Rischia di diventare un processo lungo, anzi lunghissimo, quello che si celebra a Trapani sulle Ong. La fase dibattimentale, infatti, stenta a decollare nonostante ormai siano già passati cinque anni dal sequestro della nave Iuventa, battente bandiera tedesca, e più di un anno dalla notifica della chiusra delle indagini. Nell'ultima udienza, che si è svolta sabato scorso, i giudici hanno deciso per un nuovo rinvio al prossimo tre dicembre. Ergo, processo fermo al palo.
Si tratta di un processo unico nel suo genere, perchè per la prima volta sono messi sotto accusa i volontari delle organizzazioni internazionali che pattugliano il Mediterraneo cercando di salvare vite umane. Ed è per questo che la vicenda è seguita dai media di tutto il mondo. Meno, purtroppo, in Italia.
La Iuventa venne sequestrata nell'agosto del 2017. Sequestrate anche le navi Vos Hestia e Vos Prudence di Save the children e Medici senza frontiere. Ventiquattro i soggetti chiamati a rispondere di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
L’accusa è documentata da informative dello Sco, il Servizio centrale operativo del Viminale, la Squadra Mobile di Trapani e del Nucleo Speciale di Intervento della Guardia Costiera. Gli equipaggi avrebbero concordato gli “appuntamenti in mare” con le barche dei trafficanti prendendo a bordo i migranti come se si trattasse di operazioni di salvataggio. Monitorati i soccorsi tra il 2016 e il 2017, una ventina in tutto. I pm sostengono che equipaggi e Ong finiti sotto inchiesta hanno agevolato il traffico di esseri umani e aiutato i “mercanti”, con soccorsi radiocomandati e decisi con i trafficanti, scambi di telefonate e transponder spenti per impedire le localizzazioni, e con le barche riconsegnate alle organizzazioni criminali. Va chiarito, comunque, che agli atti delle indagini è già emerso un punto: tutto è stato fatto per salvare vite umane, e non c'è mai stato scambio di denaro. Se le Ong hanno violato le norme lo hanno fatto solo per fini umanitari dando precedenza assoluta alla salvezza delle vite umane.
Secondo l'accusa le navi venivano utilizzate come “taxi del mare” per fare arrivare in Italia i migranti. Accuse sempre respinte dagli interessati i cui difensori si sono appellati ad errori procedurali commessi dalla Procura di Trapani.
In pratica, secondo la tesi dei legali, le notifiche di rinvio a giudizio sarebbero arrivate in ritardo e molti degli indagati non hanno avuto il tempo di produrre le memorie difensive. Poi è anche emersa la questione delle traduzioni. Molti degli indagati non sono italiani e le loro frasi sarebbero state male interpretate. Ora si torna in aula il prossimo 3 dicembre con il rischio di nuovi rinvii dietro l'angolo.