Hanno tirato su le saracinesche le attività produttive del Comune di Marsala, tanta speranza e qualche lacrima di emozione, il viso segnato dalla preoccupazione.
Molti di loro sanno che c’è una lunga strada da percorrere, non sarà facile per le prossime settimane.
I negozi di abbigliamento fanno i conti con la merce primaverile non venduta, i magazzini pieni e l’estate appena iniziata, i cittadini hanno pochi soldi da spendere. Una catena che può entrare, se già non lo è, in corto circuito.
Anche per i bar e i ristoranti è la stessa cosa. I bar del centro hanno visto un discreto numero di clienti ieri mattina, hanno consumato la colazione dentro il locale, poi è tornata la fase down: poche persone, niente aperitivi e niente pranzi. Il banco del bar è rimasto pieno di cibo.
I ristoratori non hanno aperto il 18 maggio, del resto le linee guida sono arrivate domenica sera, troppo poco tempo per potersi organizzare.
Molti di loro lamentano tutta una serie di adempimenti, da una parte si contrasta e si previene il Covid-19 dall’altra parte i cittadini non sono incentivati ad andare a mangiare fuori: diventa quasi un incubo.
Un noto ristorante del centro storico faceva 118 coperti prima del lockdown, adesso al massimo ne potrà fare 30, niente antipasti al buffet: sono vietati. I tavoli possono essere massimo di sei, anche quando si è in due non ci si potrà sedere l’uno di fronte l’altro ma sfalsati di un posto.
Insomma, andare a cena o pranzo fuori non sarà così semplice, non sarà un piacere.
Al ristorante, al di là del cibo pronto che arriva sul tavolo, ci si va per trascorrere del tempo in allegria, in relax, con la famiglia o gli amici, colloquiando.
All’arrivo bisognerà stare seduti con la mascherina e togliersela solo quando verranno servite le portate, finito di mangiare bisognerà indossare nuovamente la mascherina, a quel punto il cliente deciderà di andare, via magari rinunciando al dolce o al secondo giro di amaro o di caffè. Saranno più le volte che il cliente deciderà di restare a casa che andare a cena fuori, troppi adempimenti e poca convivialità.
Dal canto suo un ristoratore, che è abituato a servire 118 coperti e se ne ritroverà 30, non potrà garantire tutto il personale, sarà chiamato a fare delle scelte, qualcuno resterà a casa senza lavoro e senza stipendio, possibilmente sarà costretto ad aumentare anche i prezzi, dovrà pur mandare avanti la baracca.
A questo si aggiunge il fatto che l’occupazione del suolo pubblico, che potrebbe essere una valida risposta, si accompagna ad un problema: alle attività di ristorazione si richiede di essere in regola con i pagamenti delle tasse locali, altrimenti non è possibile avere il suolo pubblico gratis per come invece viene ripetuto.
Eppure questa è una situazione di emergenza, lo dice un ristoratore in preda anche alla confusione del momento.
La dura lotta alla sopravvivenza è iniziata, il 18 maggio è solo una data che non equivale con la ripresa dell’economia.