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19/07/2023 06:00:00

Matteo Messina Denaro mandante delle stragi. Confermato l'ergastolo

16,00 -  La corte d’assise d’appello di Caltanissetta ha confermato la condanna all’ergastolo del boss Matteo Messina Denaro, accusato di essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio.

Il collegio, presieduto dal giudice Maria Carmela Giannazzo, ha accolto la richiesta avanzata dai procuratori generali Antonino Patti, Fabiola Furnari e Gaetano Bono. Il padrino, difeso dall’avvocato d’ufficio Adriana Vella, ha rinunciato a collegarsi dal carcere in cui è detenuto per ascoltare il dispositivo.

Il primo summit per decidere la stagione delle stragi si tenne nella sua Castelvetrano, alla fine del 1991. E poi Totò Riina lo mandò a Roma per provare ad uccidere lì Giovanni Falcone. Matteo Messina Denaro è stato al centro della strategia di morte varata da Cosa nostra, ma fino a tre anni fa era stato condannato solo per le bombe del 1993. Matteo Messina Denaro è stato dunque uno dei mandanti, dei pensatori, di quelle stragi. La sentenza è stata emessa proprio il giorno in cui si celebra il 31esimo anniversario della Strage di via d'Amelio.


Messina Denaro, tra l'altro, ha inviato alla sua legale d'ufficio, l'avvocata Adriana Vella, un telegramma per complimentarsi per l'arringa tenuta davanti alla corte d'assise d'appello di Caltanissetta.
Vella era subentrata al primo legale d'ufficio nominato dopo la rinuncia del difensore di fiducia del padrino, Lorenza Guttadauro che, per motivi organizzativi, aveva scelto di non assistere il boss.

Nel telegramma Messina Denaro ha chiesto alla Vella la disponibilità ad avere un colloquio telefonico che poi non si è svolto.

La comunicazione inviata dal capomafia si chiudeva con "Buona vita - Del poco che so mi è piaciuta la sua arringa".
Messina Denaro non ha mai partecipato alle udienze in video-collegamento. 

6,00 - Nel giorno del 31esimo anniversario della Strage di Via D’Amelio, per Matteo Messina Denaro potrebbe arrivare la prima sentenza da detenuto. Ed è una sentenza che riguarda anche quello che è successo il 19 Luglio 1992.

Mentre a Palermo e in altre città della Sicilia ci saranno le celebrazioni per Paolo Borsellino e gli agenti della scorta saltati in aria 31 anni fa in via D’Amelio, a Caltanissetta la Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Maria Carmela Giannazzo, si pronuncerà per Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti delle stragi del 1992.

Per il boss di Castelvetrano, rinchiuso al 41 bis dal 16 gennaio, oggi 61enne, potrebbe essere la prima sentenza da detenuto. Nelle cinque udienze del processo che si sono tenute dopo la sua cattura l’ex super latitante non si è mai presentato. La procura generale, rappresentata da Antonino Patti, ha chiesto l’ergastolo. Mentre il difensore d’ufficio Adriana Vella, ha chiesto l’assoluzione.
In primo grado Messina Denaro è stato condannato all’ergastolo.

E’ un processo, quello sulle stragi del 92, Capaci e via d’Amelio, che riscrive la figura di Matteo Messina Denaro. Dal quale viene fuori un boss che, seppur giovane, ha potere decisionale, è “sintuto”, e il suo parere è determinante nella decisione di cosa nostra di fare la guerra allo Stato, di avviare la stagione stragista.

“L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro – ha detto nella requisitoria il procuratore Patti – è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore”. "L'imputato - ha continuato Patti - entrò a far parte di un organismo riservato direttamente alle dipendenze di Totò Riina, il gruppo denominato la 'Super cosa'". E Messina Denaro, insieme a Graviano, artefice della missione romana per uccidere Giovanni Falcone. Poi arriva l’ordine, il giudice si deve uccidere in Sicilia, con l’”attentatone”. Dopo meno di due mesi viene ucciso Paolo Borsellino.

Su Tp24 a ridosso della sentenza del processo di primo grado abbiamo dedicato ampio spazio, con un approfondimento a puntate sulla figura dell’ex boss di Castelvetrano e il suo ruolo nelle stragi, secondo quanto emerso dalla requisitoria del pm di primo grado, Gabriele Paci, oggi capo della Procura a Trapani.


E’ uno spaccato, una fotografia di Cosa nostra, dei rapporti tra i diversi mandamenti, le guerre per il potere e le decisioni e le strategie che hanno portato all’attacco diretto al cuore e agli uomini dello Stato come Falcone e Borsellino e al patrimonio artistico e culturale, con le stragi del 1993.
C’è tutto questo nella nostra inchiesta a puntate sul boss di Castelvetrano e le Stragi che ha ripreso la requisitoria del pm Gabriele Paci. Messina Denaro non è stato solo il mafioso che fa affari e che ama vestirsi firmato, che va a donne, ma un carnefice sanguinario che ha ucciso persone innocenti, un vero stragista, che è riuscito a condizionare la vita del Paese.


Il consenso dato dai trapanesi e in particolare da Matteo Messina Denaro alla stagione stragista è un consenso fondamentale. Se tutti non gli fossero andati dietro, Riina non poteva fare le stragi, non avrebbe mai potuto fare la guerra allo Stato, non poteva ordinare e fare quello che la sua mente diabolica, aveva già elaborato nell’estate del ’91.
Matteo Messina Denaro, già nel 91 organizzava le riunioni, nel suo territorio, tra Mazara e Castelvetrano, aveva ereditato lo scettro dal padre. Messina Denaro non si limita, a partecipare alla riunione di Castelvetrano in cui si decidono gli attentati o a fare la puntatina a Roma. Ma è puntualmente l’autore, partecipe di questa strategia dall’inizio alla fine, strategia che dura due anni e che inizia con la missione romana, anche se non andrà come programma, e fino all’ultimo attentato al collaboratore Contorno, avvenuto a Formello, vicino Roma nell’aprile del 1994. Qualcuno ha chiamato quelle bombe, le “bombe del dialogo”.
Ma 31 anni fa, come oggi, la bomba che esplode è in via D’Amelio. Uccide Paolo Borsellino e gli agenti della scorta. Una bomba decisa dal Gotha di cosa nostra, tra cui Matteo Messina Denaro: uno dei mandanti. Mentre gli altri, i mandanti occulti, sono ignoti.