di Marcello Benfante, con le tavole di Gianni Allegra
IX
CALA IL SIPARIO
O Pamela, questo è il bene dell’esser dimezzato: il capire d’ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza.
(Italo Calvino, «Il visconte dimezzato»)
Era appena l’alba quando ci recammo alla Vucciria, con un thermos di caffellatte e una mezza dozzina di millefoglie all’uva passa, per dare il buongiorno al nostro Diogene.
Sapevamo delle sue abitudini mattiniere e della sua consueta colazione, ma non potevamo stabilire con certezza dove avesse passato la notte. Era infatti un vagabondo assoluto, benché abbastanza metodico nel suo nomadismo razionale. A seconda delle condizioni meteorologiche sceglieva un rifugio dove pernottare, sempre nel quartiere della Loggia, sotto un piccolo attendamento che erigeva al momento con un telo di cerata, come una specie di pellerossa o di sgangherato campeggiatore.
Di solito, tuttavia, si accucciava in un cantuccio di cartoni, se mi è consentita l’allitterazione, a Piazza Garraffello. Ed è lì, dopo una nottataccia insonne e movimentatissima, che andammo a cercarlo con i nostri modesti doni gastronomici da Re Magi-camerieri, ancorché in ranghi ridotti. Lo trovammo a ridosso di Palazzo Mazzarino, dove nacque il padre del famigerato cardinale francese, avvolto in una coperta leggera, benché la temperatura fosse piuttosto rigida. Il suo inseparabile zaino fungeva da ruvido cuscino.
Era già sveglio e contemplava – ci disse – la livida aurora che gradualmente si tingeva di rosa. Si stiracchiò con indolenza gattesca, sollevandosi lentamente dal suo misero giaciglio. I suoi occhi insondabili ebbero un riflesso metallico. Un lampo tagliente, forse disperato, come di chi non accetta la dura realtà dopo le lusinghe del sogno.
- Oh, le mie povere ossa... mi sento a pezzi. È l’umidità che mi acciacca. Questo posto d’altronde conserva la memoria dell’acqua: gharraf in arabo vuol dire “ricco d’acqua”, e qui i genovesi eressero nel 1591 la bella Fontana del Garraffello...
- Mi perdoni, Professore, ma non potrebbe trovare riparo in una casa? – osai chiedergli.
- Le case sono prigioni, mio caro. E talvolta le prigioni sono case. Non fanno comunque per me.
- Almeno potrebbe coprirsi un po’ meglio. Questo plaid sbrindellato è insufficiente. Si espone troppo ai morsi dell’addiaccio.
- Sono freddoloso ma non sopporto coperte troppo pesanti. Mi sembrano lapidi tombali. Sapete, la cosa che temo di più è di essere seppellito vivo...
- Come Edgar Allan Poe...
- E come Leonardo Sciascia.
- Già, anche lui. Non deve essere un caso.
- Per cui ho espresso nel mio testamento la volontà di essere cremato. Vorrei che le mie ceneri fossero disperse al vento dalla cima di Monte Pellegrino, che come sapete è un antichissimo luogo sacro...
Sorridemmo, involontariamente, all’idea che un barbone potesse fare testamento, ancorché spirituale, com’era presumibile. Il Professore se ne avvide e forse un po’ se ne risentì.
- Non pensiate che io sia un nullatenente. Povero sì, ma non del tutto privo di averi. Sappiate che alcuni amici conservano cose preziose che mi appartengono. Ovviamente bisogna intendersi sul significato dell’aggettivo preziose. Tutto è relativo, va da sé. Per esempio, percepisco l’aroma del caffè, e in questo momento non riesco a immaginare niente di più desiderabile...
E così dicendo ci porse una sua ciotola primordiale in cui volle che versassimo il caffellatte, sostenendo che la plastica dei bicchierini che avevamo portato ne corrompesse il sapore.
Il Professore gradì moltissimo i nostri generi di conforto (d’altronde, li avevamo acquistati nel suo bar preferito nei pressi di piazza San Domenico). Ma si sbrigò a consumarli perché era curioso di sapere il motivo della nostra visita quasi antelucana. Anche noi eravamo ansiosi di raccontargli i fatti accaduti nella strana notte appena conclusa.
Cominciò il mio amico, che aveva finalmente assunto un atteggiamento nuovo, di maggiore considerazione e rispetto.
- Bene, seguendo le sue istruzioni ci si siamo recati al “Colapesce”. Abbiamo cenato, devo dire con piena soddisfazione, e abbiamo assistito allo spettacolino offerto ai commensali e a un piccolo pubblico di avventori. Con minore soddisfazione, in verità. Il comico era patetico, la cantante stonata, l’illusionista un pasticcione. Dei criminali, nel loro campo. Tuttavia non del tipo che cercavamo.
Ma giunti al momento del balletto pseudo-ispanico, chiamiamolo così, abbiamo finalmente capito tutto, vedendo i ballerini per metà agghindati da fogge maschili e per metà femminili. Che stupidi a non averci pensato prima!
- È sempre così, mio caro: omne ignotum pro magnifico...
- Concesso: a cose fatte sembra tutto più semplice. Ma proseguiamo. A questo punto, seguendo sempre le istruzioni, abbiamo atteso che il numero finisse e che i ballerini lasciassero il palcoscenico. Abbiamo allora chiesto all’ispettore Cascavallo di accertare l’identità dell’ultimo ballerino uscito di scena. A proposito, poi ci spiegherà perché proprio l’ultimo... ad ogni modo, lo abbiamo interrogato in camerino... domande molto generiche, se conosceva il ragioniere Grevaglio, se aveva udito lo sparo e altre cose di questo tipo, vaghe, circonlocutorie, tutt’al più allusive, forse con un implicito tono minaccioso...
- E lui?
- È crollato subito. Non ha retto la tensione e motiva. Dopo un attimo di interdizione, ha tentato la fuga, strattonandoci disperatamente. Ma il buon Cascavallo, che è solido come una roccia, lo ha ben presto immobilizzato e ammanettato. In Questura il nostro ballerino bifronte, al secolo Rosario Bonadonna, di anni trentuno, ha confessato tutto, dimostrandosi molto collaborativo. Cascavallo sa essere molto persuasivo, in certe circostanze...
- Certo, suppongo che questo Bonadonna non sia un vero criminale. Un’altra vittima, si può dire.
- In effetti aveva contratto un debito con quel cravattaro di Grevaglio che, a causa degli interessi galoppanti, non riusciva più a restituire. Aveva imboccato un vicolo cieco... praticamente disoccupato, costretto a improvvisarsi ballerino, con esiti discutibili, per usare un eufemismo, e talvolta perfino gigolò, soprattutto per anziane turiste in cerca di emozioni... insomma una brutta storia.
- E così si è improvvisato anche boia.
- Non proprio improvvisato, in un certo senso. In passato è stato una guardia giurata e ha prestato servizio presso una banca. Poi ha perso il posto per un sospetto di complicità in una rapina, a causa di un comportamento un po’ troppo passivo. Insomma, la pistola sa maneggiarla abbastanza bene, quando vuole. Sicuramente meglio di come balla... Insomma i conti tornano: l’imputazione dispone dei basilari elementi del mezzo o modo, dell’occasione o dell’opportunità, del movente o motivo.
- O per dirla con un vecchio film, l’arma, l’ora e il movente. A proposito, la pistola è stata ritrovata?
- Non ancora. Per la precisione si tratterebbe di una rivoltella, una calibro 22. Il che corrisponde alla perizia balistica. Il Bonadonna sostiene di averla gettata in un cassonetto dell’immondizia.
- Mossa piuttosto incauta...
- Da dilettante, direi. D’altronde il Bonadonna, come abbiamo detto, non è un delinquente abituale. Il suo stesso coinvolgimento indiretto nella rapina alla banca non è stato mai dimostrato. In conclusione, un balordo che ha preteso di fare il passo più lungo della sua gamba – sentenziò Ferraù assumendo la posa (anzi, la pom-posa) dell’esperto investigatore, soddisfatto dell’esito dell’inchiesta.
Io invece morivo dalla voglia di apprendere con quale procedimento logico il Professore aveva compreso, restando peraltro sulla strada, da itinerante decifratore di enigmi, come si erano svolti i fatti.
- Adesso tocca a lei, Professore, raccontare la sua versione della vicenda. Ci dica come diavolo ha fatto...
- Oh no, il diavolo, probabilmente, sta dall’altra parte, da quella del delitto. Io mi affido agli angeli, nei miei rari momenti mistici, che talvolta hanno la benevolenza di sussurrarmi all’orecchio un gentile suggerimento. Ma soprattutto faccio conto sulla mia testa, ancora per fortuna abbastanza lucida, nonostante le offese oltraggiose della sorte e del tempo.
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Per leggere le puntate precedenti:
Il duplice assassino di Via della Clessidra. Una burla /1
Il duplice assassino di Via della Clessidra. Uno strano caso /2
Il duplice assassino di Via della Clessidra. In cerca dell'uomo /3
Il duplice assassino di Via della Clessidra. Disarmonie prestabilite /4
Il duplice assassino di Via della Clessidra. Ercole al bivio /5
Il duplice assassino di Via della Clessidra. Istruzioni per l'uso /6
Il duplice assassino di Via della Clessidra. Al Colapesce /7