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12/11/2022 08:44:00

C'è anche un marsalese indagato nella maxi inchiesta sullo streaming illegale

C’è anche un marsalese (A.P., di 35 anni) tra gli indagati nella maxi operazione di polizia e Procura distrettuale di Catania, denominata “Gotha”, che ha fatto luce sul 70% di streaming illegale nazionale, pari a oltre 900.000 utenti con profitti mensili per milioni di euro.

A difendere l’indagato marsalese, sospettato di essere il referente per la provincia di Trapani dell’organizzazione criminale (è accusato di associazione per delinquere finalizzata all’hakeraggio di sistemi e truffa), è l’avvocato Vito Daniele Cimiotta. Quella degli investigatori catanesi è la più grande operazione contro la pirateria audiovisiva condotta finora in Italia. Sono 70 le persone indagate, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere a carattere transnazionale, truffa, pirateria audiovisiva, trasferimento fraudolento di beni, sostituzione di persona, falsificazione di documenti e ricettazione. L’inchiesta è stata condotta dagli uomini della polizia postale e delle comunicazioni. Perquisizioni e sequestri sono stati effettuati in diverse parti d’Italia.

A Catania, Palermo, Trapani, Napoli, Salerno, Roma ma anche all’estero ed in particolare Inghilterra, Germania e Tunisia. Ed è all’estero che, hanno accertato gli investigatori, sono stati installati i server attraverso i quali poi venivano illecitamente smistati i segnali delle trasmissioni delle pay tv come Sky, Netflix, Dazn, Amazon Prime e Mediaset. Il giro d’affari dell’organizzazione sarebbe stato enorme. Si tratta di cifre che si aggirano attorno ai 10 milioni di euro ogni mese, mentre il danno causato alle pay tv è molto più grande: 30 milioni di euro di mancati introiti al mese. Gli utenti finali raggiunti dal servizio pirata sono oltre 900 mila. E tutti, adesso, rischiano una sanzione. Il costo di ogni abbonamento pirata si aggirava attorno ai dieci euro mensili che venivano pagati attraverso accrediti in card poste pay spesso intestate a cittadini ignari di ogni cosa. A volte il pagamento invece avveniva direttamente in contanti. Gli indagati non sono soltanto le menti dell’organizzazione ma anche le braccia operative. Gli uomini sul campo che si occupavano di contattare i potenziali clienti e di proporre loro l’abbonamento pirata.

I canali utilizzati erano quelli social e di messaggistica istantanea. Venivano create delle chat e poi si concordavano appuntamento o metodi di pagamento. Per gli inquirenti, comunque, quanto emerso è soltanto la “punta dell’iceberg”. Le indagini, infatti, continuano. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati server, computer e denaro contante. Gli indagati, intercettati per mesi, si paragonavano alle grosse associazioni criminali tanto era grande il loro giro d’affari. Adesso, i loro segnali sono stati oscurati.