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02/06/2023 06:00:00

Rita Atria: la storia e le anomalie nelle indagini della "settima vittima" di via D'Amelio

 “Stiamo cercando la verità su quello che veramente è accaduto in quella casa, che qualcuno si metta la mano nel cuore. Rita è morta dicendo la verità”. Così dice Anna Maria Atria, davanti alle telecamere di “Chi l’ha visto” - la trasmissione di Rai Tre condotta da Federica Sciarelli – riguardo alla sorella Rita Atria, la giovane di 17 anni testimone di giustizia, che aveva affidato le sue verità a Paolo Borsellino e suicida, almeno questa è la verità ufficiale dal 26 luglio del 1992, giorno in cui fu ritrovata a terra in via Amelia a Roma, dopo essersi gettata dal settimo piano della palazzina dove viveva. Una cosa è certa, comunque, Rita Atria è la "settima vittima" di via D'Amelio...

Chi è Rita Atria - Rita Atria nasce a Partanna nel 1974, da Vito e Giovanna Cannova, lui pastore e proprietario di sette ettari coltivati a vite e ulivo, apparteneva a una cosca mafiosa del trapanese. Anche il figlio Nicola, di dieci anni più grande di Rita, apparteneva alla stessa cosca. Nel 1985 Vito viene ucciso. Nicola medita vendetta e cerca di rintracciare il killer del padre. Ma nel 1991 anche lui viene ucciso, all’età di ventisette anni. A quel punto, Piera Aiello (Partanna 1967), vedova di Nicola, che era presente all’assassinio del marito, denuncia i due killer e collabora con la polizia, trasgredendo la legge dell’omertà. E, sotto protezione, viene trasferita a Roma. Rita decide e segue l’esempio della cognata. Così, si reca in segreto a Marsala e presentatasi al Procuratore Paolo Borsellino gli rivela tutti i segreti della cosca cui appartenevano il padre e il fratello. Da qui inizia una fitta collaborazione col Procuratore Borsellino, al quale Rita si affeziona. Le sue dichiarazioni porteranno all’arresto di decine di mafiosi e alla loro condanna. La ragazza riceve minacce e anche la madre si schiera contro di lei. Anche Rita, allora, viene trasferita a Roma sotto protezione e con nuovi documenti. Ma il 26 luglio 1992, dopo l’assassinio del giudice Giovanni Falcone e del “suo” giudice Paolo Borsellino, Rita perde ogni speranza, il suo sogno di riscatto si spezza. Rita si suicida gettandosi dal palazzo dove l’aveva nascosta la polizia, nella Via Amelia di Roma.

Le paure di Rita - Questo ciò che scrive la ragazza a tre mesi dalla morte del fratello: “Stasera per la prima volta dopo la morte di Nicola, ho una gran paura, alle 11.35 ho sentito bussare alla porta, io e mia madre eravamo sveglie, questo ragazzo è più di cinque anni che non venica a casa nostra, ma la cosa di cui sono sicura è che è venuto per ucciderci". Il giorno dopo verrà trasferita a Roma in una località protetta. 

A poco meno di due mesi dal trentunesimo anniversario della morte di Rita Atria, la trasmissione di Rai Tre ricostruisce la vicenda della ragazzina di Partanna che ha denunciato i mafiosi. Anche Piera Aiello, cognata di Rita parla a Chi l’ha visto. Dice che la prima cosa che ha pensato, quando ha saputo che la cognata era morta, secondo lei, è che l’avevano trovata e uccisa.

Lo strano documento della polizia che archivia velocemente come suicidio la morte di Rita -  “La collaboratrice di giustizia Atria Rita, di anni 18 (fanno diventare Rita maggiorenne - era diciassettenne) si è suicidata lanciandosi dal proprio appartamento. Sorella di un pregiudicato, aveva da tempo manifestato propositi suicidi, confermati da un appunto trovato nell’appartamento da personale operativo intervenuto sul luogo”. A leggere questo documento davanti alle telecamere RAI è Nadia Furnari, vice presidente dell’Associazione Rita Atria che sottolinea come abbiano fatto diventare Rita maggiorenne. Riguardo all’appunto dice, che non è mai stato trovato nessun appunto scritto da Rita. E si chiede: "se avesse manifestato propositi suicidi com’è che Rita si trovava da sola?". La Furnari conferma che non c’è traccia di questi “propositi suicidi”. Lo Stato con cui Rita ha deciso di collaborare, in pochi mesi ha deciso di archiviare il suo caso. “Non appaiono responsabilità penali di terzi", lo Stato in poco tempo archivia come suicidio. 

La tapparella abbassata - In studio a Chi l'ha visto c’è la giornalista Giovanna Cucè, co-autrice del libro “Io Sono Rita”, assieme a Nadia Furnari e Graziella Proto, direttrice de “Le Siciliane”, "dopo trent’anni, basandoci su documenti e su atti depositati nel corso di questi trent’anni ci sono degli aspetti e degli elementi che ancora non tornano. Tutto nasce dalla tapparella di viale Amelia 23. Una signora durante la commemorazione di Rita, si avvicina e dice all’associazione, guardate che quella tapparella era abbassata per metà e da lì si rimette in discussione tutto”.

Le anomalie nelle indagini e ciò che è accaduto nell’appartamento - L’avvocato Goffredo D’Antona che con la sorella di Rita, Anna Maria e Nadia Furnari, vice presidente dell’associazione Rita Atria, hanno fatto richiesta di apertura delle indagini alla procura di Roma. Avvocato D’Antona: “Noi non sappiamo niente, noi sappiamo che Rita è stata trovata sul selciato e basta. Non è stato sentito un vicino di casa, non si sa neanche chi è stata la prima persona a trovare Rita sul marciapiede della strada. Nadia Furnari: “nessuno è stato sentito, potevano sforzarsi, ma per capire e ricostruire almeno gli ultimi momenti di vita di Rita”. “Ci siamo accorti di tutta una serie di incongruenze. La casa di Rita era perfettamente pulita, non viene trovata nessuna impronta digitale, neanche di Rita. Non viene trovata nessuna impronta sul pavimento”. Nella camera da letto ci sono le scarpe di Rita, la ragazza verrà ritrovata scalza, non ci sono ciabatte in casa, come è possibile che non si sia trovata un'impronta di un piede a terra? L’unica traccia rinvenuta è un’impronta digitale palmare sulla finestra. L’impronta è stata repertata. I carabinieri ne chiedono la comparazione, ma non verrà mai fatta. Di chi è quell’impronta, è di Rita, del carabiniere che per primo è entrato nell’appartamento o di qualcun altro? “Non c’è un capello, non c’è saliva, non c’è niente in casa. Ora i casi sono due, o non si è cercato bene o che è stata oggetto di una forma di pulizia molto più che professionale dopo quello che è accaduto”, dice l’avvocato D’Antona alle telecamere di Chi l’ha visto.

L’orologio, la scritta sul muro e l’agenda sequestrata e poi restituita… - C’è anche un orologio da uomo, fotografato sul frigorifero, che non è stato repertato. Di chi è quell’orologio? Piera Aiello dice di saperlo a chi appartiene e che lo dirà solo in procura. Sulla testa del letto c’era scritto sul muro con la matita “Il mio cuore senza di te non vive”, si accorgono di quella scritta Piera Aiello e la giudice Alessandra Camassa, oggi presidente del Tribunale di Marsala. Quelle parole viste dal magistrato e dalla Aiello, non sono state viste da nessuno prima di loro. Come è possibile che non siano state annotate nella relazione di servizio, e perché nessuno ha disposto una perizia calligrafica. C’è una agenda trovata in casa di Rita sequestrata e poi restituita ad un misterioso funzionario di polizia. “Un anonimo, un funzionario di polizia di Stato, che si firma “il commissario di ps”, non identificato, chiede la restituzione dell’agendina, che è stata restituita a qualcuno ma non sappiamo a chi”, dice l’avvocato Goffredo D’Antona. Sulla richiesta di restituzione della rubrica, viene specificato che contiene utenze telefoniche dell’Alto Commissario, nonché indirizzi di alloggi in uso a collaboratori di giustizia. A chi viene consegnata quella rubrica? Chi è il funzionario di polizia? Certo fa impressione che, tra le pagine di quella rubrica di Rita ci fossero indirizzi di altri collaboratori di giustizia. Non erano in località protetta? Perché Rita aveva a disposizione i loro indirizzi? Nell’appartamento romano di Rita Atria vengono trovati appunti con numeri, nomi e cognomi e un biglietto da visita. L’avvocato D’Antona ricorda che nessuno ha identificato quelle persone e nessuno le ha mai sentite.

Gli appunti di Rita e il suo libro, dove sono finiti? -  Nessuno ha fatto chiarezza sugli appunti, come questo scritto da Rita: “Io sto scrivendo un libro, l’ho fatto leggere ad Angelo e a Michele Santoro e mi hanno assicurato che mi aiuteranno a pubblicarlo quando sarà finito”. Nadia Furnari si chiede chi è questo Angelo, è un uomo della polizia di Stato? E soprattutto, dov’è il manoscritto che stava scrivendo Rita e che sarebbe stato affidato a questo Angelo? Nessuno lo ha mai cercato. Nadia Furnari, si appella a chi abitava e abita nel palazzo di fronte, da dove Rita si sarebbe gettata, chiede loro se hanno visto o sentito qualcosa e chiede anche ai collaboratori di giustizia che, se sanno qualcosa è ora di parlare, affinché si arrivi alla verità sulla fine di Rita Atria.