Nella seconda udienza preliminare per decidere sulle 35 richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Dda a seguito dell’operazione antimafia “Hesperia”, il gup di Palermo Ermelinda Marfia ha respinto le richieste di rito abbreviato “condizionato” (e cioè subordinato a testimonianze o documenti).
Ma la vera notizia è l’esclusione dal novero delle parti civili dell’associazione antiracket “La Verità Viva” di Marsala, da sempre rappresentata in vari Tribunali dall’avvocato Peppe Gandolfo, "dominus" dell'associazione, sempre al centro di molte polemiche e di diverse inchieste di Tp24. Il caso è approdato anche al programma tv "Le Iene".
L’esclusione è stata decisa dal giudice dopo che dalla Prefettura di Trapani è arrivata una nota in cui si attestava che l’associazione marsalese non è nell'elenco prefettizio. Non è una novità, su Tp24 ne abbiamo già parlato.
L'associazione era intitolata a Paolo Borsellino, poi, dopo una diffida del figlio di Borsellino, Manfredi, è stata costretta a cambiare nome e adesso si chiama "La verità vive". L'associazione non ha mai aiutato alcun commerciante o imprenditore a denunciare il racket dell'estorsione o l'usura. Tuttavia è specializzata nella costituzione di parte civile nei processi per estorsione e mafia in giro per la Sicilia e l'Italia, chiedendo e ottenendo ingenti risarcimenti danni per interessi che però, nel concreto, non tutela affatto. E' tutta una gran macchina che produce parcelle e risarcimenti. Tutto legale, per carità, tutto poco etico.
“Prendiamo atto dell'esclusione come parte civile – dice Francesco Genovese, presidente del La Verità Vive - ma la nostra associazione è viva e svolge attività, anche se non di alto profilo. E' vero, non siamo nell'elenco della Prefettura di Trapani e continueremo a non esserci, ma in Tribunale abbiamo fatto presente che le nostre costituzioni di parte civile sono con patrocinio gratuito”.
A chiedere di costituirsi parte civile sono stati, tra gli altri, i Comuni di Castelvetrano e Campobello di Mazara, l’associazione Codici, Michele Buffa, la Possente e la Cantina Europa. Lo scorso 6 settembre, l’indagine dei carabinieri “Hesperia” è sfociata nell’arresto di 33 persone: 21 in carcere e 12 ai domiciliari. Tra loro, molti nomi noti della criminalità organizzata di Marsala, Mazara, Campobello di Mazara e Castelvetrano, ma anche diversi volti nuovi. Tra i primi, il 67enne campobellese Francesco Luppino, che era uscito dal carcere circa tre anni prima dopo aver scontato una lunga condanna per mafia. Secondo l’accusa, si era rimesso all’opera per ricostituire la rete di relazioni di Cosa nostra tra Campobello di Mazara, Mazara, Castelvetrano e Marsala. Le accuse a vario titolo contestate agli indagati sono associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti (nelle aste al Tribunale di Marsala), reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose. Le indagini, nate nell’ambito delle ricerche per arrivare a Matteo Messina Denaro, testimoniano anche l'attività di infiltrazione di cosa nostra trapanese nel tessuto economico, con riferimento a condizionamenti di aste giudiziarie e gare d'appalto e, alla gestione, in forma pressoché monopolistica, del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti. Accertata pure l'estorsione ad una cantina vinicola (Europa) e ad alcune strutture ricettive. In carcere, oltre a Luppino, sono finiti anche i marsalesi Antonino Ernesto Raia, Francesco Giuseppe Raia, Francesco Pulizzi, Vito Vincenzo Rallo, Leonardo Casano e Vito De Vita, i campobellesi Vincenzo Spezia, Piero Di Natale e Marco Manzo, il castelvetranese Rosario Stallone, i mazaresi Antonino Cuttone, Vito Gaiazzo, Antonino Pace, Marco Buffa, Vincenzo Pisciotta, i trapanesi Carmelo e Giuseppe Salerno, i palermitani Jonathan Lucchese e Antonino Nastasi e il partinicese Michele Vitale. Ai domiciliari, invece, Tiziana Rallo, Vincenzo Romano, Paolo Bonanno, Lorenzo Catarinicchia, l’imprenditore Girolamo Li Causi, Antonino Lombardo, Nicolò Macaddino, Bartolomeo Macaddino, Giuseppa Prinzivalli, Stefano Putaggio, poi tornato in libertà ma comunque sempre indagato, Francesco Stallone e Marcello Salvia. Di quest’ultimo, però, non c’è traccia nella richiesta di rinvio a giudizio. Il 9 marzo inizierà la discussione. E molti imputati hanno intenzione di chiedere il processo con rito abbreviato, che in caso di eventuale condanna prevede, per legge, lo sconto di un terzo sulla pena.