C’è una lettera anonima in cui si parlerebbe di abusi, pensioni facili e tanto altro. Praticamente, vicende oggetto del processo scaturito dall’operazione Artemisia, il cui principale indagato è l’ex onorevole castelvetranese Giovanni Lo Sciuto. La cosa singolare è che la lettera è stata inviata nel 2015, ovvero ben quattro anni prima degli arresti relativi a questo procedimento.
L’aveva ricevuta Elena Ferraro, nella cassetta delle lettere del suo centro diagnostico Ermes, che poi aveva subito consegnato alle forze dell’ordine.
E’ quanto è emerso ieri mattina al Tribunale di Trapani, durante l’udienza del processo Artemisia, presieduto dal giudice Franco Messina. Si tratta dell’inchiesta su politica, corruzione e massoneria deviata che, oltre a Lo Sciuto, ex deputato all’Ars, vede imputato anche Paolo Genco, ex presidente dell’ente di formazione Anfe (Associazione Nazionale Famiglie Emigrati), oltre che altri politici, funzionari e forze dell’ordine.
Elena Ferraro doveva essere ascoltata come teste, contemporaneamente all’acquisizione di questa lettera e di un cd audio contenente una conversazione tra la stessa Ferraro (che lei stessa avrebbe registrato) ed il cognato di Giovanni Lo Sciuto, Vincenzo Riccobono che, specifichiamo, non è mai stato indagato in questo procedimento.
La sua testimonianza però non c’è stata. Così come non c’è stata nemmeno la relativa acquisizione. Nessuna lettera, nessun cd. Almeno per il momento.
Ad opporsi è stato il legale di Lo Sciuto, l’avvocato Celestino Cardinale che, dopo aver ottenuto l’inammissibilità del teste, ha motivato al giudice la sua posizione in merito alla lettera ed al cd:
“Praticamente questa è una lettera contenuta in una busta con mittente ‘Dottor Gioia Giuseppe’, il quale ne avrebbe però negato la paternità. Una lettera anonima, che ha tutte le caratteristiche dell’anonimo perché parla e sparla di tutto e di più, su abusi contro abusi, pensioni facili eccetera eccetera, senza per altro il riferimento a fatti specifici. Mi rendo conto – ha proseguito - che la produzione di questa lettera anonima servirebbe molto per l’ipotesi accusatoria del pubblico ministero, che ne chiede l’acquisizione evidentemente per dimostrare quale sarebbe stato il malaffare in quel periodo. Malaffare di cui anche l’ex teste Ferraro Elena avrebbe dovuto forse testimoniare oggi. Però l’articolo 240 del codice di procedura penale dice che una lettera anonima non è assolutamente ammissibile l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento”.
Per quanto riguarda l’acquisizione del contenuto del dischetto, l’avvocato Cardinale ha invece sottolineato che ci sono delle regole: “Per quanto riguarda le intercettazioni che sono state fatte dagli ufficiali di PG, abbiamo chiesto e ottenuto una perizia, non senza il consenso delle parti. E dovremmo noi, indipendentemente da qualsiasi consenso, che comunque non viene dato, acquisire un’intercettazione, anche se non è una vera e propria intercettazione, visto che la conversazione in quel caso avviene tra soggetti che non partecipano, ma questa è pur sempre una registrazione in cui non sappiamo l’autenticità, chi è che parla… Anche perché non c’è nessuno che ci viene a dire quale sia l’identità dei conversanti. Ce lo dirà il pm e noi non avremmo motivo di dubitarne. Ma se le regole valgono per tutti, questa acquisizione potrebbe avvenire solo ed esclusivamente col consenso delle parti”.
Consenso che ovviamente, né l’avvocato Cardinale, né gli avvocati degli imputati “secondari” hanno fornito. Ecco perché, sull’acquisizione, il giudice Messina si è riservato di decidere alla prossima udienza.
Nella stessa udienza di ieri ha testimoniato la dottoressa Antonella Pollina (consigliere provinciale col Pdl dal 2008 al 2013), confermando il “profondo legame” che c’era tra Lo Sciuto ed Enzo Chiofalo (ex vicesindaco di Castelvetrano, anch’egli imputato nello stesso procedimento). Ma anche tra Lo Sciuto e l’ex presidente dell’Anfe Paolo Genco. Oltre al sostegno economico che Chiofalo e Genco avrebbero fornito all’ex deputato, circostanza che la dottoressa Pollina ha raccontato di aver appreso telefonicamente dallo stesso Chiofalo.
Tornando alla lettera, non si può non considerare che anche se la stessa non dovesse essere acquisita perché anonima, rimarrebbe comunque di estrema importanza. Soprattutto per le sue caratteristiche predittive di fatti e persone divenuti soltanto dopo anni oggetto di un procedimento giudiziario.
Egidio Morici