Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
03/08/2020 00:30:00

  Le infiltrazioni della criminalità organizzata dopo il lockdown

L’ultima relazione semestrale della Dia, analizza, nella parte intitolata “Speciale Covid-19”, gli obiettivi a medio termine che si pone la mafia per l’invasione dei territori stroncati dalla crisi economica.

E’ abbastanza chiaro che essa punti a capitalizzare il massimo profitto finanziario sui mercati nazionali e internazionali. La relazione della Dia - confermando ciò che scriviamo da mesi - rileva un pericolo in continuo e costante aumento. L’evoluzione delle mafie si è perfezionata al punto da consentirle di riuscire a percepire in anticipo ogni variazione del sistema economico e sociale. Questa “speciale” peculiarità le permette di adeguarsi alle necessità contingenti dell’economia in crisi e di riuscire a trarne il massimo beneficio possibile. Inutile far finta di nulla, il “lockdown”, su un’economia fortemente in crisi, ha già consentito alle mafie di palesarsi come sostituto dello Stato in tutte quelle politiche sociali che lo stesso non è riuscito a porre in essere. Le mafie oggi rappresentano il “welfare sostitutivo” e il “punto di riferimento economico e sociale” per chi non riceve gli aiuti da parte dello Stato. Nel silenzio più assoluto e nell’inerzia quasi totale da parte dello Stato, le mafie si sono già impadronite di piccole e medie imprese tramite la loro incalcolabile e immediata liquidità. Sostituiscono la cassa integrazione laddove non arriva, s’inseriscono nelle future competizioni elettorali, concedono prestiti di denaro a titolari di attività commerciali di piccole e medie dimensioni, divorando poi le imprese più deboli, facendole diventare strumento per riciclare i loro capitali illeciti. Le nuove mafie, purtroppo, sono sempre un passo avanti rispetto allo Stato.

Dopo il “Coronavirus” avremo sicuramente il “Coronamafia” che mieterà anch’esso numerose vittime nella società italiana. Ogni ritardo nel concedere gli aiuti di Stato necessari al mondo economico e imprenditoriale sarà un vantaggio enorme concesso alle mafie nella loro azione criminale. In una situazione simile, le organizzazioni criminali fomenteranno qualsiasi episodio d’intolleranza urbana sfruttando la situazione di disagio economico per trasformarla in protesta sociale, specie nel Mezzogiorno d’Italia. Abbiamo visto come a Napoli e a Palermo le mafie realizzano il loro “welfare sostitutivo” a quello statale, offrendo generi di prima necessità e sussidi di carattere economico. La stessa cosa avviene anche con la ndrangheta in Calabria. Tutto ciò porta alle mafie oltre all’accumulo d’ingenti guadagni economici anche all’accrescimento del consenso sociale che già hanno. Questo fa crescere la “stima” e “rispetto” per il boss mafioso sul territorio e in futuro procurerà al clan di riferimento quei “pacchetti di voti” da utilizzare in occasione di future competizioni elettorali. I settori ad altissimo rischio, dove già vi sono state infiltrazioni mafiose, sono: il settore sanitario; gli appalti e le sovvenzioni pubbliche; il settore economico-imprenditoriale. Il tutto avverrà con i metodi più complicati mediante l’utilizzo dei loro colletti bianchi che già sanno come poter vincere la battaglia contro uno Stato poco incline a volerla combattere. Si potrà forse vincere questa “nuova guerra” ma, come diceva Giovanni Falcone, non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando tutte le forze migliori delle istituzioni.

Vincenzo Musacchio


*Vincenzo Musacchio, giurista, professore di diritto penale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA) e ricercatore dell'Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.