“Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta ‘Non uccidere’: “Dio ha detto una volta: ‘Non uccidere’: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”, sono trascorsi 30 anni dal 9 maggio del 1993, quando con queste parole, Giovanni Paolo II, dalla Valle dei Templi di Agrigento lanciò il suo anatema contro i boss mafiosi, invitandoli alla conversione. Eravamo a pochi giorni dall’attacco al patrimonio artistico italiano.
Quel grido di Giovanni Paolo Secondo squarciò la Valle dei Templi e a trent’anni di distanza riecheggia ancora oggi, con quella sua forza e quell’impeto che veniva dal profondo, dal cuore. Per le persone addette ai lavori fu un “fuori programma”, spinto dall’incontro poco prima di Giovanni Paolo II con i genitori del giudice, oggi Beato, Rosario Livatino ucciso il 21 settembre del 1990. Si arrivava a quella giornata storica alla Valle dei Templi, a meno di un anno dalla strage di Capaci prima e poi quella di Via d’Amelio. E la Diocesi di Agrigento all’indomani delle Stragi del ’92 aveva redatto un documento sull’emergenza mafia che in quel periodo contava duecento vittime.
L’anatema del Papa a pochi giorni dalle bombe e dalle vittime di Firenze e Milano – Per ricordare, magari ai più giovani, qual era il periodo in cui Papa WojtyÅ‚a pronunciò il suo anatema basta dire che appena qualche settimana dopo il 27 maggio ci fu la prima delle stragi del 93, quella di Via dei Georgofili a Firenze che fece cinque vittime, l’obiettivo era la Galleria degli Uffizi e appena due mesi dopo, il 27 luglio, furono, anche in quel caso cinque le vittime dell’esplosione di Via Palestro a Milano, con obiettivo il Padiglione di arte contemporanea. Il giorno dopo, poi, le bombe a San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, dove, fortunatamente, non ci furono vittime.
Il Trentennale e il dono delle reliquie di Papa Giovanni Paolo II - In occasione del trentennale è stata donata all’arcidiocesi dal cardinale Stanislao Dziwisz una reliquia ex sanguine del Papa polacco. La teca, incastonata in una icona, è stata consegnata all’arcivescovo monsignor Alessandro Damiano. Le reliquie sono state consegnate da Omar Gianpaolo Mohamed Ahmed e Danilo Tkanko, autorizzati dall'Arcidiocesi quali corrieri diplomatici. Autore dell’icona è un artista ucraino, Roman Vasylyk, professore di arte sacra, che ha conosciuto personalmente San Giovanni Paolo II.
L’Arcivescovo di Agrigento Alessandro Damiano - «Da azioni di morte possono fiorire azioni di vita. Da cristiani non possiamo leggere l’anatema del Papa come minaccia, ma come un messaggio speranzoso ed un appello alla conversione per tutti. Il dono di questa reliquia rende presente Giovanni Paolo II in questa nostra terra, in questa nostra Diocesi. Così abbiamo il sangue di San Giovanni Paolo II, e anche il sangue di cui è intrisa la camicia del Beato Angelo Livatino. E dal sangue viene la vita. Due testimonianze che devono spingerci ad essere custodi della vita in tutte le sue forme e in tutte le sue manifestazioni».
La preziosa teca è incastonata in una icona in cui è raffigurato il volto del Papa Santo con lo sfondo delle colonne doriche, simbolo della Città, donata dalla Fondazione Valle dei Templi, con il suo patron Enzo Bellavia e consegnata ieri dal sindaco Francesco Miccichè. «La nostra Agrigento – ha detto il sindaco – è stata definita dal Papa anche città della Concordia e della pace. E oggi con la nomina di Capitale della Cultura quelle parole sembrano profetiche». «Che queste reliquie – ha aggiunto Omar Giampaolo Mohamed Ahmed cavaliere dell’Ordine dei Santi Contardo e Giuliano - possano rappresentare un momento di rinascita».
Gli appuntamenti della Diocesi di Agrigento - Ricco il calendario di eventi della Chiesa agrigentina in ricordo della visita di San Giovanni Paolo II e del secondo anniversario della beatificazione del giudice Livatino: oggi l’incontro sul tema: “A trent’anni dalla visita di Papa Giovanni Paolo II. Come è mutata la mafia? Quale sentiero ha percorso la Chiesa?”, con la partecipazione del presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Giuseppe Pignatone; monsignor Antonino Raspanti, presidente della Cesi e vescovo di Acireale, e Caterina Chinnici, magistrato e deputato del Parlamento Europeo. Martedì mattina “Studenti in cammino per la legalità” da Piano San Gregorio al Tempio della Concordia”; nel pomeriggio il “Pellegrinaggio penitenziale” fino alla cattedrale e la Messa, presieduta dal monsignor Alessandro Damiano.
Il ricordo del Beato Rosario Livatino – Il trentennale della visita di Giovanni Paolo II coincide anche con il secondo anniversario della beatificazione del giudice Livatino, beatificato da Papa Francesco il 9 maggio 2021 nella cattedrale di Agrigento, “il magistrato martire, frutto bello e buono della nostra terra, il quale cercò il dialogo, la pace e l’unità fino all’ultimo istante della sua vita. Non reagì con violenza, ma cercò – ha spiegato l’arcivescovo - d’imbastire un dialogo umano e umanizzante con i suoi uccisori. Ci conceda il Signore risorto, per l’intercessione di Maria madre sua e madre nostra, di non essere solo turisti della concordia, ma di essere concordia, ovunque siamo e viviamo”.
Protocollo Antimafia-Cesi, l’Osservatorio per la legalità - Un protocollo d’intesa è stato firmato da Antonello Cracolici, presidente della Commissione regionale d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia e dal presidente della Cesi – Conferenza episcopale siciliana, monsignor Antonino Raspanti. Prevede la creazione di un “Osservatorio permanente sulla diffusione della legalità” (O.PE.DI.L), composto inizialmente da 10 esperti: 5 nominati dalla Cesi e 5 nominati dalla Commissione regionale Antimafia. Si tratta di un accordo pensato per creare gli anticorpi necessari alla società civile per opporsi alla cultura della violenza e della sopraffazione, 30 anni dopo quel discorso epocale di papa Wojtyla fatto il 9 maggio del 1993 alla Valle dei Templi di Agrigento contro i mafiosi e la loro cultura della morte.
“Una Caritas della legalità – ha detto il presidente Cracolici – che servirà a rendere sistemico l’impegno per antimafia e a organizzare meglio il sistema di contrasto all’indifferenza, che è il primo esercito della cultura mafiosa. Dobbiamo realizzare delle reti di partecipazione e conoscenza per creare una cultura della solidarietà operativa in tutta la Sicilia e in grado di marginalizzare la reputazione dei mafiosi, devono sentirsi degli estranei nelle nostre comunità”.
“Sconfiggere un fenomeno radicato come la mafia esige che le forze in campo collaborino tra loro e facciano rete per creare fermento culturale – ha detto monsignor Raspanti – è un problema di mentalità che richiede una ferma presa di posizione da parte di tutti, per questo abbiamo lavorato per una collaborazione che sia sistemica e non episodica con la commissione regionale Antimafia”.
La visita a Mazara di Papa Giovanni Paolo II - E in occasione del trentennale dalla visita ad Agrigento si ricorda anche la visita a Mazara, dove il giorno prima, l'8 maggio del '93, Giovanni Paolo II si presentò a tutti come «pellegrino di pace e missionario del Vangelo», il Pontefice concluse i festeggiamenti del nono centenario della costituzione della Chiesa a Mazara del Vallo. La visita del Papa (oggi Santo) ha lasciato il segno nella comunità diocesana e in molti, ancora oggi, ricordano quei momenti vissuti sul lungomare Mazzini (il Pontefice arrivò in elicottero in piazzale G.B. Quinci) e in piazza della Repubblica. Ieri sera nella Cattedrale di Mazara del Vallo il Vescovo monsignor Angelo Giurdanella ha presieduto la concelebrazione eucaristica nella ricorrenza del 30° anniversario di quella visita. «Ho letto i discorsi che San Giovanni Paolo II ha fatto, l’8 maggio del 1993, a Mazara del Vallo. Sono passati trent’anni, eppure quello che ha detto resta veramente attuale. Il successore dell’apostolo Pietro in tre interventi ha come tracciato un cammino per una Chiesa di frontiera accogliente e ospitale, audace e coraggiosa, incarnata nel territorio e aperta al futuro», ha detto il Vescovo Giurdanella.
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