I giovani non votano. Sarò diretto e sincero: noi non votiamo, o almeno una gran parte dei ragazzi non lo fa. Non votiamo perché ci sentiamo pesci fuor d’acqua, che sia al bar a parlare di politica per più di due secondi o che sia dentro il seggio, a pensare e a rimuginare, chiedendoci “ma che devo fare”? Sono pochi quelli che sanno rispondere alla fatidica domanda quando si parla di voto o di politica, ma la colpa di tale mancanza giovanile non dimora in un'unica persona o aspetto, ma è equamente divisa fra ragazzo medio e politica (e dunque politici).
Partiamo da chi dovrebbe invogliare, da chi dovrebbe suscitare attrattiva, ovvero il politicante, un uomo che si presume debba sapere ciò che fa e che dice, perché dalle sue parole e dai suoi gesti dipende una grande parte della costituzione dell’idea politica di una persona. Ebbene il politico è colpevole, reo di aver commesso il fattaccio. Quale? L’essere “poco attraente”, nel vero senso della parola. Il politico non invoglia il giovane, non lo coinvolge, non lo stimola a mettersi in gioco per un bene superiore, al contrario basa i propri programmi e le proprie proposte su idee spesso obsolete o quantomeno arenate ad un passato che vede come uniche sostenitrici quelle categorie di votanti over 40. Ma andiamo ad osservare i dati: considerando la popolazione di cittadinanza italiana di 18 anni e più (stimata dall’Istat a gennaio di quest’anno), che corrisponde con qualche minima approssimazione ai circa 46 milioni di italiani iscritti nelle liste elettorali esclusi i residenti all’estero, quelli con un’età che non supera i trent’anni sono poco meno di sette milioni. In percentuale valgono il 15% del totale dei votanti.
Aggiungendo coloro che hanno tra i 31 e i 35 anni si arriva intorno ai 9 milioni e mezzo, ovvero ad una percentuale che sfiora il 21. In altre parole, quasi quattro quinti degli elettori hanno più di 35 anni. Una fotografia confermata anche dall’età media, sempre calcolata sulla quota di residenti italiani che ha compiuto la maggiore età: si aggira sui 54 anni. La causa di questi drastici dati al contempo non è solo da affibbiare al distratto politicante, bensì essa risiede anche nel giovane stesso a contatto con la politica, un pesce fuor d’acqua che nella maggior parte dei casi non è nemmeno a conoscenza di ideali e rappresentanti politici, figurarsi delle proposte.
A malincuore mi sento di affermare che molti coetanei arrivano anche a disprezzare la materia politica, spinti da discorsoni di genitori, parenti e amici carichi di astio verso la politica e verso l’atto del voto stesso, ritenuto inutile in quanto “uno fra tanti, che non può far la differenza”. Pensare ciò, per noi ragazzi, sarebbe la strada più semplice da imboccare, quella senza responsabilità, ma non quella corretta, perché alla fine, ciò che sceglieremo oggi, determinerà inevitabilmente il nostro futuro. E dunque concludo con un appello ai miei coetanei: votate! Perché molta gente ha lottato per poter permetterci di godere di tale diritto, il più personale e imprescindibile diritto a nostra disposizione, e dovremmo davvero far di tutto per sfruttarlo al meglio, non per gli altri, ma per noi stessi.
Riccardo Di Girolamo