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03/02/2021 13:51:00

Marsala. Il duplice omicidio a Samperi senza colpevoli: assolto nell’appello bis Domenico Centonze

 Domenico Centonze, 45 anni, allevatore, cugino del capomafia ergastolano marsalese Natale Bonafede, è stato assolto dalla Corte d’assise d’appello di Palermo dall’accusa di duplice omicidio.

Con questa imputazione, Centonze era stato condannato a 20 anni di carcere sia in primo grado (gup di Marsala con rito abbreviato) che in secondo (Corte d’assise d’appello di Palermo). Quello conclusosi oggi è, infatti, il processo d’appello bis ordinato, poco meno di un anno fa, dalla Cassazione, che annullò la condanna, rinviando ad altra sezione della Corte d’assise d’appello di Palermo. Domenico Centonze, tornato in libertà dopo la pronuncia della Cassazione, era accusato (insieme al cugino Pietro Centonze, di 51 anni, condannato in primo grado a 20 anni e poi assolto in appello) del duplice omicidio dei tunisini Rafik El Mabrouk e Alì Essid, di 31 e 34 anni, uccisi con due colpi di fucile, la notte del 3 giugno 2015, in contrada Samperi, tra Marsala e Mazara, di fronte l’ex distilleria Concasio. Le due vittime, i cui corpi caddero a terra in uno spiazzo trasformato in discarica abusiva, viaggiavano su un ciclomotore. Adesso, il duplice omicidio rimane senza colpevoli. A difendere Domenico Centonze sono stati gli avvocati Luigi Pipitone, Luca Cianferoni e Salvino Mondello.

Dalle indagini dei carabinieri di Marsala era emerso che la notte in cui fu commesso il duplice omicidio, all’interno del night “Las Vegas” di Mazara del Vallo, una delle due vittime, Rafik El Mabrouk, ebbe un violento diverbio con Domenico Centonze, che nel locale sarebbe arrivato in compagnia di una ballerina romena, che poi si sarebbe intrattenuta con il nordafricano, scambiandosi i numeri di telefono. La gelosia, quindi, per l’accusa, sarebbe stato il movente dell’omicidio. I cugini Centonze sono, a loro volta, cugini del capomafia ergastolano Natale Bonafede. Nel processo d’appello bis a Domenico Centonze, la difesa è tornata naturalmente a giocarsi le carte sulle quali puntò per ottenere l’annullamento romano. Studiando, infatti, gli atti di un altro procedimento (operazione antimafia “Visir”), e in particolare le attività di intercettazione e videoriprese, la difesa, Luigi Pipitone in testa, ha sostenuto che la ricostruzione dei movimenti dei due imputati effettuata dai carabinieri di Marsala non coincide con quanto emerso dalle intercettazioni del Ros.

Secondo la difesa, insomma, non v’è alcuna certezza che i cugini Centonze, al momento dell’omicidio, fossero nella zona di Samperi. E per cercare di dimostrarlo si sono avvalsi anche di consulenti del calibro dell’ex generale dei carabinieri Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma, e di Pietro Indorato, esperto in traffico telefonico. Riuscendo, però, solo in parte, nel primo processo d’appello, a convincere i giudici. E cioè per il solo Pietro Centonze (difeso dall’avvocato Diego Tranchida). Pietro Centonze che in passato è stato arrestato e processato per associazione mafiosa, ma poi fu assolto da questa accusa, anche se condannato a due anni e mezzo per favoreggiamento di boss latitanti. Adesso, i difensori di Domenico Centonze esprimono “grande soddisfazione, anche perché le numerose attività di indagine difensiva, che poi hanno fondato la tesi difensiva, hanno consentito di giungere al meritato risultato per il compimento di un processo basato sullo sforzo di approfondire la prova scientifica secondo metodi innovativi, che ha portato a svelare tutta la debolezza delle accuse”.