Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
27/09/2021 16:28:00

Quando la verità diventa un atto rivoluzionario...

 Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario -George Orwell-. L'aforisma non era assolutamente conosciuto dallo scrivente, lo ha letto sulla foto copertina di una utente Facebook. Il social oltre ad essere luogo quasi sempre impunito di odio e insulti, lo è anche di conoscenza e riflessioni, se ne esplicitano alcune. L'era pandemica che viviamo lo conferma, la verità è che il pensiero pentastellato "uno vale uno" è stato foriero di disastri, perchè di certo io non valgo come Anna Grassellino, Sergio Abrignani, Massimo Pastore, Luana Rondinelli, Salvatore Inguì o Giuseppe Prode. Non è una giustificazione affermare per la classe dirigente politica quando si smaschera la loro incapacità: "perché gli altri?" È terminato il tempo di accontentarsi del meno peggio oppure, come consigliava Indro Montanelli alle vigilia delle elezioni politiche del 1976 in cui temeva il sorpasso del PCI sulla DC, di votare la balena bianca, turandosi il naso. Anche perché a Botteghe Oscure il segretario era un certo Enrico Berlinguer, non proprio uno stalinista, fautore dell'indipendenza dalla Madre Patria l'URSS, lo conferma l'idea del compromesso storico, e autore della geniale concezione della "questione morale".

Poi a volte gli eventi travolgono i protagonisti oppure i presunti amici d'ideali, li tradiscono una volta raggiunto il potere. E decisamente pertinente il motto per il medico rivoluzionario Ernesto Che Guevara, il quale lottò accanto a Fidel Castro e sconfisse la dittatura di Fulgencio Batista a Cuba, per poi accorgersi che il leader maximo aveva tradito i principi del comunismo e criticò pubblicamente il suo asservimento a Mosca. Il Che nel saggio "la guerra de guerrillas" scritto subito dopo la rivoluzione cubana, sintetizzando affermò che la guerriglia è un metodo efficace solo contro i regimi totalitari, dove è impossibile condurre un'opposizione civile e legale - come la dittatura Batista a Cuba -.Guevara dedicò il libro al suo compagno Camilo Cienfuegos deceduto poco prima della pubblicazione, "che avrebbe avuto il compito di leggerlo e correggerlo, se il destino non gli avesse impedito di farlo...". Andò via da Cuba, non condividendo la realizzazione del comunismo sovietico e provò ad attuare la rivoluzione nell'ex Congo belga e poi in Bolivia. La sincerità del Che fu quella di far comprendere ai compagni africani e sudamericani che la CCCP non era né il comunismo e men che meno il socialismo, bensì un regime d'assolutismo.

Per la corte d'Assise e d'Appello di Palermo la cosiddetta trattativa stata-mafia non c'è stata, assolvendo i tre ex ufficiali del Ros Mori, Subranni, De Donno e l'ex senatore di Forza Italia Dell'Utri e questa è la verità giudiziaria ed ha rivoluzionato la sentenza di primo grado di condanna. Probabilmente in queste ore sarà un atto rivoluzionario rammentare la verità giudiziaria che l'ex presidente del Bacigalupo calcio di Palermo è stato dichiarato colpevole con sentenza passata in giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il fratello di Borsellino, Salvatore ha dichiarato: "Paolo è morto invano". Si attendono le motivazioni. È una verità rivoluzionaria affermare che è un'altra vicenda opaca della storia italiana repubblicana o rammentare il ritardo della perquisizione del covo di Riina dopo il suo arresto?

Vittorio Alfieri