Non si ferma il dibattito sul kite surf nella riserva dello Stagnone a Marsala, proprio nei giorni del Kite Fest.
Il Coordinamento Italiano Tutela degli Ambienti Naturali dai Grandi Eventi (C.I.-T.A.N.G.E.) formato da decine di associazioni a scala nazionale e regionale interviene sul Marsala Kite Fest in corso a Marsala all'interno della Zona di Protezione Speciale comunitaria nonché Riserva naturale dello Stagnone evidenziando che, "al contrario di quanto pensano i profani, questa bella attività sportiva se svolta in aree importanti per l'avifauna può creare pesantissimi impatti ambientali".
Il coordinamento sottolinea che l'anno scorso l'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca dell'Ambiente), massimo organo dello Stato in materia di studi faunistici, ha rilasciato un parere circa questa attività all'interno dell'Area Marina Protetta del Cerrano in Abruzzo rimarcando l'esistenza di numerose pubblicazioni scientifiche che accertano in generale effetti negativi sulla fauna acquatica protetta.
Scrive l'ISPRA "Diversi studi hanno evidenziato infatti che il kite‐surfing è una delle attività ricreative umane che crea maggiore disturbo agli uccelli presenti in acqua e sulla costa presenti al momento del passaggio del kite‐surf, causando voli di fuga e abbandono dell’area (si veda la review di Krüger 2016). In diversi paesi è già riconosciuto il fatto che il disturbo dovuto alle attività legate alla realizzazione di questo sport (a partire dall’accesso alla spiaggia e lo spostamento lungo di essa con gli attrezzi necessari, all’armatura del kite che necessita di uno spazio almeno ampio quanto la lunghezza dei cavi, fino all’attesa dell’onda con l’aquilone già in aria), ha un effetto considerevole sugli uccelli nidificanti sulla spiaggia e sono state eseguite misure di divieto o pubblicazione di regole di condotta. "
Il coordinamento fa notare che "la presenza di decine se non centinaia di praticanti, infatti, ognuno dei quali con la propria vela disegna in velocità traiettorie su ettari ed ettari di superficie, determina un fortissimo disturbo provocando l'abbandono dei siti di riposo, alimentazione e riproduzione. Gli uccelli hanno la cosiddetta "distanza di fuga" che in ambienti aperti come una laguna è anche di centinaia di metri. Pertanto di fatto vaste aree destinate alla tutela di queste specie diventano inospitali sottraendo habitat a specie in forte declino a livello europeo".
Il Coordinamento chiede quindi di sapere se per l'evento è stata svolta l'obbligatoria la procedura di Valutazione di Incidenza Ambientale, di cui non vi è alcuna traccia sui siti web istituzionali e sugli albi pretori degli enti.
Infatti le associazioni richiamano le norme comunitarie, in particolare la Direttiva 43/92/CE "Habitat", e nazionali, come il D.P.R. 357/1997, che impongono la Valutazione di Incidenza Ambientale per tutte le attività che possono comportare impatti sui siti della Rete Natura2000 come lo Stagnone di Marsala che addirittura è sia Zona di Protezione Speciale che Zona Speciale di Conservazione a livello comunitario.
Fanno notare le associazioni ambientaliste che il recente D.M. 459/2022 sui criteri ambientali minimi degli eventi pubblici chiarisce espressamente "Per gli eventi e le manifestazioni previsti all’interno o in prossimità dei siti della rete Natura 2000: studio di incidenza".
"Ovviamente dovevano essere valutati sia gli impatti diretti come il disturbo sia quelli indiretti, provocati, ad esempio, dalla movida che si genera in occasione di queste manifestazioni" aggiunge il Coordinamento.
Inoltre "la Legge sulle aree protette 394/1991 vieta espressamente il disturbo della fauna selvatica. Quindi ben difficilmente una procedura di Valutazione di Incidenza potrebbe concludersi positivamente per eventi di questo genere tenuto anche conto dei divieti espliciti contenuti nel Regolamento della Riserva dello Stagnone".
In generale, ricordando che la maggior parte delle procedure di infrazione avviate dalla Commissione Europea nei confronti dell'Italia riguarda il settore ambientale, il Coordinamento ritiene quelle attività sportive che, seppur interessanti dal punto di vista agonistico, comportano impatti negativi debbano essere svolte al di fuori dei siti protetti, anche perché si tratta delle poche aree dove la fauna selvatica può sopravvivere.
"Tenendo conto della continua perdita di biodiversità, sempre più sotto stress a causa delle attività umane e dei cambiamenti climatici, almeno nelle aree protette lasciamoli vivere in pace!" concludono le associazioni ambientaliste.