Attorno agli Enti locali siciliani spesso c'è l'influenza di Cosa nostra. Lo dice la Direzione investigativa antimafia al Parlamento con la sua ultima relazione.
“Il lockdown ha rappresentato l’ennesima occasione per sfruttare la situazione ed espandersi nei circuiti dell’economia legale e negli apparati della pubblica amministrazione”. Nelle regioni del Sud sono aumentati i reati di riciclaggio, corruzione, e anche gli scambi elettorali politico-mafiosi e la "grande disponibilità di liquidità" i padrini hanno foraggiato aziende in crisi, gestito appalti, pagato mazzette. I boss, dunque hanno approfittato di questi di pandemia.
“Le consorterie criminali esercitano la propria azione soprattutto attraverso rapporti opachi con le pubbliche amministrazioni”, scrivono gli investigatori.
Fondi pubblici rimangono l'obiettivo di boss e loro sodali, puntano con ogni mezzo. Nel biennio 2016-2017, sono stati distribuiti circa 270 milioni di euro ad una platea di 15.494 beneficiari – scrive la Dia oggi diretta da Maurizio Vallone - senza un apprezzabile riscontro positivo negli indicatori produttivi e innovativi delle imprese agricole e zootecniche siciliane”.
Per la DIA Matteo Messina Denaro continua a mantenere, in provincia di Trapani, il potere nelle sue mani. “Occorre, tuttavia, ribadire che, benché u siccu continui a beneficiare di un solido e diffuso sentimento di fedeltà da parte di molti sodali, non mancano segnali di insofferenza - si legge nella relazione -. Alcuni affiliati sono scontenti di una gestione di comando troppo impegnata a curare una sempre più problematica latitanza e a fronteggiare la forte e costante pressione determinata dalle attività investigative finalizzate, in larga parte, a disarticolare l’ampia rete di protezione di cui il latitante gode da decenni”.
"Cosa nostra continua a presentarsi, nell’area occidentale della Sicilia, come un’organizzazione verticistica, coordinata e strutturata in famiglie raggruppate in mandamenti anche se impossibilitata a ricostituire un organismo di vertice deputato alla regolazione delle questioni più complesse e delicate” - si legge nella relazione -. A Palermo è stata bloccata la riorganizzazione della Cupola, ma i padrini non rinunciano a coordinarsi in altro modo: “I risultati delle indagini - scrive la Dia - mostrano come, da una parte, l’organizzazione avverta il bisogno di tornare al rispetto di tradizionali regole storiche, dall’altra sembra verosimile il prosieguo di una fase di interregno durante la quale le componenti più prestigiose si confronteranno per assumere un nuovo assetto, sia pur in linea con la concertata, attuale, configurazione orizzontale”.
C'è preoccupazione per le prossime scarcerazioni dei boss. Altri mafiosi stanno finendo di scontare il loro debito con la giustizia: “Le numerose scarcerazioni previste nel breve periodo – rileva la Dia – potrebbero ulteriormente rimodulare gli equilibri mafiosi ed ispirare scelte strategiche, in ordine a una struttura criminale che vive una fase comunque critica di ricambio generazionale”.