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23/09/2022 07:21:00

Processo per incendio doloso a Mazara. Prove "contaminate"

 Un cappellino trovato sul luogo dell’attentato incendiario e le scarpe del sospettato autore, poi mandato sotto processo, per otto mesi, prima di essere analizzati dal Ris, sono stati nello stesso plico. E quindi ci potrebbe essere stata “contaminazione” tra i due reperti.

E’ quanto emerso nel processo al 67enne mazarese Lucio Giacalone, accusato dell'incendio di un mezzo di lavoro (piattaforma aerea elevabile, il cosiddetto “ragno”) di proprietà dell’imprenditore Michele Tumbiolo.

Il fatto è accaduto a Mazara il 7 agosto 2017. Il processo si tiene davanti al giudice monocratico di Marsala Giusy Montericcio e ieri sono stati ascoltati i carabinieri del Ris di Messina, che a suo tempo avevano effettuato una analisi chimica di alcuni indumenti impregnati di benzina, uno dei quali, il cappellino, era stato trovato sul luogo, mentre altri, e cioè le scarpe indossate dal Giacalone, erano state prese dopo. E in aula, su sollecitazione dell’avvocato difensore Vito Cimiotta, i militari Ris hanno confermato quanto sostenuto dal legale. E cioè che le scarpe e il cappellino sono stati conservati per otto mesi all'interno dello stesso plico, motivo per cui potrebbe esserci stata una “contaminazione”. Indubbiamente, un colpo a favore della difesa. L’incendio danneggiò le parti gommate ed elettriche del “ragno” e lo stesso autore dell’attentato, secondo l’accusa, rimase ustionato. Oltre che di danneggiamento a seguito di incendio, Lucio Giacalone è accusato anche di simulazione di reato. Secondo il capo d’imputazione, infatti, per allontanare da se i sospetti quale possibile autore dell’attentato incendiario, avrebbe infatti presentato in Commissariato denuncia contro ignoti affermando che quella notte, intorno alle 3, in via Leto, un’auto Fiat Panda lo investì, fuggendo subito dopo. Il 25 novembre potrebbero esserci la requisitoria del pubblico ministero e l’arringa dell’avvocato.