di Domenico Cacoapardo
Turbato da eventi personali, non sono stato capace di fermarmi per il tempo necessario per dedicare un mio scritto a Nino De Vita, il poeta marsalese che l’8 giugno ha compiuto 70 anni.
Lo faccio oggi, in ritardo, contando sull’amicizia di Tp24.
Non una postfazione, naturalmente, per la quale non avrei altro titolo che l’amicizia, solo una piccola riflessione assumata alla superficie dei pensieri e dei sentimenti solo dopo che la festa s’è compiuta.
Condivido tutto ciò che in questi giorni è stato scritto su De Vita. Che è esaustivo salvo che per un punto che intendo richiamare. E concordo con l’entusiasmo che manifestò -nel suo modo ritroso e allusivo- nei suoi confronti, il 27 settembre 2003 (il giorno prima del black-out elettrico nazionale) Vincenzo Consolo che quella sera me l’avrebbe presentato.
Ci sono tanti poeti contemporanei, anche siciliani e importanti. Salvatore Quasimodo - che amo per motivi anche familiari (è stato compagno di scuola di mio padre e di mio zio) - è stato un grande poeta, che ha travalicato la sicilianità, immergendosi nell’Italia e nella temperie partigiana.
Nino De Vita, a sua volta, è il cantore della Sicilia nei termini in cui nessuno prima di lui lo è stato. Da Cutusìo, una piccola frazione vicina allo Stagnone, ha elevato a universalità un mondo (un vero “Tiatru”) che senza di lui giacerebbe inanimato dietro le quinte della vita. Benché le versioni in italiano -e immagino- nelle lingue straniere perdano le musicalità corrive e talora aspre dei suoi versi, esse, in ogni caso, ci danno l’idea della profonda capacità di penetrare la Sicilia e i suoi attori, le sue comparse.
Per questo, De Vita è il cantore che non c’è stato prima.
Mi onoro di essere suo amico.