E’ bastata la norma “Salva Sicilia” per scompaginare la maggioranza e iniziare con lunghe polemiche interne che poi sono diventate esterne.
Ogni partito si intensta la vittoria, l’intervento poi di Bernadette Grasso (FI) mette ancora più scompiglio: “Con mio grande stupore sembra che il Presidente Schifani sia stato un semplice spettatore o peggio un figurante. E’ l’unico vero protagonista, se infatti la Regione Siciliana è riuscita a portare a termine un’operazione finanziaria essenziale per le sorti dei conti regionali è soprattutto per il ruolo determinante svolto dal Presidente Schifani, unico autore della norma. È giusto prenderne atto e riconoscerne i meriti”.
La Grasso stoppa i comunicati di Luca Sammartino e Mimmo Turano, che congiuntamente avevano ringraziato Matteo Salvini per la norma, poi Tommaso Calderone di Forza Italia che ne aveva rivendicato la paternità.
Non è stato tenero Gianfranco Miccichè: “Ci hanno dato le briciole e cantiamo pure vittoria. Erano partiti da 650 milioni, 200 milioni sono una cifra ridicola, senza contare che almeno 70 milioni serviranno per rispondere ai richiami della Corte dei Conti”.
Anche per Stefano Pellegrino è Schifani il salvatore della Sicilia: “L'inserimento del "Salva Sicilia" nella finanziaria nazionale che il Parlamento si appresta a votare è certamente il risultato di un lavoro politico e tessitura di rapporti istituzionali svolto prima di tutto dal Presidente Renato Schifani che fin dal giorno del suo insediamento ha lavorato, per altro unico titolare formale delle competenze e del ruolo amministrativo per farlo, per costruire i necessari rapporti col Governo nazionale”. Poi rivaluta il lavoro: “E' indubbio comunque che vi sia stato un proficuo lavoro di squadra che ha interessato tutti gli attori istituzionali coinvolti, per un risultato che può davvero cambiare la storia non solo di questa legislatura ma dei rapporti fra Stato e Regione per i prossimi anni. Di fronte a questo risultato, spiace vedere che qualcuno tenti di intestarsi un ruolo, per altro impossibile vista la brevissima permanenza al Parlamento nazionale e visto che certamente un provvedimento di questo tipo non può certo essere frutto del lavoro di un singolo. E' la conferma del fatto che purtroppo alcuni, in netta minoranza in Forza Italia e nel centrodestra, non hanno capacità di lavorare in squadra per il bene della Sicilia, ma guardano solo alle proprie posizioni personali.”
Antonio De Luca del M5S è duro nei toni, per il parlamentare pentastellato Schifani è peggio di Rosario Crocetta: “In Sicilia corsi e ricorsi di vichiana memoria sono la costante e, purtroppo, quasi sempre in negativo. Vorremmo capire bene quali sono, nei minimi dettagli, i termini dell'accordo chiuso da Schifani con Roma, che poterebbero in Sicilia una mancetta in cambio dei miliardi dovuti dallo Stato per la maggiore compartecipazione della Regione alla spesa sanitaria. Era salito a Roma a chiedere 650 milioni, è tornato con 200, rinunciando a più di 8 miliardi derivanti dalla compensazione finanziaria per gli anni 2007 al 2021. Sembra di rivedere – continua Antonio De Luca - la storia del disastroso governo Crocetta, che in cambio di poco più di 500 milioni cash rinunciò a contenziosi con lo Stato che avrebbero potuto portare nelle casse della Regione cifre ben più alte. Noi non ci stiamo: questa politica che non guarda più avanti del proprio naso è una sorta di pilota automatico verso il disastro di cui pagheranno le conseguenza le prossime generazioni. Schifani venga in aula a riferire prima della variazione di bilancio. Non siamo disposti a firmargli assegni in bianco, specie se la firma apposta non è con l'inchiostro ma col sangue dei siciliani”.
I termini dell’accordo tra la Regione e lo Stato sono giudicati negativamente anche da Cateno De Luca: "Finalmente abbiamo capito per quale motivo Schifani è stato mandato in Sicilia a ricoprire il ruolo di presidente della Regione. Con questo accordo la Regione rinuncia definitivamente ad oltre 9 miliardi di euro per avere da parte dello Stato appena 200 milioni di euro. Questa erogazione viene effettuata una tantum solo per consentire a Schifani di tentare di fare un raffazzonato bilancio della regione del 2023”.
Sui conti della Regione è intervenuto anche il Pd con Cracolici.
"Il governo ha appena compiuto il primo passo verso la prossima finanziaria ed è già nel caos: oggi nell'ambito delle variazioni di bilancio ha presentato in commissione l'accordo con lo Stato che riconosce circa 200 milioni di euro per la Sicilia, peccato che il governo non abbia mai discusso questo accordo né in connesommissione e neppure in aula, e soprattutto peccato che a fronte di appena 200 milioni la Sicilia, in base allo stesso accordo, rinuncia ad una somma di circa nove miliardi". Lo dice Antonello Cracolici, parlamentare regionale del Pd e componente della commissione Bilancio all'Ars.
"Ma nella stessa seduta della commissione - aggiunge Cracolici - il governo ha compiuto un altro pasticcio, annunciando un emendamento per sopprimere il capitolo che prevede l'utilizzo dei 200 milioni dell'accordo con lo Stato. Il motivo? Si sono 'accorti' che inserendo questa somma nelle variazioni sarebbe stata assorbita dal ripiano del 2022, e dunque questi soldi sarebbero stati inutilizzabili nella manovra 2023. Insomma, se il buon giorno di vede dal mattino, questo governo non promette nulla di buono".
A tutto ha risposto l'assessore Sammartino.
«Temo che l’onorevole Cateno De Luca, politico di esperienza, non abbia avuto il tempo di leggere le carte e questo lo ha indotto a sbagliare la sua analisi». È quanto afferma il vicepresidente della Regione, Luca Sammartino, in merito alla vicenda del presunto credito sulla sanità che la Regione Siciliana avrebbe avuto nei confronti dello Stato.
«Infatti - prosegue - il credito non è stato mai realmente riconosciuto da nessuno. Anzi, ci sono due sentenze della Corte Costituzionale che vanno esattamente nella direzione opposta. La prima è la 246 del 2012, quando la Regione impugnò il bilancio dello Stato proprio in merito a queste risorse e la Consulta considerò la richiesta inammissibile. La seconda è la 62 del 2020 con la quale è stato accolto il ricorso dello Stato contro la legge regionale 8 del 2018 che metteva in bilancio somme riferibili a questo presunto credito. Proprio da quest’ultima decisione è arrivato l’invito della Corte a trovare un accordo tra i due governi».
«Dopo 15 anni, per la prima volta – conclude Sammartino - c’è un governo regionale che ha ottenuto dei risultati concreti: l’intesa, infatti, non riguarda solo i 200 milioni di euro ma prevede altri benefici economici per la Regione Siciliana anche nel 2023 e negli anni successivi. Inoltre, viene stabilito il principio che lo Stato deve rivedere il meccanismo di partecipazione della Regione alla spesa sanitaria».