A quasi un mese dal sequestro delle navi di Mazara del Vallo da parte della Libia, prosegue la partita tra Roma e il generale Khalifa Haftar. Familiari e marineria hanno manifestato per chiedere la liberazione dei marittimi detenuti nel carcere di El Kuefia, ma le autorità libiche hanno chiesto il rilascio di quattro connazionali condannati dal Tribunale di Catania a 30 anni di carcere e tuttora detenuti in Italia.
Familiari e marineria hanno manifestato sia a Roma, sia a Mazara del Vallo per chiedere la liberazione dei marittimi che sono detenuti nel carcere di El Kuefia, a 15 chilometri dalla città roccaforte di Haftar. Dalla sera del sequestro, avvenuto l'1 settembre scorso, i pescatori hanno perso ogni contatto con i loro parenti, salvo una telefonata fatta dal comandante del Medinea, Pietro Marrone, durante la quale, tra l'altro, esortava gli armatori ad andare a Roma.
Nel corso delle mediazioni le autorità di Haftar hanno chiesto il rilascio di quattro libici, conosciuti in Libia come calciatori, ma condannati dal Tribunale di Catania a 30 anni di carcere e tuttora detenuti in Italia. Tutti loro sono stati condannati dalla corte d'assise di Catania e poi dalla corte d'appello etnea, con l'accusa di aver fatto parte del gruppo di scafisti responsabili della cosiddetta 'Strage di Ferragosto' in cui morirono 49 migranti. La richiesta di 'scambio di prigionieri' riguarda Joma Tarek Laamami, di 24 anni, Abdelkarim Alla F.Hamad di 23 anni, Mohannad Jarkess, di 25 anni, Abd Arahman Abd Al Monsiff di 23 anni, che la notte della 'strage' avrebbero usato "calci, bastonate e cinghiate" per bloccare i migranti nella stiva dell'imbarcazione. Nel corso del processo, la loro vicenda è stata monitorata dall'ambasciata libica in Italia, partecipando anche ad alcune udienze al Tribunale di Catania. I quattro raccontarono ai giudici di aver pagato per quel viaggio, Al Monsiff disse di "giocare a calcio nella serie A, aveva deciso di andare in Germania per avere un futuro, impossibile in Libia a causa della guerra". L'ipotesi nell'immediato non venne confermata dalla Farnesina, ma nei giorni seguenti il Ministro degli Esteri, Luigi di Maio, rispondendo sull'argomento, disse: "non accettiamo ricatti sui nostri connazionali".
Nel corso dell'unica telefonata concessa dai libici il comandante Pietro Marrone ha informato l'armatore e i suoi familiari che tra le accuse contestate dalle autorità di Haftar c'è anche il traffico di droga: "Hanno trovato droga a bordo, ci accusano di questo". Nella stessa conversazione l'armatore Marco Marrone rispondeva: "È chiaro che vogliono alzare l'asticella". Nelle stesse ore in cui le famiglie dei pescatori di Mazara del Vallo sono a Roma per cercare di incontrare il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sono spuntate delle foto con cui, secondo gli stessi pescatori, il generale cerca di "incastrarli" e aumentare la posta del negoziato con Roma: dieci involucri di colore giallo, disposti su due file a terra davanti al peschereccio Medinea. Nessuna conferma però da parte della Farnesina, che assieme all'intelligence, sta lavorando al rilascio dei pescatori.
"La situazione è davvero complessa, ma abbiamo i primi timidi segnali di un inizio di dialogo. La trattativa vera e propria sappiamo che è complicata, noi siamo ottimisti che possa partire il prima possibile ma la pazienza della comunità dei pescatori di Mazara del Vallo è terminata, adesso i nostri uomini devono tornare a casa", ha detto ieri il sindaco di Mazara, Salvatore Qunci.
Nella stessa giornata Haftar ha fatto diramare un tweet dal Libyan Address Journal: "Il generale afferma che i pescatori non saranno liberati se non avverrà prima il rilascio dei calciatori libici".
#LIBIA: pescatori italiani nelle mani di Haftar
— ivo camicioli (@ivocamic) September 25, 2020
che alza la posta
FDI : "che fa il Governo per garantire la sicurezza della pesca in acque internazionali?"
ESCLUSI DALL"AREA DEL MEDITERRANEO
Si permetterebbero di sequestrare una nave inglese o francese?https://t.co/KQMSHA6s0I