partito va salvato perché serve, perché può rappresentare uno strumento fondamentale per tutelare la democrazia.
Può … se cambia … se nasce davvero … se riesce a diventare una struttura capace di inglobare al suo interno tutti coloro che vogliono impegnarsi per porre un argine al populismo e al sovranismo.
E siccome non si può astrattamente chiedere, dall’esterno, che cambi, che nasca per davvero. Bisogna entrare e provarci a cambiarlo.
Nel dicembre 2018, dopo diverse notti insonni scelgo (non perché voglio ma perché sono consapevole che debbo farlo) di prendere la tessera del PD. Siamo nella fase delle primarie per l’elezione del Segretario. Scelgo di sostenere la mozione #SempreAvanti Giachetti/Ascani perché ritengo che per questa fase storica e per la situazione in cui si trova il PD, l’on. Giachetti, con la sua essenza di radicale, possa essere la persona più adatta. Ma, soprattutto, scelgo quella mozione perché affronta quelle criticità, a causa delle quali avevo sempre scelto di rimanere fuori.
Nella mozione si legge: “Il Partito Democratico, pensato per durare almeno un secolo, sembra vecchio solo dopo undici anni di vita; la verità è che non è mai compiutamente nato. Sospeso nella sintesi mai davvero risolta tra le storie che lo hanno originato […] mai davvero affidato nelle mani dei nativi democratici, di chi ha più storia davanti che alle spalle.” La mozione mette in risalto che non è mai stato affrontato davvero il tema della vita interna del partito, rimarca la necessità di organizzare la vita dei circoli, rendendoli luoghi aperti, accessibili, capaci di suscitare la voglia di partecipazione e di raccogliere le criticità e i feedback dei cittadini. La sfida lanciata da quella mozione era quella di far nascere un partito capace di coinvolgere i suoi elettori, un partito che facesse davvero contare i suoi iscritti.
Pensavo e continuo a pensare che la tenuta del Partito Democratico dipenda, inevitabilmente, dal concretizzarsi di tali obiettivi, a prescindere da chi riveste il ruolo di Segretario. La sinistra riformista è a un bivio, o diventa operativa, smettendo di abdicare al proprio ruolo, o scomparirà. Ed è bene che metta da parte il meccanismo dell’autodistruzione, una vocazione suicida che si concretizza con lotte intestine che finiscono solo per agevolare le parti politiche opposte e danneggiare i cittadini.
Si tratta di invertire la tendenza, di rivoluzionare un modus operandi rivelatosi dannoso, oltre che inefficace.
Novembre 2019 - altro momento di consapevolezza. Decido di rinnovare la tessera perché so che il cambiamento auspicato non si è ancora realizzato. D’altra parte, un anno è un tempo troppo breve per invertire una tendenza. Per rivoluzionare un modus operandi e cambiare l’atteggiamento delle persone ci vuole tempo. Non è facile, come cambiare uno Statuto. Quello si fa in un giorno, basta convocare un’Assemblea.
Preg.mo Segretario
Auspico voglia scusarmi se l’ho tediato con questa lunga premessa, ma era necessario per illustrare il disagio che io, da cittadina, provo ogni giorno nel constatare che i partiti non sono più le strutture di un tempo. Parecchi giovani che non avevano la fortuna di poter frequentare la scuola sopperivano a quella carenza frequentando i circoli che, essendo luoghi di incontro e di confronto, contribuivano a formare le nuove generazioni, educandole al rispetto per gli altri … per tutti gli altri, anche quelli che la pensavano diversamente. Oggi non è più possibile imparare questi sani principi all’interno dei partiti. Purtroppo, nemmeno all’interno del Partito Democratico.
Ho inviato una nota alla Commissione Nazionale di Garanzia, chiedendo a tale organismo di verificare se l’approvazione del nuovo Statuto sia legittima o, piuttosto, non risulti viziata ab origine, considerato che l’Assemblea Nazionale, il 17 novembre 2019, non si trovava nel suo plenum, poiché non si era preventivamente provveduto ad effettuare la surroga dei componenti dimissionari.
Rivolgermi alla Commissione Nazionale di Garanzia era un passo che non avevo voglia di fare, tuttavia, ero consapevole che fosse giusto farlo per difendere la mia dignità e quella di tutti gli iscritti, gli elettori e i cittadini che hanno dato la loro disponibilità, impiegando parte del loro tempo per sostenere una mozione.
Una mozione che era diversa dalla sua, ma aveva la stessa finalità della sua, perché anche essa mirava a migliorare e far crescere il Partito Democratico. L’elevato numero di partecipanti alle Primarie non si è raggiunto solo grazie a coloro che erano iscritti nelle liste a sostegno del candidato alla Segreteria risultato vincente. Anche gli altri, che si trovavano nelle altre liste, hanno dato il loro contributo, per quello che hanno potuto. Sarebbe stato un atto di cortesia e di eleganza politica riconoscerlo, invece si è preferito umiliarli, ritenendo che non fosse nemmeno necessario provvedere alla sostituzione dei membri dimissionari. La fretta spasmodica di approvare immediatamente un nuovo Statuto, senza aver preventivamente eseguito le procedure previste, lascia basiti.
Rimane l’amaro in bocca perché non si trattava nemmeno di trovare una furberia per sopperire ad una maggioranza risicata che metteva a rischio l’approvazione.
No, la maggioranza era più che alta con i 653 delegati di Zingaretti e i 228 di Martina. A chi potevano fare paura i 119 delegati di Giachetti? A nessuno. Eppure, si è deciso di non sostituire i membri dimissionari. Credo che si sia persa un’occasione per dimostrare di essere signori.
Non meravigliatevi se le persone non prendono la tessera e non votano più il Partito Democratico. È solo una naturale conseguenza del Vostro comportamento.
Pina Santoro