La raffineria siciliana della russa Lukoil a Priolo, in provincia di Siracusa, consente al petrolio russo di aggirare le sanzioni americane per la guerra in Ucraina e di arrivare negli Stati Uniti, tornando a volte anche in Europa. Lo rivela una indagine del Wall Street Journal, che traccia il tragitto del petrolio russo in un video. Una volta trasformato nello stabilimento siciliano - riporta Linkiesta - il secondo più grande d’Italia e la quinta in Europa, il greggio di Mosca diventa «prodotto italiano» e sbarca negli impianti del Texas o del New Jersey. La raffineria di Priolo Gargallo è la più importante d’Italia, gestita da Isab, azienda controllata al 100% dall’azienda svizzera Litasco Sa, che a sua volta è di proprietà dell’azienda russa Lukoil, la più grande società petrolifera privata russa.
Le navi con il greggio russo arrivano a Siracusa per scaricare e caricare prodotti trasformati dall’impianto siciliano della Lukoil. Prima delle sanzioni, la raffineria Isab di Priolo trattava il greggio proveniente da vari Paesi e il petrolio russo pesava in media il 30%. Ora il 93% arriva dalla Russia, perché le banche europee hanno smesso di finanziare la Isab, dopo l’invasione russa all’Ucraina. Quasi tutto il petrolio arriva dai porti russi, soprattutto da Primorsk.
In Sicilia il petrolio russo viene raffinato, un processo che lo fa diventare «italiano», secondo una prassi consolidata che permette al greggio di cambiare in base al luogo dove viene raffinato. Il greggio viene di fatto utilizzato per produrre benzina che poi viene inviata negli Stati Uniti a gruppi come Exxon, senza violare ufficialmente le sanzioni.
L’inchiesta del Wall Street Journal, che ha fatto ricorso tra l’altro a immagini satellitari per tracciare il traffico marittimo, mostra immagini della Scf Baltica, una petroliera appartenente alla maggior compagnia russa di shipping, controllata dallo Stato e sanzionata dagli Stati Uniti, attraccata nel porto russo di Primorsk mentre a marzo caricava il greggio. La stessa petroliera viene avvistata qualche settimana dopo consegnare il greggio alla raffineria Lukoil di Priolo. Un passaggio cruciale che permette a Lukoil di far arrivare il petrolio russo fino agli Stati Uniti.
Da fine febbraio gli Stati Uniti hanno proibito l’importazione di petrolio russo, nell’ambito delle sanzioni varate per punire l’invasione russa dell’Ucraina. Anche l’Unione europea, dopo mesi di discussioni, ha deciso di seguire l’esempio di Washington e l’embargo sul petrolio russo scatterà dal 5 dicembre anche nel Vecchio Continente. Fino ad allora, però, i gruppi in Europa, Italia compresa, possono continuare a comprare il greggio russo senza problemi. Come fa la Isab di Priolo.
Ma le sanzioni Usa prevedono un’eccezione, risparmiando tutti i prodotti di origine russa che hanno avuto «una trasformazione sostanziale» in un altro Paese. E la stessa Lukoil non è stata sanzionata dagli Stati Uniti, mantenendo una presenza sul suolo americano, dove distribuisce prodotti petroliferi a 11 Stati. Può farlo perché il petrolio nel suo viaggio verso l’America si ferma in Sicilia, appunto.
Dal marzo di quest’anno la raffineria di Priolo ha esportato quasi 5 milioni di barili di prodotti petroliferi negli Stati Uniti, di cui 2,5 milioni di barili di benzina., abbastanza per fare il pieno di 7 milioni di automobili.
Il Wall Street Journal ha tracciato petroliere che hanno consegnato i prodotti raffinati provenienti dalla Sicilia a sette diversi compratori in 13 diverse location, incluso i terminali di Exxon vicino a Huston e in New Jersey. Exxon ha ribadito di rispettare le sanzioni e che tutti i prodotti in questione acquistati sono certificati italiani. Lukoil invece non ha risposto alle molteplici domande da parte del giornale.
L’embargo sul petrolio dalla Russia, che entrerà in vigore nella Ue il 5 dicembre, chiuderà il bug di Priolo nella rete delle sanzioni. Costringendo probabilmente la raffineria a sospendere l’attività, con ricadute pesanti sui lavoratori siciliani.
La raffineria di Priolo è responsabile del 20% del volume di raffinazione italiano con circa 10 milioni di tonnellate annue, che possono arrivare a un massimo di 14, e ha circa mille dipendenti. Indirettamente, l’azienda dà lavoro ad altre 2mila persone circa che, se consideriamo tutta l’area industriale di Siracusa a cui l’azienda è connessa, arrivano ad essere diecimila. Il volume finanziario generato in Sicilia è di circa 600 milioni di euro l’anno, mentre tutta l’area industriale vale il 51% del Pil della provincia di Siracusa.
Una potenziale chiusura dell’impianto avrebbe esiti disastrosi per l’economia siciliana, con effetti a cascata sul Sud Italia e gli approvvigionamenti di greggio in Italia. Il nuovo ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Russo si sta già occupando della vicenda. «Un primo provvedimento è già avvenuto, con la lettera del comitato per la sicurezza finanziaria del Mef, che certifica che l’azienda non è sottoposta a sanzioni. È un primo significativo passo, in poche ore, a cui ne seguiranno altri per creare il miglior contesto possibile perché l’azienda possa superare il passaggio decisivo del 5 dicembre e continuare la sua attività», ha detto Urso, non escludendo anche un possibile intervento per la raffineria di Priolo tramite Sace.
fonte: Linkiesta