Il reddito di cittadinanza rimane al centro dell'agenda politica del governo Meloni. Ma come cambierà dal 1º gennaio 2023? Per ora solo ipotesi, certezze non ce ne sono. Il governo Meloni non cancellerà "di netto" il sussidio ma, come già annunciato più volte, la misura verrà rinnovata con qualche novità strada facendo. L'intenzione del governo è quella di mantenere il sostegno economico per i soggetti che non sono nella condizione di lavorare, invalidi, chi non ha reddito e chi ha figli minori di cui farsi carico, andando invece a modificare l'impostazione per chi è in grado di lavorare.
Fin dalla campagna elettorale il tema è stato al centro del dibattito, tra favorevoli e contrari, con il centrodestra molto critico verso la misura cavallo di battaglia del M5s. Ma cosa sta pensando di fare in concreto il nuovo esecutivo?
Per il partito della premier Fratelli d'Italia il reddito di cittadinanza dovrebbe andare solo a chi non è in grado di lavorare. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari ha ipotizzato: "Chi ha tra i 18 e i 59 anni, senza minori a carico, ed è in grado di lavorare perderà l'assegno legato al reddito di cittadinanza, anche se non immediatamente. Lo manterranno, invece, gli invalidi, chi è in difficoltà, chi ha minori a carico senza avere adeguati mezzi di sostentamento", lo ha detto a Porta a Porta. "Ovviamente non sarà fatto immediatamente. Prima della riforma della Naspi l'assegno di disoccupazione era di 6 mesi, questo può essere un tempo congruo", ha detto.
Solo un'ipotesi, una suggestione, ma che arriva da uno dei politici più vicini a Meloni. Il sottosegretario ha poi ribadito: "Chi non può lavorare non può essere trattato come chi può. Chi non può lavorare va tutelato anche di più di oggi. Chi può lavorare va incentivato. Per questo ridurremo la platea dei percettori del reddito di cittadinanza”. Il programma elettorale di Fdi prevede in effetti, pur senza fornire dettagli, l'abolizione del reddito di cittadinanza per introdurre un nuovo strumento che tuteli i soggetti privi di reddito, effettivamente fragili e impossibilitati a lavorare o difficilmente occupabili: disabili, over 60, nuclei familiari con minori a carico.
Il sottosegretario al Lavoro, il leghista Claudio Durigon: "L'obiettivo è quello di spronare i percettori del reddito facendo capire loro che l'obiettivo non può essere incassare questo sussidio a vita ma piuttosto cercare trovare assieme allo Stato un lavoro", ha detto il leghista. Durigon è tra coloro che non escludono un possibile taglio del reddito dopo il primo rifiuto di un'offerta di lavoro congrua (attualmente al secondo rifiuto il sussidio viene revocato, in passato si doveva arrivare a tre dinieghi). Altra ipotesi circolata nelle scorse settimane prevede, dopo i primi 18 mesi di reddito, che si possa andare avanti a ricevere il sussidio al massimo per altri due anni e mezzo, ma con un décalage, ovvero con il taglio progressivo del sostegno economico. Secondo il nuovo schema proposto dalla Lega, dopo 18 mesi senza lavoro il percettore vedrà sospendersi il sussidio e sarà inserito in un percorso di politiche attive del lavoro, come per esempio corsi di formazione adatti al suo profilo e alle richieste delle aziende. Il percorso potrebbe a quel punto essere retribuito con i soldi del fondo sociale europeo.
Il cardinale Zuppi, presidente della Cei, dopo la presentazione di nuovi allarmanti dati della Caritas: "La povertà morde, il reddito va mantenuto e dato a tutti i poveri assoluti". Dati allarmanti, che delineano un quadro di povertà dilagante in un contesto di alta inflazione e recessione incombente, le quali gonfieranno ancora di più le vele dell'indigenza quest'inverno. Oggi come oggi il reddito di cittadinanza è un sostegno per un milione di famiglie, equivalenti a 2 milioni e mezzo di persone. Il sussidio arriva a meno della metà degli indigenti, che sono 5,6 milioni.
L'abolizione non convince. La Caritas e altre associazioni hanno messo in evidenza come i requisiti del Rdc dovrebbero essere invece ripensati: Isee, patrimonio, i dieci anni di residenza in Italia che mettono fuori gioco troppi cittadini stranieri. E poi le famiglie con tanti figli sono evidentemente penalizzate dal moltiplicatore: un single prende in media 453 euro al mese, una famiglia di cinque persone solo 734 euro. E poi ancora il Nord è penalizzato rispetto al Sud, perché il costo della vita è più elevato. Insomma, in un quadro simile, anche solo parlare di abolizione del reddito di cittadinanza è un azzardo senza molta logica
Pasquale Tridico, presidente Inps, ha evidenziato come il reddito di cittadinanza abbia "un ruolo straordinario e positivo nella riduzione della povertà, nel contrasto verso l'indigenza. L'azione del governo si concentra giustamente sulla ricollocazione, sulle politiche attive, sul miglioramento dei centri per l'impiego, dei progetti dei Comuni che possono utilizzare i percettori attraverso di progetti di utilità pubblica".
I tempi sono molto stretti, è possibile che qualsiasi novità non coinciderà con l'inizio del prossimo anno solare, ma sarà "spalmata" nei primi mesi del 2023 secondo un cronoprogramma ancora da definire. Ci sono alcuni punti fermi, in tutto ciò: il reddito di cittadinanza non è un reddito universale, non è un sussidio di disoccupazione, non è individuale e allo stesso tempo non è congruo per le famiglie con molti figli. Qualcosa cambierà con il governo più a destra di sempre, i cui "azionisti di maggioranza" vogliono mantenere la promessa fatta al loro elettorato di intervenire presto sulla misura. L'importo medio del reddito di cittadinanza erogato a livello nazionale è di 549 euro.