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22/10/2022 06:00:00

Truffa e falso. Per l'ex commissario della Casa di Riposo di Marsala arriva la prescrizione

Condannato in primo grado per truffa in danno della Regione e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, l’ex commissario straordinario della Casa di riposo “Giovanni XXIII” Ignazio Genna è stato salvato in appello dall’intervenuta prescrizione dei reati contestati.

E’ passato troppo tempo dai fatti e quindi, in base ai termini di prescrizione previsti dalla legge, non sarà possibile approdare ad un giudizio. Pertanto, la Corte d’appello di Palermo si è vista costretta a sentenziare il “non doversi procedere”. In primo grado, Genna era stato condannato dal giudice monocratico di Marsala Matteo Giacalone ad un anno e 10 mesi di reclusione. Secondo l’accusa, Genna avrebbe indotto in errore la Regione inserendo nei bilanci di previsione degli anni 2013 e 2014 dell’Ipab delle voci attive ritenute false per raggiungere il pareggio di bilancio e mantenere in vita l'ente amministrato. Le indagini sono state condotte dalla Guardia di finanza, che nel 2017, in una nota, accusava Genna di avere indicato nei bilanci di previsione annuali “voci attive per importi considerevoli assolutamente aleatorie e prive di ragionevole certezza, così da simulare la regolare operatività dell’Ipab Casa di Riposo ‘Giovanni XXIII’ anche ai fini dell’ottenimento di ingenti contributi pubblici, erogati in relazione alla mera prosecuzione dell’attività d’istituto”.

L’indagine era stata avviata dalla Procura di Marsala a seguito dell’esposto inviato, nell’agosto 2013, proprio durante la gestione di Ignazio Genna, dalla direzione provinciale della Uil-fpl, a firma di Osvaldo Angileri e Giorgio Macaddino, che accusava l’allora amministratore straordinario della casa di riposo marsalese di aver “approvato un bilancio di previsione palesemente falso, basato su entrate in massima parte inattendibili e prive di pezze di appoggio contabili”.

In primo grado, a difendere il funzionario sono stati gli avvocati Carmelo Carrara e Adriana Giacalone. Adesso, Ignazio Genna ha diffuso una lunga nota in cui afferma: “Si conclude con una definitiva pronuncia di non doversi procedere e dopo 8 interminabili anni una vicenda giudiziaria che non ha prodotto vincitori ma solo vinti. Nel corso di 8 anni infatti né la parte civile né i Pubblici Ministeri che si sono succeduti sono riusciti a provare con un minimo di credibilità una qualsivoglia forma di colpevolezza del sottoscritto nella gestione della Casa di Riposo Giovanni XXIII da me gestista tra il 2013 e il 2016. Anni, questi, in cui avevo cercato con determinazione, ed anche con qualche successo, di riportare la struttura alla normalità e alla stabilità finanziaria: la struttura oltre ai normali servizi agli anziani aveva cominciato ad offrire un servizio residenziale di pronta emergenza per i senza tetto ed era diventata un importante centro migranti dando a quei giovani ragazzi un tetto ed una possibilità di integrarsi nel territorio e, al tempo stesso, garantendo alla Casa di Riposo delle entrate costanti e crescenti che stavano permettendo di ripagare in via progressiva i debiti accumulati sia verso le grandiose persone che vi lavoravano (e che per tante, troppe mensilità non avevano ricevuto stipendio) sia verso i fornitori. Non spetta a me dire se chi ha posto fine a tutto ciò, con denunce e motivazioni che si sono definitivamente rivelate del tutto prive di fondamenta, l’abbia fatto in buona o in cattiva fede. Ma sta di fatto che da quando la triste ed infondata vicenda giudiziaria è iniziata, e il sottoscritto si è visto costretto a lasciare la gestione commissariale, la Casa di Riposo Giovanni XXIII è tornata al più totale declino: le preziose collaborazioni dal sottoscritto instaurate e che tanto vantaggio avevano portato alla struttura sono andate perdute così come sono andati perduti in spese legali fiumi di soldi della struttura stessa. Soldi che pure sarebbero potuti essere usati per continuare a pagare i lavoratori ed i fornitori e che sono invece stati trasformati in fiumi di danari utili soltanto a pagare le costose parcelle degli avvocati assunti per portare avanti una causa sin dall’inizio si mostrava chiaramente infondata ed inconcludente. Una causa infondata ed inconcludente che, però, tra le ben note lungaggini della giustizia italiana, è arrivata a durare ben 8 anni prima di concludersi con un nulla di fatto per espressa pronuncia della Corte d’Appello di Palermo. Una nota va dedicata ai Commissari Mannone Francesco mio successore e all’attuale Commissario della struttura, il Sig. Angileri Antonio che, si sono costituiti parte civile contro il sottoscritto e che hanno, entrambi, dato mandato per conto della Casa di Riposo all’avvocato Bellafiore Sergio (unica figura vincitrice date le parcelle ottenute).

Costituzioni di parte civile che non hanno prodotto, come era ampiamente prevedibile, nessun risultato per la Casa di Riposo, ma solo spese. In particolare va evidenziato come il Sig. Angileri Antonio fino alla fine e con ostinazione, ha insensatamente provato a costituire la stessa Casa di Riposo quale parte civile contro il sottoscritto. Una manovra rilevata per ben due volte come priva di senso dalla stessa Magistratura della Repubblica; una manovra che era, infatti, già stata tentata e respinta dal Tribunale di primo grado così come è stata RI-tentata e RI-respinta dalla Corte d’Appello. Certamente, per finire, devo rilevare come rimanga forte il rammarico per i danni di cui sono stato vittima in questi anni: sia alla mia serenità personale, sia d’immagine, sia economici (avendo io da solo affrontato le stesse ed enormi spese legali che ha affrontato anche la Casa di Riposo Giovanni XXIII). Ma, a dire il vero, devo rilevare come io non sia stato neppure tra coloro che più ne sono usciti danneggiati da questa storia. Spero soltanto che le persone che lavoravano e che lavorano tutt’ora per la Casa di Riposo possano entrare in possesso, almeno in parte, degli stipendi (che in taluni casi arrivano anche a 70 mensilità) che non hanno mai ricevuto e che tanto dolore hanno portato nelle loro case e nelle loro famiglie. Forse un giorno, si spera, così come l’attuale Commissario è stato impegnato a pagare queste costosissime ed inconcludenti spese legali, lo stesso attuale Commissario si impegnerà con lo stesso zelo nel far fronte con serietà ai debiti accumulati verso lavoratori e fornitori. A voi solo, lavoratori della Casa di Riposo Giovanni XXIII, un abbraccio. Ho dato mandato ai miei legali di inviare gli atti processuali circa l’inammissibilità della Parte Civile alla Corte dei Conti Magistratura Contabile per quantificare il danno erariale prodotto e alla Regione Siciliana Assessorato alla Famiglia e Politiche Sociali per le conseguenze del caso”.