Uno degli effetti collaterali della pandemia da COVID-19 e del conseguente lockdown imposto dalle autorità di tutto il mondo è stato il crollo della domanda di mercato in alcuni specifici settori. Ad esempio, è sin troppo ovvio che l’industria automobilistica sia da annoverare tra i comparti che hanno dovuto stringere maggiormente la cinghia dall’inizio del 2020: immatricolazioni quasi azzerate (con numeri da tregenda soprattutto per quanto riguarda il mese di aprile), mercato dell’usato bloccato, vendita di componentistica e accessoristica di ricambio ridotta ai minimi termini.
Insomma, se da un lato il blocco della circolazione di auto e motoveicoli ha dato una mano all’ambiente (seppure con risultati ben al di sotto delle aspettative), dall’altro ha sferrato un colpo durissimo a un settore che, solo in Italia, secondo le stime dell’ACEA (Association des constructeurs Européens d'automobiles, l’associazione che dà voce alle aziende impegnate nella produzione di autoveicoli), dà lavoro a oltre 160.000 persone (più di due milioni e mezzo in tutta l’Unione Europea, con la sola Germania che sfonda ampiamente il muro delle 850.000 unità).
A questo fenomeno ne va aggiunto un altro, che potrebbe determinare, sul lungo periodo, degli effetti contraddittori: quello dell’aumento di furti d’auto, soprattutto quelle lasciate incustodite – o comunque poco o nulla sorvegliate, o anche solo parcheggiate lungo una strada pubblica e non all’interno di una proprietà privata – dai proprietari durante il lockdown. Interi veicoli, o parti degli stessi, sono stati trafugati nel corso dell’isolamento di massa, spesso letteralmente sotto il naso dei legittimi possessori: i quali, chiusi in casa, non avevano la percezione di ciò che stava succedendo a pochi metri da loro. La desertificazione delle strade, e dunque l’assenza di potenziali testimoni, ha completato un quadro sin troppo vantaggioso per i malintenzionati. In un’ottica di mercato, ciò si traduce in una domanda: i proprietari delle auto rubate o danneggiate ricorreranno a un investimento per sostituire il mezzo o le parti mancanti dello stesso, o daranno la priorità a spese più urgenti in un periodo finanziariamente delicato? Dalla risposta che verrà desunta nei prossimi mesi dai comportamenti della popolazione si potrà ricavare anche un indice dello stato di salute finanziario degli italiani.
Nel frattempo, con la progressiva riapertura della libera circolazione di cittadini nelle strade, anche il traffico automobilistico si è rimesso in moto, e con esso il mercato dell’automotive. I concessionari riaprono, ma nel frattempo gli italiani (ma forse il discorso andrebbe esteso su scala globale) hanno definitivamente scoperto il mercato online. Infatti, è principalmente grazie a esso che le pur ridotte transazioni hanno consentito a molte aziende del settore di mantenere i bilanci in ordine durante la fase critica della pandemia. Gli italiani in particolare hanno iniziato a rivolgersi sistematicamente a siti come Autodoc per le loro necessità, a partire dalla richiesta di autoricambi: inizialmente sono stati soprattutto i professionisti del settore (autotrasportatori, grosse aziende di delivery, tassisti), ma negli ultimi tempi il trend è diventato virale anche per i semplici fruitori di mezzi a motore.
Sarà dunque l’e-commerce a salvare il settore dell’automotive da una crisi che si preannuncia tanto inevitabile quanto profonda? Come accennato, saranno i dati dei prossimi mesi a dare una risposta certa. Tuttavia, i cosiddetti indicatori spingono fortemente in questa direzione, a dimostrazione che la tesi della “conversione” degli italiani, da consumatori classici a consumatori telematici, è tutt’altro che priva di fondamento.