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25/12/2022 06:00:00

Lo Sciuto, la “messa in sonno” e il timore per la stampa. Parla il colonnello Merola

Lo Sciuto, pur non facendo parte di logge ufficiali, disponeva la “messa in sonno” dei massoni.

Di alcuni, almeno. Come per esempio quella di Antonino Lo Sciuto (fratello dell’ex deputato regionale) e quella di Gaspare Magro, suo uomo di fiducia.

A dirlo è il colonnello Antonio Merola, per anni nel nucleo investigativo e nel reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri di Trapani.

Nella sua lunga e articolata deposizione del 20 dicembre scorso  al processo Artemisia (che proseguirà il 17 gennaio), ha affrontato la parte dell’indagine legata alla violazione della legge Anselmi (quella contro le logge segrete), in cui Lo Sciuto è l’indagato principale insieme ad altri sei dei diciotto imputati del processo.

 

Il motivo di questa “messa in sonno” (una sorta di sospensione del massone dalla partecipazione attiva alla loggia) sarebbe stato collegato anche agli articoli di Tp24 pubblicati nel 2016.

Una “messa in sonno” ordinata da Lo Sciuto perché “su Castelvetrano e sul legame tra il comune e la massoneria si era acceso un enorme faro mediatico. Ci fu una testata, Tp24 – spiega il colonnello – che pubblicò per ben tre volte articoli relativi al legame massoneria/politica e a quello massoneria/comune di Castelvetrano. In un articolo fece anche l’elenco dei nomi, corrispondente di fatto alla nota dell’elenco del 2016 (nota della polizia di Stato che comprendeva 16 logge in provincia di Trapani, di cui 6 a Castelvetrano, ndr)”.

 

Il colonnello Merola ha testimoniato come Lo Sciuto fosse preoccupato per l’evidenza pubblica di ciò che lo legava ai due massoni: uno il fratello Antonino  e l’altro Gaspare Magro, la persona da lui voluta come revisore dei conti all’Asp di Trapani. In un’intercettazione spiega al suo interlocutore che questa “messa in sonno è stata necessaria perché altrimenti, a causa dei doppi legami familiari da una parte, amicali e di interesse dall’altra, lo avrebbero attaccato e lui non se lo poteva permettere, in qualità di onorevole regionale e componente della Commissione parlamentare antimafia”.

 

La nomina di Magro era di chiara volontà di Lo Sciuto – ha proseguito Merola - Era di dominio pubblico e nelle carte. E se Magro fosse risultato essere massone, si sarebbe fatto un collegamento molto semplice: Lo Sciuto avrebbe destinato all’incarico di revisore dei conti un massone”.

L’investigatore ha sottolineato l’impostazione da scambio di favori tra Lo Sciuto e Gaspare Magro: “Tu vai a ricoprire un incarico prestigioso e a me porti il favore come grande elettore, procacciatore di voti”.

E anche se Artemisia, lo si è detto più volte, non riguarda episodi di mafia, il colonnello sottolinea la circostanza in cui “Lo Sciuto aveva saputo che c’era un’attività investigativa della Direzione Distrettuale Antimafia che sarebbe scaturita prima dell’agosto di quell’anno (il 2016, ndr) in una serie di provvedimenti di custodia cautelare che avrebbero colpito diversi massoni”.

Erano le indagini del procuratore aggiunto Teresa Principato che, come è noto, finirono archiviate.

 

All’inizio dell’udienza, Franco Messina, presidente del collegio giudicante, ha disposto l’acquisizione del cd audio contenente una conversazione tra Elena Ferraro (che lei stessa avrebbe registrato) ed il cognato di Giovanni Lo Sciuto, Vincenzo Riccobono, che non è mai stato indagato in questo procedimento. Acquisizione chiesta nella scorsa udienza insieme ad una lettera, recapitata alla Ferraro, di cui abbiamo già scritto. Per quella il presidente ha detto no.  

 

 

Egidio Morici