60 mila imprese del settore ambulante rischiano la chiusura se non si riapre al più presto. È l'allarme lanciato da Fiva-Confcommercio, federazione italiana dei venditori ambulanti, che chiede che il settore venga incluso nei codici Ateco per le attività consentite di commercio al dettaglio. Per mercati e fiere, se non si riapre in tempi brevi, seppur con gradualità e rispettando tutti i protocolli sanitari, sarà «il tracollo».
«Abbiamo diligentemente seguito le disposizioni del governo, delle istituzioni locali e delle autorità sanitarie e scientifiche ma ora siamo esasperati», avverte il presidente di Fiva-Confcommercio, Giacomo Errico. Il settore delle attività di commercio su aree pubbliche conta 176 mila imprese con circa 400 mila tra titolari, dipendenti e collaboratori. Ma le imprese, evidenzia l'associazione, non sono strutturate sul piano economico per sopravvivere in queste condizioni e il danno lo pagheranno anche le famiglie e i consumatori che non avranno più un servizio utile e di prossimità che questa tipologia di vendita ha sempre assicurato in tutte le città.
«Non siamo invisibili e vogliamo tornare a lavorare, ma le amministrazioni locali devono salvaguardare al massimo le attività degli operatori su aree pubbliche», sottolinea Errico, chiedendo che «vengano azzerati i tributi per l'occupazione di suolo pubblico e la tassa sui rifiuti. È un paradosso: siamo chiusi e paghiamo le tasse». E sollecita «provvedimenti concreti» e «regole certe per riaprire e chiarezza nel caos dei codici Ateco, perché è davvero incomprensibile che tra le attività consentite di commercio al dettaglio non sia contemplato il comparto di vendita su aree pubbliche».