Al porticciolo di Marinella di Selinunte, i lavori sono fermi e le mareggiate incalzano.
Le ruspe, dopo aver accatastato i vecchi basolati di cemento della banchina di terra, crollata nel 2018, si sono fermate: il progettista dell’impresa si è accorto che per finire l’intervento ci vogliono più soldi. Insomma, una classica variante al progetto originario, aggiudicato per circa 500mila euro.
Mezzo milione che sarebbe dovuto servire, oltre che per il rifacimento di questa banchina, lunga più di 50 metri, anche per l’illuminazione, lo scalo d’alaggio e qualche altra cosetta.
Lavori che non riguardano l’allungamento dei moli per evitare l’ingresso della posidonia, di cui da tempo si parla. Per quelli, infatti, occorrerebbero ancora determinate autorizzazioni.
All’orizzonte della prossima estate, quindi, il “nuovo” porto è meno che un miraggio se i lavori non riprenderanno al più presto.
Ed è difficile che possano riprendere senza l’accoglimento della nuova variante da parte della Regione.
Ecco, potremmo chiamarla la “variante siciliana”. Che dalle parti di Castelvetrano preoccupa più di quella inglese o di quella brasiliana, anche perché si è sempre diffusa con una velocità superiore a qualsiasi contagio.
I lavori non sono di competenza comunale ma, come si diceva, regionale.
In tanti avevano ringraziato Toni Scilla (oggi assessore all’Agricoltura e Pesca della giunta Musumeci) che si era interessato per risolvere il problema dei pescatori.
Da queste parti è così, ci vuole un politico che “si interessa”.
E proprio mentre stavano raccogliendo il frutto del suo interessamento, nel 2018 è crollata la banchina, sotto il peso delle ruspe e già indebolita da interventi incompleti fatti in passato dalle precedenti amministrazioni comunali.
Sfortunato il porto. Sfortunato Scilla. Che nel novembre del 2019 aveva detto: “Penso che entro il 2020 si potrà parlare di un nuovo porto a Marinella di Selinunte”.
Non aveva torto. Nell’agosto 2020, infatti, quando consegnarono i lavori per la riqualificazione disse che “Stamani abbiamo dimostrato che la politica che sappiamo fare è una cosa seria e che manteniamo gli impegni che prendiamo”.
Oggi però i lavori di rifacimento della banchina sono ancora… in alto mare.
Ecco perché il sindaco di Castelvetrano ha chiesto un incontro con l’assessore regionale alle Infrastrutture Falcone, con Musumeci, col Genio Civile e col comandante della Capitaneria di Porto di Mazara del Vallo, facendosi anche portavoce sia della comunità marinara che degli operatori turistici preoccupati “che auspicano, nella prossima stagione primavera/estate – ha scritto Enzo Alfano - di ritornare alle loro attività con un porto funzionante ed attrattore e non con un cantiere ancora aperto e maleodorante”.
Oggi, ci sono i vecchi pezzi della banchina accatastati all’ingresso del porto lato terra e, più spostata, c’è anche la montagna di alghe (e tanto altro) accatastata dentro lo specchio d’acqua.
Ma da più di dieci anni, a Selinunte si alternano bonifiche da “somma urgenza”, progetti più o meno faraonici del nuovo porto ed interventi strutturali inconcludenti.
Tutti targati, questi, dalle vecchie amministrazioni comunali di Castelvetrano.
Ricordiamo le bonifiche da 107 mila euro nel 2012, da 148 mila euro nel 2010 e da 80 mila euro nel 2009.
E poi ci sono i tentati rimedi “definitivi”: il varco nel molo di ponente, per fare uscire le alghe che entrano dall’imbocco principale, da 86 mila euro. E siccome da quel buco non è mai uscita nemmeno un’alga, ma è entrata la sabbia, ecco la saracinesca da alzare o abbassare secondo le correnti. 30mila euro.
E siccome avevano sbagliato a progettarla (o a costruirla, difficile a dirsi, perché il progetto nel frattempo è sparito) e non si abbassava fino in fondo, fermandosi a pelo d’acqua, ecco la soluzione: posizionare delle rocce davanti al varco, in modo da tapparlo.
Ma alghe e sabbia passavano lo stesso. Ed allora, meglio “riparare” la paratia: 12mila euro.
E se andiamo un po’ più indietro, troviamo la gru per la movimentazione delle barche: 100mila euro nel 2007. Mai utilizzata, troppo bassa.
E se non la utilizzi per troppo tempo, si rompe: 5mila euro di riparazione nel 2010, prima della definitiva dismissione nel 2013.
Oggi è diverso, il comune è in dissesto.
Ma la Regione no. E si attendono le varianti.
Dopo la “somma urgenza”, c’è l’urgenza di una somma.
Egidio Morici